Pietro Mennea
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“Soffri ma sogni”, Pietro Mennea ricordato nel libro di Stefano Savella

Intervista allo scrittore che ricostruisce la biografia sportiva e umana della Freccia del Sud

«La fatica non è mai sprecata. Soffri, ma sogni». L'emblematica frase pronunciata da Pietro Mennea, sintesi di una carriera dorata ma non esente da sacrifici, è stata l'ispirazione per il titolo di uno degli ultimi libri pubblicati in memoria di un mito che continua a far sognare: "Soffri ma sogni. La disfida di Pietro Mennea da Barletta" è il libro scritto da Stefano Savella, classe 1982, giornalista, redattore editoriale e direttore di «PugliaLibre. Libri a km zero», rivista web sull'editoria pugliese. Abbiamo intervistato l'autore in occasione della presentazione barese del suo testo, lo scorso giovedì presso la libreria Zaum.

Di Mennea si è detto tanto e si è scritto tanto, qual è la peculiarità del suo libro?
«E' una biografia un po' sui generis: ho voluto "mescolare le carte" a livello cronologico, comincio infatti raccontando il record mondiale del '79, per poi tornare indietro ai suoi esordi a Barletta, avanti con le Olimpiadi, poi un capitolo a cui sono molto legato, quello dedicato alla pista di atletica dello stadio comunale "Puttilli". Infine nel l'epilogo racconto ciò che Mennea ha realizzato al di fuori delle piste, la sua vita professionale, politica e da docente».

Qual è stato il suo rapporto personale con la figura di Pietro Mennea?
«La mia esperienza può essere considerata comune a tutti i ragazzini barlettani di 15 anni in quegli anni: quando ci incontravamo per correre sull'asfalto e arrivava qualcuno che riusciva a batterci molto facilmente, in un dialetto abbozzato esclamavamo "Corre proprio come Mennea". Io sono nato nell'82: in quell'anno Mennea si era già ritirato per la prima volta, poi tornò a correre per altre due olimpiadi ma i suoi successi più grandi li aveva già ottenuti prima che io nascessi, quindi il mio personale rapporto col Mennea sportivo era filtrato attraverso la televisione con le immagini delle sue vittorie. Ho seguito anche la sua storia politica, perché sono da sempre un appassionato di politica: avevo 16 anni quando lui si candidò, pur non avendo neppure l'età per votare seguii la sua campagna elettorale sia alle Europee, sia come candidato sindaco nel 2002».

Come mai l'importanza di prendere la penna in mano e scrivere un libro proprio su Pietro Mennea, da barlettano e da uomo impegnato in ambito letterario e culturale?
«Per questo, che è il mio primo libro, pur non avendo subito le idee chiare su cosa raccontare, sapevo che volevo partire dalla mia città. Vivo a Bari da oltre sette anni, il mio legame con Barletta è inevitabilmente cambiato in questi anni ma è rimasto saldo. Volevo raccontare qualcosa sulla mia città, in particolare sulla pista di atletica, argomento che mi sta molto a cuore. Quando Mennea è scomparso, l'editore della Stilo ha approvato questo mio progetto dedicato a Pietro Mennea e a Barletta, attraverso interviste a testimoni e materiale che già aveva cominciato a raccogliere».

Cosa si è detto troppo su Mennea e cosa troppo poco?
«Si è parlato poco di tutto ciò che ha fatto oltre la vita da sportivo; si sa poco, e me ne accorgo quando presento il mio libro in altre città, sulle sue quattro lauree, sulla sua esperienza da docente in materie giuridiche, sul suo impegno politico, sulla sua attività da libero professionista a Roma con sua moglie. Tutti quanti conoscono bene le sue vittorie, ed è giusto così, ma non tutti sanno ciò che c'era oltre la vita sulla pista d'atletica, dopo aver appeso le scarpe al chiodo».
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