Speciale Disfida di Barletta
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La città

Speciale Disfida di Barletta: il destino di Ginevra, terza parte

Tra Ettore e Grajano. Intanto il Valentino...

La storia di Ginevra da Monreale, e del suo tormentato amore per Ettore, riprende dal suo approdo sull'isola di Sant'Orsola, quando insieme alla saracena Zoraide trova rifugio presso il monastero sito sull'isola, ignara tuttavia della presenza in città del suo persecutore: Cesare Borgia, detto il Valentino.

L'arrivo a Barletta del temuto figlio di Papa Alessandro VI, viene collocato al primo capitolo del romanzo del D'Azeglio. Egli arriva via mare da Senigallia, insieme al suo braccio destro, tal Don Michele Corella, uno dei tanti personaggi che a quel tempo passavano con imbarazzante disinvoltura dal crocifisso alla spada e viceversa. I due arrivano in incognito, ma mentre si avvicinano all'osteria di Veleno, Boscherino, uno dei soldati presenti sull'uscio dell'osteria, riconosce il Valentino facendosi scappare un inequivocabile "Il duca!".

Ed è proprio il "duca", determinato a non farsi riconoscere, ad intimare il silenzio a Boscherino.

Il Valentino, giunto a Barletta principalmente per provare a mettersi in contatto con Consalvo da Cordova, da tempo sente vacillare la fiducia dei francesi hanno riposto in lui e in suo padre, e ne ha conferma proprio la sera della famosa cena dell'offesa francese agli italiani, mentre alloggia in incognito al piano di sopra. Non solo, ma udendo le parole di La Motte e dello spagnolo Azevedo su Fieramosca e sul suo proverbiale broncio dovuto a "male d'amore", intuisce che Ginevra potrebbe non essere lontana.

Quest'ultima, al chiuso del monastero di Sant'Orsola, inizia ad essere divorata dall'atroce dilemma sul continuare a seguire Ettore, o sul cercare notizie su suo marito Grajano d'Asti che non ha più visto dai giorni della famosa cena di Roma col Valentino. Ad un certo punto appare più che mai determinata a scegliere la seconda via e di dirlo a Fieramosca, ma l'entusiasmo che quest'ultimo le manifesta per l'imminente Sfida per l'onore dell'Italia, blocca sul nascere le intenzioni dell'erede di casa Monreale.

Ma se Ginevra vive questo suo costante tormento interiore, anche Ettore, che nel frattempo ha incontrato Grajano d'Asti al campo francese, è quanto mai consumato dal rimorso del non aver detto alla sua amata che il suo legittimo(?) consorte è vivo e più che mai schierato sotto i vessilli di Re Luigi XII.

Nel frattempo il Valentino, tramite Don Michele fa pervenire a Consalvo una richiesta di salvacondotto sul territorio amministrato dagli spagnoli. Richiesta che il Gran Capitano accetterà.

Mentre era in attesa di consegnare a Consalvo la richiesta del suo padrone, Don Michele conosce tale Lettiero De Fastidiis, che di mestiere fa il Podestà di Barletta, un personaggio tanto esuberante e ciarlatano quanto drammaticamente ingenuo, difetto quest'ultimo che finirà per costargli la vita.

Don Michele riesce quasi senza fatica alcuna ad apprendere dal De Fastidiis il luogo ove Ginevra alloggia, e con uno stratagemma degno del mago Do Nascimiento dei nostri tempi, riesce a convincere il Podestà a farsi accompagnare presso una chiesetta abbandonata ove si consumerà la truffa, per poi farsi condurre sull'isola da Ginevra.

Ma proprio mentre Boscherino (complice di Don Michele), travestito da fantasma, in una scena degna di un film di Totò, inizia a spaventare a morte il povero De Fastidiis, ecco che Don Michele e il Podestà vengono catturati dalla banda di tal Pietraccio, uno spietato quanto selvaggio bandito di campagna.

Don Michele viene condotto in una prigione all'interno della torre merlata presente all'ingresso, laddove tal Martino Schwarzenbach (pagato dalle monache di Sant'Orsola per proteggere il monastero) è al comando di un'ottantina di mercenari.

Va invece decisamente peggio a Lettiero De Fastidiis, che terrorizzato dalla richiesta di riscatto di Pietraccio e dei suoi non riesce a proferir parola. Un silenzio che purtroppo gli sarà fatale, dal momento che Pietraccio, spazientito dalle mancate risposte del suo illustre ostaggio, decide di piantargli un pugnale nel ventre.

Nel frattempo, completamente all'oscuro della tragica sorte del Podestà, Don Michele viene ricevuto dallo Schwarzenbach, un mercenario tedesco ormai da anni dedito più al vino di Puglia che alla spada, che ormai vive del soldo delle monache di Sant'Orsola e, se ancora il lettore non l'avesse inteso, del bottino di assalti e rapimenti da spartire con Pietraccio e i suoi. Sicuramente un poco di buono, ma non certo dello spessore criminale di Don Michele Corella, al quale è sufficiente millantare l'arrivo di truppe "catalane e albanesi" in suo soccorso per costringere Schwarzenbach a più miti consigli, oltre che ad un patto scellerato che prevede un lauto compenso allo Schwarzenbach, in cambio del via libera al rapimento di Ginevra da parte di Don Michele e i suoi.

Fonti bibliografiche:
  • "Il romanzo della Disfida. Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta di Massimo d'Azeglio in lingua corrente" di Ruggiero Doronzo (Edizioni L'Aurora Serafica)
  • "Storia d'Italia. L'Italia della Controriforma (1492-1600) (Vol. 4) di Indro Montanelli, Roberto Gervaso
  • Enciclopedia online www.treccani.it
  • Disfida di Barletta
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