Alessandro Torzulli
Alessandro Torzulli
Ultra-Suoni

Alessandro "Bee-Folk'Oh" Torzulli, la strada tra blues e folk

Dalle esperienze in giro per l'Europa sino ai progetti musicali a Barletta, il giovane artista si racconta

Dopo quasi due mesi di assenza, la rubrica "Ultra-Suoni" torna a far sentire la propria voce e lo fa con uno dei nomi più importanti a livello locale, grazie alla sua profonda conoscenza della musica. Tra il blues, il jazz ed il ragtime si muove Alessandro "Bee–Folk'Oh!" Torzulli, un artista a tutto tondo la cui esperienza si fonda sulle radici della musica nera e folk – come si deduce dal soprannome da lui scelto. Le parole forse nemmeno basterebbero a descrivere lo straripante amore per il suono di strada, quello che parte dal fondo dell'anima e che racconta la quotidianità attraverso storie e melodie accattivanti in cui la parola ha un ruolo fondamentale.

Quali artisti ti hanno "avvicinato" alla musica e spinto a scrivere tuoi pezzi originali?
«Sin dalla più tenera età, grazie a mio padre che era un patito dei Litfiba e degli Iron Maiden, ho sempre avuto un contatto diretto con la musica. Tra questi due gruppi storici si inserisce Luciano Ligabue, primo vero artista che, con i suoi racconti di vita quotidiana e della tradizione popolare in chiave folk blues, mi ha motivato a voler prendere carta e penna e scrivere a mia volta. Una canzone che già da ragazzino mi ha ispirato alla vita da artista è "Viva" dello stesso Ligabue. Chi invece ha alimentato la mia curiosità fino ad imbracciare io stesso uno strumento è stato Jon Lord dei Deep Purple con il suo organo, aggressivo e rock ma sempre con una vena blues che riusciva a scatenare in me molte emozioni. Sento di dover citare necessariamente la poesia, trovata nelle antologie scolastiche, di Giacomo Leopardi e Charles Baudelaire, due poeti importantissimi per la mia formazione artistica che hanno infuso i miei testi di quel pessimismo cosmico che si può ritrovare anche nei "Canti di Maldoror" del conte Isidore Ducasse. Tutti loro hanno condizionato il mio percorso, tra blues e voglia di mettere fuori i miei tumulti interiori».

Secondo te, nella musica conta di più la melodia o la parola?
«Per me la musica, in una produzione che mi coinvolga, deve dare l'impressione di una sinestesia ovvero le parole devono "vivere" in funzione della musica e viceversa affinché sia veicolato al meglio il messaggio. Le parole devono essere pregne di significato della storia che si vuole raccontare; la musica dev'essere per forza di cose collegata alle parole cosicché danzino insieme in una sinestesia di emozioni per l'ascoltatore».

Tra tutti i tuoi lavori, quale senti che ti rappresenti totalmente?
«Forse per opera del fato, mi sono imbattuto spesso in produzioni di altri artisti di cui ho suonato cover o tributi pur avendo nel cassetto alcuni lavori in fase di revisione. Tra di essi, c'è un pezzo legato ad una mia serie di testi autobiografici che mi prende particolarmente e che descrive appieno il mio viaggiare per il mondo ed il mio essere. Il titolo del brano, in stadio prototipale, dovrebbe essere "Mama, I'm all alone" in cui parlo in maniera introspettiva del mio vagare per le strade e regalare ai passanti un'emozione come fossero farfalle che spiccano il volo, raccontando loro del mio viaggio da musicista di strada e del distacco dalla mia mama che può essere tanto mia madre quanto un luogo a cui sto pensando. Liberando le parole sotto forma di farfalle, tento di uccidere la solitudine che mi accompagna ma che allo stesso tempo ho scelto come compagna di viaggio con tutti i suoi lati oscuri. E' una canzone duale perché sento il bisogno di liberare me stesso attraverso i versi ma allo stesso tempo voglio restare attaccato alle mie radici».

Autore ed artista completo, Alessandro Torzulli ha anche prodotto diverse cover – o citazioni, come ama definirle – di lavori attribuibili a Robert Johnson, Bob Dylan e Woody Guthrie. Di Johnson ha poi identificato "Hellhound on my trail" come pilastro del proprio percorso artistico in un processo continuo di evoluzione «distaccandosi da se stessi ma restando sempre se stessi», estraendo dal celebre testo una frase in particolare: «I got to keep movin'». «Questo refran continuo mi ha accompagnato durante il mio cammino di ricerca in giro per l'Europa» ha infine rivelato.

Molto legato al concetto di anarchia come libertà per i popoli – di cui Guthtrie si era fatto sano difensore con la sua musica – in nome della condivisione, scardinando alcune concezioni ormai radicate nella società quali il capitale. «A questo proposito c'è un brano di Woody Guthrie, intitolato "This land is your land" in cui si distrugge, utilizzando l'ironia, il concetto stesso di proprietà privata».

