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Cara Barletta ti scrivo

«La libertà di manifestazione del pensiero»

Una lettera a firma dell'avvocato Vincenzo Mennea

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Per informazione si intende qualsiasi dato rappresentativo della realtà che viene conservato da un soggetto oppure comunicato da un soggetto ad un altro. Il termine informazione è quell'attività di comunicazione al pubblico svolte da taluni mezzi, quali la stampa, la radio e la televisione. La libertà di manifestazione del pensiero è tra tutte le libertà civili, sicuramente la più importante ed espressiva perché interessa da un lato, la vita spirituale dell'uomo e il patrimonio, le idee di cui egli è portatore, dall'altro la sua partecipazione alla vita e al progresso del paese. Ogni regime, democratico che favorisca la realizzazione dell'individuo come singolo e come membro della collettività politica organizzata, si caratterizza perché prima ancora delle altre libertà civili, consente ai cittadini di farsi delle convinzioni e di esprimere il proprio pensiero in tutti i campi.

La garanzia della libertà di pensiero e della sua manifestazione costituisce una condizione imprescindibile per la stessa sopravvivenza di un regime democratico perché essa assicura la formazione di un convincimento personale (da parte di ciascun cittadino) e di un'opinione pubblica criticamente fondata che costituiscono la base ideologica di ogni regime democratico. Per l'ordinamento costituzionale italiano il diritto di manifestare il proprio pensiero è sancito per tutti dall'articolo 21 della costituzione e consiste nella facoltà riconosciuta al singolo di manifestare il proprio pensiero in modo pubblico e di farne propaganda con qualsiasi mezzo. La costituzione garantisce la libertà di pensiero intesa sia come libertà di pensare e di avere idee personali senza poter essere discriminato in base ad esse, sia nel suo aspetto strumentale o dinamico, come libertà di manifestare il proprio pensiero in qualsiasi luogo adatto a divulgare le proprie idee. Il costituente ha inteso assicurare ad ogni individuo la giuridica possibilità di avere opinioni personali e di manifestarle, ma senza offendere. Così come è illusorio pensare a una democrazia fondata sull'opinione pubblica, potrebbe valere in linea generale, ma potrebbe essere illusoria e acritica sul piano della realtà sociale. Bisognerebbe chiedersi quali siano i tipi o il tipo di opinione pubblica che l'ordinamento giuridico consente, di formare. La conoscenza che ognuno ha della realtà sociale, politica, economica, sarebbe molto scarsa, così come la raccolta di dati sociali, di formazione, di conoscenza, è il più delle volte, frammentaria, occasionale e incompleta. Sicché non può dirsi che il comportamento dei vari soggetti dell'ordinamento, m anche di qualche giornalista (poco serio), sia il risultato di una obiettiva documentazione e non piuttosto frutto della propaganda, giudizi, immaginazione distorta, forse dovuta a fattori giuridici, sociologici, che limitano l'accesso ai fatti che ognuno vuole conoscere, a volte può dipendere anche da una limitazione mentale, (ma su questo punto c'è poco da fare).

Per quanto riguarda il contenuto della manifestazione del pensiero è innegabile che la garanzia costituzionale riguardi e si applica a qualunque tipo di messaggio s'intenda diffondere: il contenuto del messaggio non autorizza alcuna discriminazione di trattamento salvo, naturalmente, che la manifestazione del pensiero contenga un incitamento a commettere reati. E' altrettanto vero che alcuni giornali (ma così non deve essere), sono al servizio di qualche personaggio importante, o di qualche potere forte, che ha la priorità su altri, come è vero che lo stesso o gli stessi, si possono permettere di manifestare delle proprie opinioni anche offensive e quindi contrarie al rispetto dell'onorabilità dell'altrui persona, queste persone trovano spazio ogni giorno su qualche giornale, mentre altri per vedere pubblicato un proprio articolo (se lo pubblicano), devono attendere dei mesi. Continuando, questi soggetti, con la complicità di alcuni giornalisti professionisti o avventurieri o giornalisti a tempo perso, si permettono di offendere l'altrui onorabilità quando tale situazione dovrebbe trovare degli sbarramenti da parte dello stesso giornale che pubblica tale articolo. Chi controlla questi soggetti? Oggi posso dire quasi nessuno.

Purtroppo tale comportamento non si individua in una società civile e democratica come la nostra. Un breve riferimento alla problematica dell'informazione e della diffusione dei dati personali, ovverosia di quelle informazioni concernenti aspetti riservati delle persone. Il conflitto è determinato dalla circostanza che la crescente rilevanza economica delle informazioni e quelle sulle persone sono, da sempre, fra le più preziose, spinge gli operatori ad appropriarsene e a sfruttarle, non sappiamo fino a quando. Chi controlla? Nessuno.

