Ogni cosa è illuminata
Gli scacchi, il destino, la felicità: Flavia Piccinni si racconta
Intervista alla giovane scrittrice pugliese del romanzo "Lo Sbaglio"
sabato 21 gennaio 2012
«E' più facile affidarsi alle mosse degli altri che scommettere sulle proprie».
E' difficile dare una definizione univoca al secondo romanzo della scrittrice pugliese Flavia Piccinni, "Lo sbaglio" edito da Rizzoli. Difficile, perché liquidarlo come sentimentale sarebbe impreciso, etichettarlo come storia familiare inesatto. Non è neppure un vero e proprio romanzo di formazione. Vi è tanta di quell'eleganza, di quel femminile candore, di quella temeraria semplicità da farne una favola introspettiva tanto precisa quanto quietamente emozionale, lieve ma sostenuta come il tempo che scorre in una partita a scacchi. E proprio negli scacchi Caterina, la protagonista di questa storia, pondera e riverbera ogni decisione della sua vita, sempre sospesa fra timidezza e riverenza, fra controllo e sensibilità. Non a caso il romanzo è già un successo che sta donando alla sua giovane autrice, classe 1986, tanti consensi a livello nazionale.
Tarantina di nascita, lucchese di adozione, attualmente residente a Roma, Flavia Piccinni si è fatta scoprire già nel 2005 come precocissimo talento con il Premio Campiello Giovani. Una lunga pausa dopo il suo romanzo di esordio scritto nel 2007 dal titolo "Adesso tienimi", l'ha ora condotta al suo nuovo lavoro letterario, in cui incastra sapientemente lo stile fluente della sua penna con l'agilità di una storia sospesa tra la vita reale e il mondo degli scacchi, dove ogni incontro può divenire la mossa vincente o lo scacco che preannuncia la disfatta, insegnando una dura ma vera lezione: l'impossibilità di controllare tutto, anche quando crediamo di poterlo fare.
Nell'attesa della presentazione del libro a Bari, che si svolgerà lunedì alle ore 18:00 presso il foyer del Teatro Petruzzelli, abbiamo intervistato l'autrice.
Caterina, protagonista del tuo romanzo, vive a Lucca, studia Farmacia e gioca a scacchi. Quanto c'è di autobiografico e non quanto non lo è in questo tuo secondo romanzo?
«In realtà di realmente autobiografico c'è molto poco. Ho raccontato una città, una facoltà e uno sport che conosco molto bene, è vero, ma le mie emozioni, i miei drammi, le mie ambizioni erano e sono molto diverse da quelle di Caterina. Il nostro modo di reagire alla vita, ai suoi problemi e alle sue occasioni, in alcuni momenti è addirittura del tutto opposto. A volte, mi piace pensare che Caterina potrebbe essere una me in potenza, se solo avessi fatto delle scelte diverse. Se solo, forse, fossi stata meno coraggiosa».
Nel romanzo, Caterina è impegnata in una metaforica partita a scacchi con le persone della sua vita, in cui lei sembra essere solo una pedina che vive per soddisfare le aspettative su di lei, e perciò su ogni mossa è richiesto il massimo controllo. Secondo te – nella vita come negli scacchi - conta di più l'istintività o la strategia?
«Mi piacerebbe che nella vita, proprio come negli scacchi, contasse di più la strategia. Ma nel mio caso, e francamente non so dirti se questo è un bene o un male, ha sempre contato di più l'istinto. Forse è per questo che sono sempre stata una giocatrice di scacchi anomala».
Tempo fa dicesti: «La città ha sempre fatto parte di me. E' mia come le lentiggini che ho sul naso. E' sofferenza come la cicatrice che ho sulla mano». Ovviamente parlavi di Taranto, la tua città natale, in cui è ambientato il tuo romanzo di esordio "Adesso tienimi", una storia d'amore all'ombra dell'Ilva. Oggi vivi a Roma, ma cosa porti con te di Taranto e della Puglia in generale? Che rapporto ti lega alla tua terra?
«Taranto è la città dove sono nata e cresciuta, è la città dei miei nonni e dei miei bisnonni, di tutta la mia famiglia. Da sempre. Mi sento tarantina e pugliese prima di tutto, e sopra ogni cosa. Dentro di me porto le abitudini, le usanze, la lingua, i colori e un amore sconfinato nei confronti di quella che considero la mia terra».
Nel più ampio quadro cultura, pensi che la Puglia sia "un paese per vecchi"? Nella nostra regione quanto spazio hanno i giovani scrittori o i ragazzi che vorrebbero fare della loro creatività il proprio lavoro?
«Non penso che la Puglia sia un paese per vecchi, ma l'Italia intera. E poi, a dirti la verità, credo che la nostra regione rispetto al resto del Meridione, e più in generale del Paese, offra molto di più ai giovani. Soprattutto ai giovani che vogliono lavorare in campi creativi. Non è un caso che il cinema, la narrativa ma anche la fotografia pugliese abbiano conquistato un ruolo di primo piano sul palcoscenico nazionale e internazionale».
Stai già pensando al prossimo romanzo?
«Tra il mio primo romanzo e "Lo Sbaglio" sono passati quattro anni. Spero che questa volta ne trascorreranno meno. Ho trovato o, meglio, sono stata travolta da una storia. E le parole per raccontarla riempiono adesso le mie giornate».
Concluderei chiedendoti qual è la citazione del tuo libro che preferisci. Ci spiegheresti anche perché l'hai scelta?
