Politica
Scontro tra generazioni politiche a Barletta
Maratoneti e centometristi, vecchie glorie e giovani promesse. Edipo, Crono e il passaggio di testimone
Barletta - mercoledì 23 gennaio 2013
11.14
In una città governata ininterrottamente dal centrosinistra per quasi un ventennio, alla Camera ci sarà un solo candidato barlettano in posizione eleggibile: Stella Mele, terza nella lista de La Destra. Al momento l'unico candidato Sindaco venuto allo scoperto è Dario Damiani, PDL, ex AN. Per alcune ore sembrava anche certa la candidatura alla Camera di un altro giovane del PDL barlettano, Riccardo Memeo. Tutto questo è significativo per il centrodestra, ma lo è altrettanto per il centrosinistra. Questa vicenda è emblematica del rapporto tra una generazione, quella dei 30-40enni, che ha agito interamente nella Seconda Repubblica, e quella dei loro maestri, i baby-boomers, i 50-70enni, che è stata protagonista della fine della Prima.
Mele, Memeo, Damiani (e con loro anche un altro giovane dirigente del centrodestra, Oronzo Cilli) sono maratoneti. Hanno attraversato quasi indenni un decennio in cui i loro compagni di partito e di coalizione sono finiti tra le braccia del centrosinistra. Possono insomma essere soddisfatti coloro che vengono dal MSI, poi AN; e possono essere soddisfatti, anche se in minor misura, i berlusconiani della prima ora: "La mia debolezza è la mia forza" potrebbe essere il motto per entrambi.
Vale l'opposto per le tre grandi famiglie politiche della Prima Repubblica: democristiani, socialisti, comunisti. I baby-boomers hanno qui prodotto solo disastri e nessun erede. Oppure i loro eredi hanno compiuto parabole politiche inaspettate. È successo, per primi, ai democristiani di destra. La loro guida era il già sindaco Raffaele Grimaldi (poi vicino a Giovanardi). Il loro giovane leone si chiamava Filippo Caracciolo. Eletto la prima volta con il Ccd, passò (con la seconda amministrazione Salerno) al centrosinistra con la lista Vivi Barletta, prima, con I Socialisti di Alberto Tedesco, poi. Fino a confluire nel PD diventando consigliere regionale ed esponente di punta dell'area Bersani. Lontano anni luce dalla sua scuola di provenienza. I democristiani di sinistra (dal Ppi all'Asinello, dalla Margherita al PD) hanno una storia più lineare. I baby-boomers sono ancora in prima linea (Maffei e Terrone); ma negli anni due delfini sono emersi. Prima Ruggiero Mennea (anche lui con una parentesi a destra col più noto parente Pietro, candidato Sindaco contro Salerno), poi Enzo Delvecchio. Mennea e Delvecchio che oggi, fatalmente, si trovano su fronti opposti nel PD.
Più tormentata è la storia dei reduci del PSI. Come in quasi tutta Italia, la fine della Prima repubblica ha generato la "diaspora" per i militanti di quel partito. Alcuni si sono collocati immediatamente a destra (in Forza Italia o nel Nuovo PSI di De Michelis); altri sono finiti a destra durante l'era Salerno: è successo a Carpagnano e Cannito, prima, a Pastore poi. Solo con l'operazione Rosa nel pugno sono tornati nell'alveo del centrosinistra. Perdendo, però, in questa parabola, qualsiasi possibilità di passaggio del testimone. Non a caso il nome più accreditato come candidato sindaco del Psi è oggi una delle "vecchie glorie": Cosimo Cannito.
Ma se il centrosinistra è diventato fattore di attrazione per pezzi consistenti della nuova generazione di destra, è responsabilità soprattutto dei 50-70enni ex PCI. Paradigmatico è l'esito dei percorsi di alcuni dei giovani militanti dei DS, partito erede di quella tradizione. I delfini naturali sono stati assassinati dai padri. Salerno, Dicorato e Dambra (alfieri delle rispettive aree del partito) avevano come eredi sicuri: Nicola Defazio, Agostino Cafagna e Fabio Lattanzio. Le cui carriere politiche (e, in due casi su tre, amministrative) si sono concluse assai presto. Ciascuno di questi figli ha ridisegnato il proprio percorso politico in modo anomalo, confuso, incerto. Forse anche perché i Padri erano assai più interessati ad altro. Di alcuni di questi padri il segno, più che nella storia politica della città, è rimasto al catasto, nella zona 167, tra riqualificazioni urbane ed edilizia cooperativa.
