Il mistico anarchico: Cafiero e la metafisica della rivoluzione
A cura di Matteo Losapio
L'ideale che ha guidato Cafiero è stato quello dell'anarchia. Tuttavia, quando si parla di anarchia o del pensiero anarchico fra Ottocento e Novecento, non si parla di un pensiero sistematico né di un blocco di idee e di dottrine politiche. Infatti, la galassia anarchica è formata da differenti correnti e da differenti tendenze riunite, per sommi capi, sotto l'idea dell'anti-autoritarismo nelle sue forme principali: Dio, Stato, Famiglia. In altre parole, il pensiero o, meglio, i pensieri anarchici, nella diversità delle loro proposte che vanno dall'anarco-individualismo di Stirner all'anarco-comunismo di Bakunin, propendono per l'abbattimento di ogni forma di potere imposto dall'esterno, che questo sia un potere religioso, statale o morale.
Se volessimo collocare Cafiero nella galassia del pensiero anarchico, certamente lo inquadreremmo all'interno della corrente anarco-comunista. Prima amico di Marx ed Engels, poi al fianco del rivoluzionario russo Michail Bakunin e compagno del giovane Errico Malatesta, Carlo Cafiero ha segnato il pensiero anarchico, soprattutto con la sua opera di propaganda e di divulgazione politica. Anzi, potremmo affermare che Cafiero non solo ha segnato il pensiero anarchico ma ne è stato, in qualche modo, segnato a sua volta. Infatti, dopo gli anni del Seminario a Molfetta, eccolo a Londra, poi in Svizzera, poi a Berlino, poi in Italia, impegnato nella lotta, nella discussione, nel dibattito politico, fino a rimetterci la salute fisica e psichica. Nato a Barletta nel 1846, morirà nel manicomio di Nocera Superiore nel 1892, a soli quarantasei anni. Di lui ci rimangono i suoi scritti, in particolare Il Compendio del Capitale, scritto durante gli anni di prigionia a Napoli, dopo aver partecipato alla celebre "Banda del Matese". Il cardine intorno a cui ruota il pensiero e la vita di Cafiero è la rivoluzione. Tuttavia, non si tratta semplicemente di una rivoluzione sociale e politica, ma di un vero e proprio paradigma metafisico, fondante tutta la realtà. Nelle conclusioni del suo Compendio scrive:
Ma la rivoluzione invocata dai lavoratori non è la rivoluzione di pretesto, non è il mezzo pratico di un momento per raggiungere un dato scopo. Anche la borghesia, come tanti altri, invocò un giorno la rivoluzione; ma solamente per soppiantare la nobiltà, e sostituire al sistema feudale del servaggio quello più raffinato e crudele del salariato. E questo lo chiamò progresso e civiltà! Tutti i giorni assistiamo infatti al ridicolo spettacolo di borghesi, che vanno balbettando la parola rivoluzione, al solo scopo di poter salire sull'albero della cuccagna, e agguantare il potere. La rivoluzione dei lavoratori è la rivoluzione per la rivoluzione. La parola Rivoluzione, presa nel suo più largo e vero senso, significa giro, trasformazione, cambiamento. Come tale la rivoluzione è l'anima di tutta la materia infinita. Infatti, tutto si trasforma in natura, ma niente si crea e niente si distrugge, come la chimica ci dimostra. La materia, rimanendo sempre la stessa quantità, può cambiare di forma in modo infinito. Quando la materia perde la sua antica forma e ne acquista una nuova, essa fa un passaggio dall'antica vita, nella quale muore, alla nuova vita, nella quale nasce.[1]
Il paradigma metafisico della rivoluzione, dunque, secondo Cafiero, è la stessa dispiega zone ontologica della realtà. In quanto essere, la realtà è rivoluzione, in quanto continuo cambiamento, continua trasformazione, continua emancipazione. In questo possiamo intravedere le due anime di Cafiero che si intrecciano: quella dell'anarchico e quella del mistico. Due anime della sua stessa storia, quella degli anni del Seminario e quella degli anni dell'Internazionale, che finiranno per collidere nella sua testa, fino a portarlo alla follia. Tuttavia, se il senso della realtà è la rivoluzione, se la realtà stessa è rivoluzione, allora ecco che Cafiero impiega tutto se stesso per la divulgazione del pensiero anarchico, antiautoritario e rivoluzionario.
Ed è qui che ritroviamo la sua indole filosofica, nella divulgazione di un pensiero e nella sua ermeneutica. Infatti, se leggiamo con attenzione il Compendio, possiamo notare come esso non sia la ripetizione o la sintesi del Capitale di Marx, quanto una ermeneutica del suo pensiero in un'ottica che è quella dell'antiautoritarismo. E tutta l'opera, la vita e il pensiero di Cafiero riflettono quest'ottica di divulgazione della rivoluzione, contribuendo anche con diversi articoli e discorsi in tutta Europa. Questa è l'opera filosofica di Cafiero di divulgazione di una metafisica rivoluzionaria, fra la mistica della realtà e l'impegno sociale e politico. Una filosofia fatta di luci e ombre, di abissi e di quotidianità, di tantissime perdite e pochissime vittorie. Una filosofia che continua ad affascinare perché è rivoluzione per la rivoluzione.