«Non ci sono citazioni, ma momenti. È il momento che più amo è il confronto fra Caterina, la protagonista del libro, e sua nonna. Per la prima volta dopo anni, le due si parlano, e la nonna ha il coraggio di confessare la sua verità sul passato, sull'amore, sulla vita».
E' difficile dare una definizione univoca al secondo romanzo della scrittrice pugliese Flavia Piccinni, "Lo sbaglio" edito da Rizzoli. Difficile, perché liquidarlo come sentimentale sarebbe impreciso, etichettarlo come storia familiare inesatto. Non è neppure un vero e proprio romanzo di formazione. Vi è tanta di quell'eleganza, di quel femminile candore, di quella temeraria semplicità da farne una favola introspettiva tanto precisa quanto quietamente emozionale, lieve ma sostenuta come il tempo che scorre in una partita a scacchi. E proprio negli scacchi Caterina, la protagonista di questa storia, pondera e riverbera ogni decisione della sua vita, sempre sospesa fra timidezza e riverenza, fra controllo e sensibilità. Non a caso il romanzo è già un successo che sta donando alla sua giovane autrice, classe 1986, tanti consensi a livello nazionale.
Tarantina di nascita, lucchese di adozione, attualmente residente a Roma, Flavia Piccinni si è fatta scoprire già nel 2005 come precocissimo talento con il Premio Campiello Giovani. Una lunga pausa dopo il suo romanzo di esordio scritto nel 2007 dal titolo "Adesso tienimi", l'ha ora condotta al suo nuovo lavoro letterario, in cui incastra sapientemente lo stile fluente della sua penna con l'agilità di una storia sospesa tra la vita reale e il mondo degli scacchi, dove ogni incontro può divenire la mossa vincente o lo scacco che preannuncia la disfatta, insegnando una dura ma vera lezione: l'impossibilità di controllare tutto, anche quando crediamo di poterlo fare.
Nell'attesa della presentazione del libro a Bari, che si svolgerà lunedì alle ore 18:00 presso il foyer del Teatro Petruzzelli, abbiamo intervistato l'autrice.
Caterina, protagonista del tuo romanzo, vive a Lucca, studia Farmacia e gioca a scacchi. Quanto c'è di autobiografico e non quanto non lo è in questo tuo secondo romanzo?
«In realtà di realmente autobiografico c'è molto poco. Ho raccontato una città, una facoltà e uno sport che conosco molto bene, è vero, ma le mie emozioni, i miei drammi, le mie ambizioni erano e sono molto diverse da quelle di Caterina. Il nostro modo di reagire alla vita, ai suoi problemi e alle sue occasioni, in alcuni momenti è addirittura del tutto opposto. A volte, mi piace pensare che Caterina potrebbe essere una me in potenza, se solo avessi fatto delle scelte diverse. Se solo, forse, fossi stata meno coraggiosa».
Nel romanzo, Caterina è impegnata in una metaforica partita a scacchi con le persone della sua vita, in cui lei sembra essere solo una pedina che vive per soddisfare le aspettative su di lei, e perciò su ogni mossa è richiesto il massimo controllo. Secondo te – nella vita come negli scacchi - conta di più l'istintività o la strategia?
«Mi piacerebbe che nella vita, proprio come negli scacchi, contasse di più la strategia. Ma nel mio caso, e francamente non so dirti se questo è un bene o un male, ha sempre contato di più l'istinto. Forse è per questo che sono sempre stata una giocatrice di scacchi anomala».
Tempo fa dicesti: «La città ha sempre fatto parte di me. E' mia come le lentiggini che ho sul naso. E' sofferenza come la cicatrice che ho sulla mano». Ovviamente parlavi di Taranto, la tua città natale, in cui è ambientato il tuo romanzo di esordio "Adesso tienimi", una storia d'amore all'ombra dell'Ilva. Oggi vivi a Roma, ma cosa porti con te di Taranto e della Puglia in generale? Che rapporto ti lega alla tua terra?
«Taranto è la città dove sono nata e cresciuta, è la città dei miei nonni e dei miei bisnonni, di tutta la mia famiglia. Da sempre. Mi sento tarantina e pugliese prima di tutto, e sopra ogni cosa. Dentro di me porto le abitudini, le usanze, la lingua, i colori e un amore sconfinato nei confronti di quella che considero la mia terra».
Nel più ampio quadro cultura, pensi che la Puglia sia "un paese per vecchi"? Nella nostra regione quanto spazio hanno i giovani scrittori o i ragazzi che vorrebbero fare della loro creatività il proprio lavoro?
«Non penso che la Puglia sia un paese per vecchi, ma l'Italia intera. E poi, a dirti la verità, credo che la nostra regione rispetto al resto del Meridione, e più in generale del Paese, offra molto di più ai giovani. Soprattutto ai giovani che vogliono lavorare in campi creativi. Non è un caso che il cinema, la narrativa ma anche la fotografia pugliese abbiano conquistato un ruolo di primo piano sul palcoscenico nazionale e internazionale».
Stai già pensando al prossimo romanzo?
«Tra il mio primo romanzo e "Lo Sbaglio" sono passati quattro anni. Spero che questa volta ne trascorreranno meno. Ho trovato o, meglio, sono stata travolta da una storia. E le parole per raccontarla riempiono adesso le mie giornate».
Concluderei chiedendoti qual è la citazione del tuo libro che preferisci. Ci spiegheresti anche perché l'hai scelta?
«Non ci sono citazioni, ma momenti. È il momento che più amo è il confronto fra Caterina, la protagonista del libro, e sua nonna. Per la prima volta dopo anni, le due si parlano, e la nonna ha il coraggio di confessare la sua verità sul passato, sull'amore, sulla vita».