Questo vuoto, come ogni vuoto in politica, è stato riempito. E se i maratoneti sono rimasti nella coalizione di appartenenza, molte giovani promesse centometriste del centrodestra sono oggi dentro il PD, alleati o satelliti ad esso (i casi più recenti sono Lanotte e Crudele). Insomma se nel centrodestra alla fine sembra che i 30-40enni siano riusciti a strappare il testimone (nonostante le resistenze dell'unico "anziano": Giovanni Alfarano), nel centrosinistra troppo spesso quel testimone è diventato un pugnale brandito dai padri contro i figli. Non solo non c'è stato alcun parricidio, ma numerosi casi di infanticidi. Nessun Edipo e molti Crono.
Mele, Memeo, Damiani (e con loro anche un altro giovane dirigente del centrodestra, Oronzo Cilli) sono maratoneti. Hanno attraversato quasi indenni un decennio in cui i loro compagni di partito e di coalizione sono finiti tra le braccia del centrosinistra. Possono insomma essere soddisfatti coloro che vengono dal MSI, poi AN; e possono essere soddisfatti, anche se in minor misura, i berlusconiani della prima ora: "La mia debolezza è la mia forza" potrebbe essere il motto per entrambi.
Vale l'opposto per le tre grandi famiglie politiche della Prima Repubblica: democristiani, socialisti, comunisti. I baby-boomers hanno qui prodotto solo disastri e nessun erede. Oppure i loro eredi hanno compiuto parabole politiche inaspettate. È successo, per primi, ai democristiani di destra. La loro guida era il già sindaco Raffaele Grimaldi (poi vicino a Giovanardi). Il loro giovane leone si chiamava Filippo Caracciolo. Eletto la prima volta con il Ccd, passò (con la seconda amministrazione Salerno) al centrosinistra con la lista Vivi Barletta, prima, con I Socialisti di Alberto Tedesco, poi. Fino a confluire nel PD diventando consigliere regionale ed esponente di punta dell'area Bersani. Lontano anni luce dalla sua scuola di provenienza. I democristiani di sinistra (dal Ppi all'Asinello, dalla Margherita al PD) hanno una storia più lineare. I baby-boomers sono ancora in prima linea (Maffei e Terrone); ma negli anni due delfini sono emersi. Prima Ruggiero Mennea (anche lui con una parentesi a destra col più noto parente Pietro, candidato Sindaco contro Salerno), poi Enzo Delvecchio. Mennea e Delvecchio che oggi, fatalmente, si trovano su fronti opposti nel PD.
Più tormentata è la storia dei reduci del PSI. Come in quasi tutta Italia, la fine della Prima repubblica ha generato la "diaspora" per i militanti di quel partito. Alcuni si sono collocati immediatamente a destra (in Forza Italia o nel Nuovo PSI di De Michelis); altri sono finiti a destra durante l'era Salerno: è successo a Carpagnano e Cannito, prima, a Pastore poi. Solo con l'operazione Rosa nel pugno sono tornati nell'alveo del centrosinistra. Perdendo, però, in questa parabola, qualsiasi possibilità di passaggio del testimone. Non a caso il nome più accreditato come candidato sindaco del Psi è oggi una delle "vecchie glorie": Cosimo Cannito.
Ma se il centrosinistra è diventato fattore di attrazione per pezzi consistenti della nuova generazione di destra, è responsabilità soprattutto dei 50-70enni ex PCI. Paradigmatico è l'esito dei percorsi di alcuni dei giovani militanti dei DS, partito erede di quella tradizione. I delfini naturali sono stati assassinati dai padri. Salerno, Dicorato e Dambra (alfieri delle rispettive aree del partito) avevano come eredi sicuri: Nicola Defazio, Agostino Cafagna e Fabio Lattanzio. Le cui carriere politiche (e, in due casi su tre, amministrative) si sono concluse assai presto. Ciascuno di questi figli ha ridisegnato il proprio percorso politico in modo anomalo, confuso, incerto. Forse anche perché i Padri erano assai più interessati ad altro. Di alcuni di questi padri il segno, più che nella storia politica della città, è rimasto al catasto, nella zona 167, tra riqualificazioni urbane ed edilizia cooperativa.
Questo vuoto, come ogni vuoto in politica, è stato riempito. E se i maratoneti sono rimasti nella coalizione di appartenenza, molte giovani promesse centometriste del centrodestra sono oggi dentro il PD, alleati o satelliti ad esso (i casi più recenti sono Lanotte e Crudele). Insomma se nel centrodestra alla fine sembra che i 30-40enni siano riusciti a strappare il testimone (nonostante le resistenze dell'unico "anziano": Giovanni Alfarano), nel centrosinistra troppo spesso quel testimone è diventato un pugnale brandito dai padri contro i figli. Non solo non c'è stato alcun parricidio, ma numerosi casi di infanticidi. Nessun Edipo e molti Crono.