Quali esperienze ti hanno segnato maggiormente a livello artistico e personale?
«La prima esperienza da cantante in un gruppo rock mi ha segnato particolarmente, permettendomi di comprendere l'importanza, in alcuni contesti, del gioco di squadra dovendo mettere le proprie idee a disposizione di tutti gli altri componenti, lavorando per creare una melodia o una serie di melodie in modo da imbastire un discorso con la musica. Altro evento che mi ha aiutato dal punto di vista tecnico, è stato il mio ingresso in una band in cui ho spinto al limite le mie doti canore ricorrendo spesso ad artifici vocali come gli scream. Infine ho conosciuto un musicista di strada, mio carissimo amico che ha risvegliato quel mondo in me sopito della musica di strada, iniziandomi alle tecniche vocali e strumentali del caso. Questa esperienza sul campo, in cui si suona per guadagnarsi da vivere, è di certo un ulteriore passo in avanti nel mio percorso di ricerca musicale che mi ha spinto a sperimentare continuamente anche e soprattutto dinanzi al pubblico, così da migliorarmi di volta in volta».

A che livello credi sia attualmente la scena musicale barlettana odierna?
«Barletta è molto fornita di artisti che siano musicisti o poeti o scrittori, al di là del poco interesse a volte mostrato dalle istituzioni. La vena creativa qui non manca e persino nelle città limitrofe la nostra città è riconosciuta come un ottimo centro di aggregazione artistica e filantropica, nonostante si debba sempre lottare per spingere la cultura oltre gli argini istituzionali. Il concetto di arte, da noi, è spesso frainteso poiché gli utenti pensano all'esibizione a cui stanno per assistere come semplice svago più che come momento di arricchimento culturale ed intrattenimento. Bisogna lasciarsi incuriosire dall'arte, così da cogliere l'essenza del messaggio veicolato dall'artista. Si deve pensare al prodotto artistico come volontà di creare un confronto fra artista e spettatore. Nella nostra città c'è poi bisogno di creare molteplici situazioni di intrattenimento culturale».

A tal proposito, l'artista barlettano ha parlato di un'iniziativa di cui egli è ideatore, promotore e presentatore: l'"Open Mic", una serie di serate in cui protagonisti sono tutti coloro i quali abbiano pezzi inediti da presentare al pubblico. «Metto a disposizione una strumentazione di base per chiunque voglia farsi conoscere dal pubblico, sfruttando la musica come collante e mezzo attraverso cui creare legami. In questo senso posso definirmi un artista dell'aggregazione musicale. Anche in questo sento che il mio cammino di crescita trovi un riscontro decisivo». Differentemente dalle "Jam Session", gli "Open Mic" sono fatti apposta per presentare degli autori che in un piccolo lasso di tempo hanno la possibilità di esprimersi davanti ad un pubblico. Purtroppo però in Italia sembrerebbero ancora troppo poco diffusi, pur essendo un'ottima occasione per i più timidi di far sentire la propria voce. «Credo fortemente nel creare una rete tra artisti così da giungere ad un filo conduttore comune, costruendo un dialogo con e per la musica».

Quali progetti hai in cantiere per l'immediato futuro?
«Sicuramente il "Folk Blues Storyteller" in cui, accompagnato a volte da altri artisti, canto storie con libere interpretazioni di pezzi di autori più o meno famosi folk e blues. Altro progetto al quale sono molto legato, è una performance beat – un poeta declama i propri versi ed il musicista lo segue suonando musica improvvisata, in base al clima creato dal testo - in collaborazione con Maria Filograsso, intitolata "Verso scordato" e prevista per il 25 maggio presso il "Km Sclero". Ho già pronto un contest musicale con annesso regolamento ma in attesa di approvazione ed infine farò parte della giuria di un altro contest a livello nazionale che si terrà a Barletta».

Racchiudere in una piccola intervista la visione del mondo e della musica di Alessandro Torzulli parrebbe, anche a lavoro terminato, troppo riduttivo dato il gigantesco bagaglio di esperienze da lui vissute a poco meno di trent'anni, eppure è una storia che deve essere raccontata perché il contrario sarebbe ingiusto. Dialogando con l'uomo se ne coglie sempre la vena artistica, mai sopita ma sempre in movimento, parafrasando il verso di Robert Johnson.

Chiunque volesse sostenere Alessandro o essere semplicemente aggiornato sugli eventi a lui connessi, gestisce una pagina Facebook ed un profilo Instagram. Per i più curiosi, possiede anche due canali sulla piattaforma SoundCloud in cui ha pubblicato qualche suo lavoro e rintracciabili ai seguenti link: "I Villanelli" e "Alex Bee-Folk'Oh".

Stay tuned!
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