Di qui la rivendicazione del soggetto cui il dato si riferisce, di esserne l'unico titolare. Attenzione all'attivita' di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati personali. La risposta dovrebbe essere quella di limitare l'attività di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati personali quando questi riguardino sfere intime della persona (tipici sono ormai le opinioni politiche e religiose, le origini razziali, i costumi sessuali, i dati sulla salute). L'articolo 21 della Costituzione è la libertà di manifestare, di esprimersi, è' una libertà che la costituzione garantisce, è una libertà di tutti noi cittadini senza nessuna discriminazione.

Noi tutti non possiamo vivere senza essere informati, (seriamente) infatti, se noi fossimo privi di qualsiasi informazione saremmo al servizio (inconsapevole) di chi ci dà la notizia e ci orienta, ne discende che non possiamo vedere in televisione sempre le stesse persone, che non hanno nulla da fare, se non quella di manipolare l'informazione.

Altro problema importante è la quantità enorme delle informazioni; veniamo invasi da enormi masse d'informazioni con una pubblicità che crea molta confusione, ancor più grave è se l'informazione non corrisponde al vero, e racconta fatti non veritieri, ma falsi. Naturalmente la manifestazione del pensiero, il cui esercizio può frequentemente collidere con le norme penali poste a tutela dei beni che riguardano l'onore della persona e la riservatezza uno dei casi più frequenti e più discussi e costituito dal c.d. diritto di cronaca che può essere di natura politica e giudiziaria ecc. Però trattandosi di un diritto garantito, se il suo esercizio non dovesse integrare gli estremi di un reato, il più frequente è quello di diffamazione, il soggetto non sarà punibile purché non abbia abusato di tale diritto. Bisogna tener conto dei beni della dignità umana e dell'onore che sono a loro volta costituzionalmente garantiti e che pertanto, non può aprioristicamente prevalente ritenersi sulla dignità umana e dell'onore, come ritengo inaccettabile che dei parlamentari in virtù della loro immunità (impunità ) possano dire quello che vogliono. Non rientra nell'ambito della liceità la diffusione di notizie che riguardano fatti afferenti alla vita privata degli individui, a meno che non si tratti di personaggi pubblici, cioè di soggetti già noti al pubblico.

L'informazione deve essere espressa sul piano della forma, rispettando il c.d. limite della continenza, e deve essere obiettiva, completa e non frammentaria, cioè deve fornire al pubblico tutti gli elementi affinché ognuno possa formarsi correttamente un'opinione sul fatto, e non deve essere indirizzato verso valutazioni precostituite imposte. Un modo corretto per rispettare la liceità dell'informazione, e questo riguarda il cronista o chi dà la notizia, è quello di distinguere e di separare la notizia vera e propria dal c.d. commento, ovvero dalle considerazioni che se ne possono trarre, solo cosi si può rendere chiaro un fatto storicamente accertato. Pertanto il diritto di critica o l'opinione che il giornalista vuole esprimere, o dissensi o consensi deve avere un limite, il diritto di cronaca è diverso dal diritto di critica. Si deve ritenere che il requisito della verità non può assolutamente essere riferito ai giudizi e alle opinioni, ma bensì al fatto base- reale- vale a dire alla notizia vera.

Poi vi è il diritto di critica, l'espressione di un giudizio che deve essere separato dalla notizia, essa si concretizza nell'espressione di un giudizio, di un'opinione che non può pretendersi obiettiva, veritiera in quanto fondata sull'interpretazione soggettiva di fatti e comportamenti di chi dà la notizia, pertanto sussiste l'obbligo del giornalista o di chi scrive, di esercitare la propria critica su fatti veri, fondamentali, corrispondenti al vero, e non fatti diretti a colpire la persona, per fare notizia ma che non ha nessun pubblico interesse, cioè criticare la figura morale del soggetto in questione. Tutto questo non interessa e non deve interessare chi riceve la notizia, in quanto non corrisponde al vero, ma è frutto di un'aggressione della sfera morale altrui, penalmente protetta.

Continuando nel discorso l'enorme crescita della stampa, del messaggio radiotelevisivo ed altre forme d'informazione hanno oggi una notevole forza d'informazione ma anche di persuasione e di coinvolgimento anche del soggetto individuale. Ecco perché bisogna avere un certo controllo sulla diffusione della stessa al fine di preservare il valore fondamentale dell'articolo 21 e il valore del pluralismo dell'informazione, cosa che com'è stato già detto, alcuni poteri hanno il controllo sulla stessa. (ma noi abbiamo il garante della privacy).

