Eventi
Scoprire (e riscoprire) Calvino attraverso il cinema
Presentazione del libro del prof. Vito Santoro “Calvino e il cinema”. Incontro organizzato dalla Società Dante Alighieri presso il Liceo Classico
Barletta - sabato 1 dicembre 2012
«Non so niente di cinema» è la modesta – e forse provocatoria – frase di Italo Calvino che apre l'interessante saggio di Vito Santoro, dottore di ricerca in italianistica presso l'Università degli Studi di Bari, dal titolo esplicativo "Calvino e il cinema". Il libro è stato presentato a Barletta giovedì sera, nell'aula magna del liceo classico "Casardi" in un incontro promosso dalla Società Dante Alighieri, moderato dalla professoressa Emilia Cosentino, anticipato da un intervento del preside Giuseppe Lagrasta e con la partecipazione attiva di alcuni studenti che hanno letto e interpretato passi di alcune opere più significative di Italo Calvino.
Un modo di scoprire (ma soprattutto ri-scoprire) la narrativa calviniana attraverso gli strumenti della cinematografia: qual è stato il rapporto di Italo Calvino con il cinema? E cosa ha rappresentato il linguaggio cinematografico nelle opere dello scrittore? Con il cinema, Italo Calvino ha un rapporto controverso, spiega Vito Santoro presentando il suo saggio: se – da un lato – le sue bozze di sceneggiatura non vedono mai la luce del sole, dall'altro lato conduce una lunga esperienza di critico cinematografico su diverse riviste e quotidiani, "Cinema nuovo", "La Repubblica" e "L'Unità". Ma sono soprattutto le riduzioni cinematografiche e televisive di alcune sue opere ad essere interessante oggetto di studio: una su tutte, la versione filmica del libro "Il Cavaliere inesistente" realizzata da Pino Zac nel 1969.
Studiare Italo Calvino attraverso il caleidoscopio del cinema rappresenta un nuovo approccio alla sua pagina, al suo sguardo sul mondo: la narrativa di Calvino è soprattutto visiva, e perciò non è un caso che l'occhio del cinema sia particolarmente adatto a scrutare i significati fantastici e dirompenti di un autore estremamente ricco come Calvino. Il testo di Vito Santoro è inoltre occasione per rileggere una importante fetta della storia del cinema italiano, a partire dal 1960, annus mirabilis della cinematografia made in Italy con le opere di tre grandi maestri del passato: "La dolce vita" di Federico Fellini, "L'avventura" di Michelangelo Antonioni e "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti.
«Per Calvino – scrive Santoro nel suo saggio - la lettura di una poesia e la visione di un film sono due esperienze che implicano l'immersione in un mondo di immagini che solo concettualmente ha un creatore che le provoca e un fruitore che le riceve. In realtà in entrambi i casi si assiste al coinvolgimento in una specie di gioco collettivo fatto di rimandi concatenati tra loro, dove si ricevono e si ri-creano sensazioni, come i cristalli nel vortice di un caleidoscopio. In altre parole, attraverso il cinema e la poesia si possono suscitare immagini già viste sotto una diversa angolazione, cioè si può "vedere di più", penetrare così a fondo nelle cose fino a trasfigurarle e pervenire ad un effetto di irrealtà».
Un modo di scoprire (ma soprattutto ri-scoprire) la narrativa calviniana attraverso gli strumenti della cinematografia: qual è stato il rapporto di Italo Calvino con il cinema? E cosa ha rappresentato il linguaggio cinematografico nelle opere dello scrittore? Con il cinema, Italo Calvino ha un rapporto controverso, spiega Vito Santoro presentando il suo saggio: se – da un lato – le sue bozze di sceneggiatura non vedono mai la luce del sole, dall'altro lato conduce una lunga esperienza di critico cinematografico su diverse riviste e quotidiani, "Cinema nuovo", "La Repubblica" e "L'Unità". Ma sono soprattutto le riduzioni cinematografiche e televisive di alcune sue opere ad essere interessante oggetto di studio: una su tutte, la versione filmica del libro "Il Cavaliere inesistente" realizzata da Pino Zac nel 1969.
Studiare Italo Calvino attraverso il caleidoscopio del cinema rappresenta un nuovo approccio alla sua pagina, al suo sguardo sul mondo: la narrativa di Calvino è soprattutto visiva, e perciò non è un caso che l'occhio del cinema sia particolarmente adatto a scrutare i significati fantastici e dirompenti di un autore estremamente ricco come Calvino. Il testo di Vito Santoro è inoltre occasione per rileggere una importante fetta della storia del cinema italiano, a partire dal 1960, annus mirabilis della cinematografia made in Italy con le opere di tre grandi maestri del passato: "La dolce vita" di Federico Fellini, "L'avventura" di Michelangelo Antonioni e "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti.
«Per Calvino – scrive Santoro nel suo saggio - la lettura di una poesia e la visione di un film sono due esperienze che implicano l'immersione in un mondo di immagini che solo concettualmente ha un creatore che le provoca e un fruitore che le riceve. In realtà in entrambi i casi si assiste al coinvolgimento in una specie di gioco collettivo fatto di rimandi concatenati tra loro, dove si ricevono e si ri-creano sensazioni, come i cristalli nel vortice di un caleidoscopio. In altre parole, attraverso il cinema e la poesia si possono suscitare immagini già viste sotto una diversa angolazione, cioè si può "vedere di più", penetrare così a fondo nelle cose fino a trasfigurarle e pervenire ad un effetto di irrealtà».