Padre Saverio Paolillo
Padre Saverio Paolillo
Religioni

Viaggio in Brasile, terra di contraddizioni e di speranze

Barlettalife incontra Padre Saverio Paolillo, missionario comboniano in Brasile. Un colloquio tra amici

Padre Saverio Paolillo, barlettano, è un missionario comboniano che opera da più di venticinque anni in Brasile, a Vitòria, una città di poco più di 300.000 abitanti sulla costa centrale a nord della più famosa Rio de Janeiro. Quello che colpisce di Padre Saverio è il sorriso con cui ti accoglie appena lo incontri, un sorriso che ti mette subito a tuo agio, contrapposto però alla serietà con cui ti parla dei "suoi" ragazzi, dei progetti che la missione cerca di portare avanti tra mille difficoltà: a quei ragazzi questo missionario barlettano ha deciso di dedicare la sua vita ed il suo impegno. Iniziamo a parlare del Brasile e delle sue contraddizioni, di questo Paese grande 24 volte l'Italia, che è divenuto l'emblema delle contraddizioni del nostro sistema economico dove ad una enorme e diffusissima miseria si contrappone l'impressionante ricchezza di una manciata di famiglie, parliamo dei lati oscuri del Brasile che in Italia è conosciuto dai più solo per le sfilate del Carnevale di Rio e per lunghissime spiagge dove poter prendere il sole ed assaggiare il "vero cocco brasiliano". Padre Saverio con la sua disarmante allegria (celante tuttavia una determinazione e una fermezza più unica che rara) non ci permette alcuna formalità consentendoci un colloquio che al più può essere definito come schiettissimo e godibile colloquio tra amici, gliene diamo merito.

Noi siamo abituati a pensare al Brasile in termini giocosi ed esotici. Al di là degli stereotipi, qual è la realtà brasiliana in cui lavori?
Il Brasile è un paese enorme e riconosciuto come il paese dei grandi contrasti, per molti anni definito "Belindia", cioè un paese che è un misto tra il Belgio e l'India, ovvero tra il primo e il terzo mondo. Il problema del Brasile è l'ingiustizia, sia sociale che economica: l'1% della popolazione ha in mano la metà della ricchezza del Paese. Anche se cresce economicamente (nel 2016 diventerà la quinta potenza economica mondiale) è uno dei paesi più ingiusti del mondo. E' da questa ingiustizia che derivano le contraddizioni del Brasile.

Con quali progetti intervieni a Vitòria?
Sono in Brasile dal 1985 e mi sono sempre occupato di minori a rischio e di ragazzi di strada. Quando sono arrivato a Vitòria ho dato vita al progetto AICA (assistenza integrale per bambini e adolescenti) che è una rete di progetti che accoglie circa duemila bambini e giovani adolescenti, e cerca di rispondere a cinque differenti sfide: occupare il tempo libero dei ragazzi che altrimenti, dopo la scuola, farebbero vita di strada, accogliere i ragazzi che sono già sulla strada, accogliere i ragazzi che sono in carcere e fargli scontare la pena nella comunità, formare professionalmente i ragazzi per renderli indipendenti ed autonomi da adulti ed infine cerchiamo di combattere il lavoro minorile dando dei contributi economici alle famiglie che decidono di mandare i propri figli a scuola anziché al lavoro.

Per fare questo basta la solidarietà dei barlettani o serve anche un cambio di stile di vita da parte del "primo mondo"?
La solidarietà serve, ma noi in Brasile non facciamo un lavoro assistenzialista che aiuta i ragazzi senza farli crescere, ma strutturato, cioè il nostro è un lavoro che mira a creare cittadini.
Noi vogliamo mettere in discussione le strutture politiche, economiche e sociali che creano sempre più poveri ed emarginati. Il fatto che esistano bambini che vivano per strada non è una colpa dei bambini o delle famiglie, ma del sistema perverso chiamato neoliberismo economico che mette al centro il profitto delle imprese e non la vita delle persone. La maggior parte dei poveri sono passeggeri inutili su una nave da crociera: alla prima tempesta saranno buttati a mare per salvare i passeggeri ricchi. Non ci si può limitare alla elemosina, noi vogliamo che i nostri ragazzi diventino protagonisti di una nuova storia. Noi vogliamo incidere nella mentalità dei cittadini sia del terzo che del primo mondo.

Per cambiare mentalità c'è bisogno della politica?
La Chiesa chiama i cristiani a fare delle scelte cristiane sia in ambito economico che politico, che non significa fondare un partito dei cristiani, ma significa cristianizzare la vita economica e politica.
Noi viviamo processi democratici che non sono vere e proprie democrazie, perché noi consegniamo deleghe in bianco ai nostri rappresentanti che poi fanno quello che vogliono. Noi vogliamo delle democrazie partecipative. Nelle nostre comunità di base, in Brasile, vogliamo che tutti i nostri cristiani partecipino a tutte le discussioni. Non devono essere i consiglieri comunali o i deputati a decidere quale sarà il bilancio del prossimo anno ma la gente attraverso piccole assemblee popolari che decide cosa fare nel proprio quartiere e nel proprio territorio.

Cosa lega un ragazzo brasiliano ad un ragazzo delle nostre parti?
Sicuramente la voglia di vivere, di crescere e di essere considerate come persone con propri diritti.
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