In sostanza la maggior parte delle reti televisive (non tutte) la maggior parte dei giornali (non tutti) è concentrata nelle mani di pochi soggetti potenti, questo ci deve far pensare….. perché ne discende che l'informazione così com'è strutturata va a collidere con la stessa libertà e lo stesso pluralismo. Quindi viene meno una corretta informazione aperta al dibattito tra varie correnti ideali della politica e della cultura. A nulla serve dire che i padroni dei giornali sono i cittadini - lettori, questa è pura retorica, sono parole vuote prive di senso. Bisogna secondo chi scrive rispettare e veramente mettere in atto l'articolo 21 della Costituzione solo così si possono rispettare i diritti dell'uomo come quello di cui stiamo parlando. Certamente la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure, ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione e questo diritto comprende la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee senza che vi possa esserci nessuna interferenza di pubbliche autorità, nel contempo è altrettanto strano leggere su alcuni giornali ogni giorno articoli scritti da un solo soggetto. In questo caso dovrebbe subentrare la deontologia professionale del giornalista (non subordinato), che dovrebbe rispettare nel momento in cui si accinge a pubblicare la notizia il requisito della forma della continenza, e sia inoltre obiettiva completa e non frammentaria, idonea a fornire al pubblico (se riesce a capire) tutti gli elementi affinché ciascuno possa formarsi correttamente un'opinione sul fatto descritto, e non essere invece indirizzato verso delle valutazioni precostituite imposte dal modo e dalla forma stessa in cui l'informazione è fornita.

Allo stato attuale l'orientamento consolidato è nel senso di considerare che i fatti narrati rivestono per l'opinione pubblica, secondo il principio della pertinenza; - la correttezza dell'esposizione dei fatti in modo che siano evitate aggressioni all'altrui reputazione, secondo il principio della continenza; - la corrispondenza tra i fatti accaduti e quelli narrati, secondo il principio della verità. La verità della notizia costituisce il limite logico essenziale del diritto di cronaca, essa viene considerata una condizione essenziale per la corretta formazione dell'opinione pubblica.

Per quanto riguarda i reati d'opinione di cui abbiamo fatto cenno vi possiamo elencare i reati di vilipendio, che consiste nella manifestazione di un pensiero critico nei confronti delle istituzioni in termini apertamente offensivi e denigratori, non c'è dubbio che nella maggior parte dei casi tali fatti non possono più ritenersi penalmente perseguibili poiché in un ordinamento democratico non è lecito che si limiti il diritto di libera manifestazione del pensiero per tutelare, ad esempio il prestigio o il decoro di un uomo di governo. Il prestigio come il coraggio, diceva Don Abbondio nessuno può darselo se non ce l'ha, ma per la stessa ragione non lo si può togliere a chi realmente lo possiede e cioè lo dovrebbero possedere la maggior parte degli uomini. Adesso per finire un piccolo accenno al reato di diffamazione. L'art. 595 del C.P. dispone che chiunque comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino ad €. 1032. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a 2 anni, ovvero della multa fino ad €. 2065. Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da 6 mesi a 3 anni o della multa non inferiore ad €. 516.

L'interesse tutelato è la reputazione, intesa come corollario dell'onore e come senso di dignità e di rispetto che una persona suscita all'interno della società, vale a dire quale opinione e valutazione dei consociati rispetto alla personalità morale e sociale di un individuo, in contrapposizione all'onore in senso soggettivo, tutelato dal delitto di ingiuria, (abrogato) definito come il sentimento che ciascuno ha della propria dignità morale. L'elemento materiale: i presupposti della condotta sono costituiti dalla comunicazione di un'espressione offensiva dell'altrui reputazione, dall'assenza dell'offeso, che giustificherebbe l'aggravato trattamento sanzionatorio stante l'impossibilità per lui di difendersi, dalla presenza di più persone. Quanto alla natura dell'offesa, essa può consistere tanto in un comportamento direttamente lesivo dell'onorabilità, quanto in espressioni o atti che possono essere oggettivamente non lesivi della reputazione, ma che lo diventano per le forme adottate. Possono acquisire rilievo diffamatorio anche offese indirette vedi ad es. quanto alla diffamazione posta in essere con fotomontaggio, integra il reato la pubblicazione di immagini indecorose di una persona, carpite contro la sua volontà, e accompagnata da pesanti apprezzamenti sulle sue qualità personali. Sarebbe ipotizzabile anche una responsabilità per omissione cioè quando l'autore della comunicazione, non riferisca un elemento fondamentale della notizia, in assenza del quale quanto asserito assume valenza lesiva della reputazione.

Oggi bisogna fare attenzione, si può stampare quello che si vuole, la circolarità delle notizie non è più la stessa, il lettore non ce la fa più a resistere , recepisce anche la feccia delle notizie e le fa proprie cioè ci crede, ed allora si abbandona l'attività informativa e ci si avvicina alla manipolazione. Il problema non è più stabilire se esiste una garanzia costituzionale; allo stato non può disconoscersi che vi sia ancora, il problema vero invece è rendere concreta ed effettiva tale garanzia».

Avv. Vincenzo Mennea

  • Diritto all'informazione
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