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Timac Agro contro le ultime sentenze del Tar, prosegue la lotta contro le istituzioni

Duro l'attacco del noto stabilimento locale: «I dati sono dalla nostra parte, ma a nessuno interessa»

«L'azienda prende atto della decisione del Tar, la rispetta ma non la condivide». Comincia così la nota dello stabilimento Timac di Barletta che nella giornata di ieri, ha voluto rispondere alle ultime sentenze emesse dal Tar, in relazione all'inquinamento idrogeologico da cui l'azienda si dichiarerebbe estranea.

Nel 2001 fu Timac a informare gli enti in ordine all'inquinamento già presente allora nello stabilimento e di nuovo nel 2009 fu l'azienda a iniziare le attività di caratterizzazione del sito, in vista delle opere di bonifica, pur senza obblighi immediati di legge. È inoltre fatto inoppugnabile che gli enti da 297 giorni, sappiano che l'inquinamento della falda proviene da monte idrogeologico ed esterno all'area dello stabilimento Timac.

Rispetto alla decisione del Tar, Timac ricorrerà al Consiglio di Stato, ma è chiaro che l'azienda continuerà a mantenere la linea del "doppio binario" che fin da principio aveva proposto e da ultimo hanno ribadito, ancora pochi giorni fa i suoi legali e i vertici aziendali in una conferenza stampa: da un lato la non condivisione del contenuto delle ordinanze, dall'altro la loro ottemperanza. In altre parole, la strada dei ricorsi alle ordinanze non è mai stata intrapresa per evitare di adempiere alle richieste degli enti locali, ma per il rispetto di una verità che riteniamo non sia stata sancita nemmeno dalla sentenza del Tar.

La sentenza infatti ha ritenuto legittime le due ordinanze senza considerare i dati disponibili agli enti dal 2001 e senza considerare affatto i dati dello studio Cnr-Arpa di luglio 2016 che mostrerebbero inequivocabilmente come la questione dell'inquinamento ambientale a Barletta, quello della falda in particolare, sarebbe ben più vasta rispetto all'area dello stabilimento e decisamente non ad esso riconducibile. Il Tar, prescindendo da ogni fondata e pacificamente riconosciuta prassi giuridica, ha sostenuto che nell'agosto 2015 l'ente avesse agito nella giusta direzione, dando anche atto che l'azienda, volontariamente, avesse dato inizio alle attività di messa in sicurezza che ad oggi, attenderebbero proprio la certificazione da parte degli enti, ma ci si continua a chiedere: arrivato lo studio Cnr-Arpa come si è posta la provincia e cosa sta facendo?

Non un provvedimento diverso e successivo, non un altro soggetto individuato e coinvolto, e, soprattutto, nessuna vera e primaria fonte dell'inquinamento della falda è stata individuata. Per adesso, infatti, è noto soltanto ciò che sarebbe confermato anche da Arpa: il flusso inquinante giungerebbe da monte idrogeologico, esterno alla Timac, ma questo dato sembrerebbe non interessare a nessuno. Timac proseguirà dunque in modo trasparente e coerente nella linea di condotta: barra dritta sulle opere di messa in sicurezza di suolo e falda ma, in ambito giudiziale, contestazione dei presupposti sulla cui base le ordinanze sono state emesse.

Il Tar ha confermato che la Provincia avrebbe agito a tutela dell'ambiente ma a questo punto è di tutta evidenza che lo ha fatto in base a congetture, ritenendole sufficienti ai fini dell'emissione delle ordinanze, senza accertare mai chi fosse e chi sia il reale agente inquinante e senza sapere quale l'effettiva origine, neanche dopo le conclusioni dello studio idrogeologico. L'inquinatore è ancora il convitato di pietra di ogni discussione a Barletta, un convitato ancora totalmente ignoto.
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