Ready Player One
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"Ready Player One", giocare è una cosa seria

L'immenso omaggio di Steven Spielberg alla cultura pop

Quando il retrogame e la realtà virtuale si incontrano, nasce un'esperienza immersiva che comunica una grande lezione: il gioco è una cosa seria. Grazie alla Warner Bros. ieri tantissime sale in Italia hanno ospitato l'anteprima esclusiva di "Ready Player One", l'ultima chicca del maestro Steven Spielberg: il film arriverà in sala il prossimo 28 marzo, ma nel frattempo abbiamo approfittato di questo evento per guardare in anteprima la pellicola e raccontarvi le emozioni in sala.

Tratto dal romanzo Player One, prima opera dello sceneggiatore e scrittore statunitense Ernest Cline, il titolo originale - diventato anche il titolo del film, appunto "Ready Player One" - richiama la classica schermata dei punteggi dei vecchi videogiochi. Già dal titolo comprendiamo cosa vuole essere questo film: una vera e propria lettera d'amore ai videogiochi anni '80 e alla cultura pop di quegli anni.

La trama è semplice, anche troppo: in un futuro non troppo lontano l'unico metodo per evadere da un mondo sovrappopolato, inquinato, socialmente devastato, è indossare un visore e immergersi nella realtà virtuale di Oasis, una second life intrisa di citazioni in cui ciascuno può diventare ciò che vuole. Obiettivo? Giocare per conquistare monete (da poter spendere nella vita vera) ma soprattutto vincere le complicatissime sfide del creatore di Oasis, James Halliday, una sorta di Steve Jobs irrimediabilmente nerd, geniale e sociopatico, per conquistare la sua eredità e diventare i futuri proprietari del suo mondo virtuale. Il giovane protagonista Wade è nella vita reale il prototipo del bravo ragazzo, orfano, povero, dal grande talento, e in Oasis diventa l'eroe che, seguendo gli indizi disseminati da Halliday, cercherà di vincere il gioco e sconfiggere la multinazionale IOI e il suo esercito di giocatori, interessati ad impadronirsi di Oasis con l'obiettivo di sfruttarla con fini pubblicitari.

Una spruzzata di Tron mescolata con un senso dell'avventura adolescenziale stile Goonies, una colorata e più ingenua rilettura di Matrix intrisa di citazionismo pop che farà innamorare tutti gli appassionati. Laddove non era arrivato Pixel, il mal riuscito film del 2015 di Chris Columbus in cui i vecchi videogiochi diventavano realtà, e andando ben oltre il clima vintage di Stranger Things, "Ready Player One" è un'immersione emozionale totale senza alte pretese narrative: la qualità visiva pensata per una visione in 3D avvolge lo spettatore più accanito, facendo risultare il film assolutamente inadatto per chi non ha vissuto l'infanzia con un controller in mano. Se non puoi cogliere la citazione nascosta in ogni singola scena, questo film non è per te. La visione del film diventa infatti essa stessa un gioco, una sfida a riconoscere tutti gli easter egg e i riferimenti alla cultura pop dagli anni '80 ad oggi: si sprecano i riferimenti al mondo dei videogiochi, antichi e moderni (Street Fighter, Overwatch, Super Mario) e soprattutto al cinema (Ritorno al futuro, Il gigante di ferro, Star Wars, Star Trek) senza trascurare Gundam e una scena indimenticabile ambientata nell'Overlook Hotel di Shining. Roba insomma da cinefili, otaku e gamer di ogni età.

Operazione vintage e al contempo visione futuribile dell'orizzonte verso cui le tecnologie di virtual reality potrebbero condurci, con una morale molto didascalica ma sempre vincente: non dimenticare mai la realtà. "Ready Player One" è un omaggio genuino e innamorato verso il gioco come esperienza collettiva, e non ci sono dubbi che per gli appassionati questo film diventerà un vero e proprio manifesto della cultura pop.
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