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Zona 167: ancora silenzio dal Comune di Barletta

Dallo studio legale Franco Cito la più semplice lettura della situazione. Caduta la variante al PdZ

Ringraziamo sin dal primo capoverso lo studio legale Franco Cito di Barletta che, con la professionale e attenta nota che segue, chiarisce ancora più nitidamente le controverse posizioni tra il Consiglio di Stato e il Comune di Barletta che con documentate deliberazioni di Consigli comunali trattarono l'adozione della variante al piano di zona 167. L'avvocato Franco Cito riprende quanto da noi pubblicato il primo maggio scorso, debitamente documentato in pdf, e spiega ancor più nitidamente atteggiamenti controversi con la più trasparente spiegazione dei fatti che ancora sono a strascico alla zona 167. Ospiteremo qualsivoglia ulteriore delucidazione che dovesse pervenire da altrettanti autorevoli fonti. Barlettalife è ben lieta, sempre, di ospitare argomentazioni professionali e circostanziate che attengano il pubblico interesse, a salvaguardia di ogni trasparenza e legalità amministrativa specie, come nella nota che segue, se argomentate con la più facile delle interpretazioni.

Caro Direttore,
vorrei contribuire ad un approfondimento dell'argomento "Edilizia e Zona 167" trattato su BarlettaLife. Il Decreto con cui il Presidente della Repubblica ha annullato la Variante 2004 del PdZ di Barletta, il Terzo Programma di Attuazione ed il decreto di esproprio del 2006, stranamente non ha sollevato alcuna preoccupazione o reazione nell'Amministrazione Comunale. Gli addetti ai lavori, facenti parte degli uffici competenti e del cartello degli operatori, forti della loro maturata esperienza giuridica e profonda conoscenza dei fatti, hanno su due piedi deciso che il provvedimento presidenziale era errato, perché non aveva tenuto conto degli ulteriori provvedimenti comunali (ma non era doveroso comunicarli?), sostanzialmente tardivo ed inutile, tranne che per colui che lo aveva richiesto, col quale intavolavano immediatamente trattative di bonario componimento, per evitare il propagarsi della notizia.

Non risulta se l'Amministrazione abbia valutato la possibilità di una qualche contestazione del provvedimento, sotto alcuni aspetti certamente possibile se fossero vere le dedotte incomplete ed erronee valutazioni. La questione è stata accantonata come un fastidioso e spiacevole incidente di percorso che avrebbe comportato, per quanto se ne sa, il pagamento al ricorrente di soli €. 1.200.000,00 per l'appropriazione di mq. 6.975 di suolo, oltre l'assegnazione gratuita nel PdZ della proprietà di una piastra destinata ad attività commerciale. Lo stato della trattativa non mi è noto.

Questa sbrigativa soluzione è in contrasto con i doveri di legalità ed imparzialità cui la Pubblica Amministrazione deve uniformare la propria attività, essendo stata caducata l'intera Variante Generale del PdZ. Il Decreto Presidenziale che ha sancito l'annullamento è atto indivisibile in relazione al procedimento impugnato ed ai vizi che lo inficiano, al pari di un provvedimento giurisdizionale che ha pronunciato su un atto unitario che riguarda una pluralità di soggetti e che non può scindersi in tanti atti particolari, con la conseguenza che l'annullamento vale non solo a favore di colui che propose l'impugnativa, ma anche nei confronti di tutti gli altri che si trovano in situazione simile. Nel nostro caso non può parlarsi, è vero, di estensione del giudicato perché il Decreto Presidenziale non ha natura giurisdizionale, ma peculiare natura amministrativa. Esso però costituisce un rimedio caducatorio adottato in via definitiva come espressione ultima, in linea verticale, della volontà della Pubblica Amministrazione.

La vicenda ha risvegliato in me il ricordo di un appassionato studio del Prof. V. Caputi Jambrenghi del lontano 1991 ("La funzione giustiziale dell'ordinamento amministrativo" – Ed. Giuffrè). In quel volumetto, la cui lettura consiglio, si afferma con forza che l'Amministrazione efficace e democratica deve avere in sé la capacità di emendare i propri errori anche con un provvedimento adottato in funzione di giustizia interna, quale è il Decreto del Capo dello Stato, che impone l'obbligo di ripristinare di fatto la legalità e l'imparzialità anteriormente disattese, rammentando che "l'Amministrazione che deve essere ordinata secondo fini di giustizia e secondo metodo di giustizia…per ottenere questo risultato (deve valorizzare)…nel quadro giuridico degli obblighi di servizio propri di tutti i funzionari pubblici… principi chiari e semplici di doverosità della condotta legittima e produttiva di utilità pubbliche senza sacrificio ingiustificato degli interessi dei singoli e di rispetto reale della pubblicità dell'Erario". Inoltre l'Autore aggiunge: "…il procedimento di ricorso al Presidente della Repubblica mette capo ad una pronuncia amministrativa non ordinariamente impugnabile, espressiva del più alto grado formale di giustizia nell'Amministrazione… Se, infatti l'Amministrazione resta titolare di una funzione giustiziale concorrente con quella del giudice…., il procedimento amministrativo che, della funzione ospita l'esercizio, non potrà che restare influenzato dal suo oggetto: nella funzione giustiziale sui diritti, l'Amministrazione Statale opera nel diretto confronto con la giurisdizione generale e da questa o di questa assume, per necessità le finalità ultime e sostanziali, le responsabilità sociali e la posizione istituzionale…
Il ricorso straordinario offre all'ordinamento amministrativo il terreno di confronto ideale per misurare la sua capacità concreta di fare giustizia nell'Amministrazione e costituisce ad un tempo il punto di incontro tra due sistemi di tutela che per avere una finalità ultima e generale assolutamente comune, non possono che trarre….vantaggio dall'occasione di dover servire, ciascuno con i suoi mezzi, la causa dello stesso richiedente".

Quindi, a mio avviso, andavano bloccate immediatamente il rilascio di nuovi permessi di costruzione, varianti, assegnazioni, ecc.; quindi andavano liberati i suoli non ancora edificati e risarciti i proprietari illegittimamente espropriati, i cui suoli risultano già trasformati, mediante un indennizzo commisurato al valore venale del bene alla data in cui sarà liquidato, con ogni accessorio, come previsto dalla concorde e condivisibile giurisprudenza amministrativa formatasi, dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 43 T.U. sull'espropriazione. Se questo non avvenisse su iniziativa spontanea dell'Amministrazione, gli interessati potrebbero rivolgere un'espressa richiesta cui va data doverosa risposta.

Cordiali saluti.
Avv. Francesco Cito

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