
La città
Vendesi, fittasi, cedesi: il pianto delle attività di Barletta
L'attualità delle partite IVA: "evasori fiscali" o comodo capro espiatorio?
Barletta - mercoledì 29 gennaio 2020
10.24
"Vendesi"."Fittasi locale"."Cedesi attività". Scritte purtroppo sempre più familiari a Barletta come in tutta Italia. Cartelli che a ben guardare rappresentano vere e proprie pietre sepolcrali sotto le quali tristemente giacciono i sogni e le speranze di chi ha rischiato, di chi ci ha creduto, di chi ha scommesso su se stesso. Lapidi che scorrono dinanzi ai nostri sguardi come in un sacrario di guerra. Una guerra dove i caduti non sono né i fanti di Vittorio Veneto, né gli alpini dell'ARMIR, ma sono i tanti, troppi ex possessori di partita IVA.
Loro, i reietti per definizione. Gli evasori a prescindere. I "kulaki" del XXI secolo che, proprio come i contadini ucraini ai tempi delle collettivizzazioni forzate, costituiscono il comodo capro espiatorio da sacrificare in nome di ben più "nobili" cause: la "società senza classi" negli anni Trenta; la bulimia cronica di Sua Maestà lo Stato italiano oggi.
Il "casus belli" ufficiale di questa guerra al lavoratore autonomo è sempre il solito: la lotta all'evasione fiscale. E a tal proposito, le nuove "armi di distruzione di massa" con le quali lo Stato intende fronteggiare le temibilissime orde di fruttivendoli e parrucchieri che minacciose si stagliano all'orizzonte sono l'obbligo del possesso del POS (terminale per pagamenti con carte di credito e bancomat), con relativi canoni e commissioni sulle transazioni, e soprattutto l'obbligo di possesso del registratore di cassa telematico per trasmettere direttamente i corrispettivi degli incassi all'Agenzia delle Entrate il cui costo varia dai 600 ai 1000 euro, salvo costi di aggiornamento. Ulteriori spese che vanno, se possibile, ancora più ad aggravare la già piuttosto grama situazione di artigiani e commercianti, letteralmente schiacciati negli ultimi anni, oltre che da una crisi ormai sistemica, anche dalla spietata e sleale concorrenza (soprattutto dal punto di vista fiscale) delle multinazionali dell'e-commerce.
Intendiamoci, stanare i furbi e i disonesti non solo è giusto ma è decisamente auspicabile. Così come siamo ben consci che il mondo delle partite IVA non pullula certo di terziarie francescane o carmelitane scalze.
Tuttavia sulle nostre tempie qualche capello grigio inizia a fare capolino e non ci è sicuramente difficile immaginare che dietro il tanto decantato "pagare tutti per pagare meno" (frase che sentiamo ripetere più o meno dai tempi di "Lascia o Raddoppia"), quatto quatto si celi una volta ancora il solito italianissimo "fare cassa" allo scopo di soddisfare la perennemente affamata bestia della spesa pubblica. Del resto è da qualche mese che annunci di "concorsini" e "concorsoni" fioccano in tutta Italia.
Non si spiegherebbero altrimenti, infatti, i miserrimi 250 euro (importo massimo previsto come credito d'imposta per tutti coloro che si doteranno del nuovo registratore i cassa) a fronte di una spesa per i nuovi strumenti fiscali di almeno 1000 euro. Anche perché se fosse vero che tali provvedimenti sono volti ad un massiccio recupero di gettito fiscale mancante, lo Stato non avrebbe problemi a detrarre interamente dalle imposte le spese che ogni autonomo, artigiano o commerciante che sia, è costretto a sostenere per adeguarsi alle nuove norme.
Del resto non è un mistero che da almeno un decennio, in materia di agevolazioni, il lavoratore autonomo viene scientemente e sistematicamente ignorato dal legislatore, il quale preferisce volgere le proprie attenzioni da un lato a quelli di "industria 4.0" (altrimenti le campagne elettorali chi le finanzia?) e dall'altro alle cosiddette start up innovative (de che?).
In mezzo, come il proverbiale vaso di coccio tra i vasi di ferro, ci sono loro, le partite IVA. Gli evasori per antonomasia. Quelli da bastonare sadicamente in ogni legge di stabilità che si "rispetti". Quelli sempre più vittime tra l'altro della totale ignavia delle associazioni di categoria. Quelli che non ce la fanno più. Quelli al cui posto campeggiano come lapidi di un cimitero di guerra i cartelli "vendesi", "fittasi locale", "cedesi attività".
Loro, i reietti per definizione. Gli evasori a prescindere. I "kulaki" del XXI secolo che, proprio come i contadini ucraini ai tempi delle collettivizzazioni forzate, costituiscono il comodo capro espiatorio da sacrificare in nome di ben più "nobili" cause: la "società senza classi" negli anni Trenta; la bulimia cronica di Sua Maestà lo Stato italiano oggi.
Il "casus belli" ufficiale di questa guerra al lavoratore autonomo è sempre il solito: la lotta all'evasione fiscale. E a tal proposito, le nuove "armi di distruzione di massa" con le quali lo Stato intende fronteggiare le temibilissime orde di fruttivendoli e parrucchieri che minacciose si stagliano all'orizzonte sono l'obbligo del possesso del POS (terminale per pagamenti con carte di credito e bancomat), con relativi canoni e commissioni sulle transazioni, e soprattutto l'obbligo di possesso del registratore di cassa telematico per trasmettere direttamente i corrispettivi degli incassi all'Agenzia delle Entrate il cui costo varia dai 600 ai 1000 euro, salvo costi di aggiornamento. Ulteriori spese che vanno, se possibile, ancora più ad aggravare la già piuttosto grama situazione di artigiani e commercianti, letteralmente schiacciati negli ultimi anni, oltre che da una crisi ormai sistemica, anche dalla spietata e sleale concorrenza (soprattutto dal punto di vista fiscale) delle multinazionali dell'e-commerce.
Intendiamoci, stanare i furbi e i disonesti non solo è giusto ma è decisamente auspicabile. Così come siamo ben consci che il mondo delle partite IVA non pullula certo di terziarie francescane o carmelitane scalze.
Tuttavia sulle nostre tempie qualche capello grigio inizia a fare capolino e non ci è sicuramente difficile immaginare che dietro il tanto decantato "pagare tutti per pagare meno" (frase che sentiamo ripetere più o meno dai tempi di "Lascia o Raddoppia"), quatto quatto si celi una volta ancora il solito italianissimo "fare cassa" allo scopo di soddisfare la perennemente affamata bestia della spesa pubblica. Del resto è da qualche mese che annunci di "concorsini" e "concorsoni" fioccano in tutta Italia.
Non si spiegherebbero altrimenti, infatti, i miserrimi 250 euro (importo massimo previsto come credito d'imposta per tutti coloro che si doteranno del nuovo registratore i cassa) a fronte di una spesa per i nuovi strumenti fiscali di almeno 1000 euro. Anche perché se fosse vero che tali provvedimenti sono volti ad un massiccio recupero di gettito fiscale mancante, lo Stato non avrebbe problemi a detrarre interamente dalle imposte le spese che ogni autonomo, artigiano o commerciante che sia, è costretto a sostenere per adeguarsi alle nuove norme.
Del resto non è un mistero che da almeno un decennio, in materia di agevolazioni, il lavoratore autonomo viene scientemente e sistematicamente ignorato dal legislatore, il quale preferisce volgere le proprie attenzioni da un lato a quelli di "industria 4.0" (altrimenti le campagne elettorali chi le finanzia?) e dall'altro alle cosiddette start up innovative (de che?).
In mezzo, come il proverbiale vaso di coccio tra i vasi di ferro, ci sono loro, le partite IVA. Gli evasori per antonomasia. Quelli da bastonare sadicamente in ogni legge di stabilità che si "rispetti". Quelli sempre più vittime tra l'altro della totale ignavia delle associazioni di categoria. Quelli che non ce la fanno più. Quelli al cui posto campeggiano come lapidi di un cimitero di guerra i cartelli "vendesi", "fittasi locale", "cedesi attività".
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