La città
Ricerca sul tumore alla prostata, premiata la barlettana Vincenza Conteduca
Intervista alla promettente ricercatrice dopo il riconoscimento della European Society for Medical Oncology
Barletta - giovedì 5 ottobre 2017
Un talento barlettano riconosciuto a livello internazionale, un orgoglio tutto italiano nella lotta contro il cancro: Vincenza Conteduca, originaria di Barletta, è medico oncologo dell'Istituto Tumori della Romagna Irst Irccs. Dopo esser stata riconosciuta dall'ASCO di Chicago come una delle più promettenti ricercatrici del mondo, la giovane dottoressa ha ritirato il mese scorso a Madrid il premio della European Society for Medical Oncology per i suoi studi sul tumore alla prostata condotti tra Londra e Meldola. Sarà inoltre insignita del premio internazionale "Pugliesi nel Mondo" promosso dall'omonima associazione proprio a Barletta il prossimo 16 dicembre nell'elegante cornice del nostro teatro "Curci".
BarlettaViva ha intervistato la dottoressa Conteduca per conoscere da vicino il suo percorso e porgerle i complimenti per questi prestigiosi riconoscimenti da parte della comunità scientifica internazionale.
Dopo il prestigioso Merit Award assegnatole dalla American Society of Clinica Oncology (ASCO), la Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) ha voluto onorare e riconoscere attraverso l'ambito Best Fellowship Europe il merito per essersi distinta negli studi e nei risultati della ricerca nell'ambito uroginecologico. Quali sono state le scelte che hanno permesso tale autorevole escalation professionale?
«Dopo aver conseguito la laurea in medicina e chirurgia, la specializzazione ed il dottorato di ricerca in Oncologia in Puglia, ho vinto il concorso da Dirigente medico all'Istituto Tumori dell'Emilia Romagna (IRST) a Meldola (FC). Tale ospedale mi ha dato l'opportunità di continuare a combinare l'attività di ricerca a quella clinica e di partecipare nel 2014 alla borsa di studio della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO). Per tre anni ho proseguito la mia ricerca a Londra creando importanti collaborazioni estere che l'anno prossimo mi porteranno a lavorare alla Weill Cornell Medicine University a New York. Quindi la passione per la ricerca, la scelta di grandi Maestri e la disponibilità a spostarmi all'estero credo siano state le basi delle mie esperienze lavorative».
Entrando nel merito della sua ricerca, essa presenta come oggetto di analisi il tumore alla prostata che attualmente si attesta la neoplasia maschile più diffusa nella popolazione italiana. Quali aspetti specifici della fenomenologia del tumore sono emersi dai suoi studi?
«I miei studi nel carcinoma prostatico hanno confermato un ruolo predominante del recettore degli androgeni nella patogenesi di tale tumore. In particolare, il mio gruppo di ricerca ha evidenziato il ruolo prognostico-predittivo di specifiche alterazioni genetiche, quali mutazioni e variazioni del numero di copie, a carico del recettore degli androgeni. Tali alterazioni genetiche sono state studiate in maniera rapida e non invasiva, sequenziando il DNA nel sangue dei pazienti affetti da carcinoma della prostata».
Punto focale degli studi di ricerca è stata l'individuazione di modalità di cura alternative meno invasive. Queste nuove possibilità terapeutiche quale tipo di miglioramento promettono di apportare al paziente in cura?
«I farmaci studiati nella mia ricerca, come in quelle del maggior numero degli studi nel tumore prostatico avanzato, sono quelli ormonali diretti contro la produzione degli androgeni e quindi caratterizzati da una buona efficacia e tollerabilità. Le nuove possibilità terapeutiche saranno sempre più mirate contro specifici target terapeutici evitando la distruzione massiva delle cellule tumorali e no da parte della chemioterapia».
Oggi si ritiene sempre più necessaria una personalizzazione della terapia durante la cura. In che modo le terapie più recenti vanno incontro a tale esigenza?
«Attualmente molti farmaci sono disponibili per il carcinoma prostatico. Le nuove scoperte scientifiche, inclusa quella del mio gruppo di ricerca, permettono una personalizzazione delle terapie in base alla presenza di alterazioni genetiche a carico del recettore degli androgeni e di altri target terapeutici. In molti casi basterebbe un semplice prelievo di sangue prima di ogni trattamento ed un'analisi genetica accurata del DNA per decidere la migliore terapia per il paziente».
Ritiene che la ricerca scientifica in Italia, al di là dell'indiscutibile patrimonio intellettuale di cui gode e di cui lei è testimonianza, detenga gli strumenti per avere un ruolo di guida nella ricerca oncologica a livello internazionale?
«Credo che l'Italia abbia tante potenzialità per competere con gli altri Paesi nel campo della ricerca medica in termini di risorse umane e laboratori di ricerca. Tuttavia, il nostro Paese dovrebbe incentivare i finanziamenti alla ricerca sostenendo le spese legate agli esperimenti soprattutto quelli che prevedono il sequenziamento del DNA (purtroppo molto costosi) e soprattutto supportando i giovani con borse di studio in modo da non avere più necessità di andare all'Estero per veder concretizzati i propri sogni».
BarlettaViva ha intervistato la dottoressa Conteduca per conoscere da vicino il suo percorso e porgerle i complimenti per questi prestigiosi riconoscimenti da parte della comunità scientifica internazionale.
Dopo il prestigioso Merit Award assegnatole dalla American Society of Clinica Oncology (ASCO), la Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) ha voluto onorare e riconoscere attraverso l'ambito Best Fellowship Europe il merito per essersi distinta negli studi e nei risultati della ricerca nell'ambito uroginecologico. Quali sono state le scelte che hanno permesso tale autorevole escalation professionale?
«Dopo aver conseguito la laurea in medicina e chirurgia, la specializzazione ed il dottorato di ricerca in Oncologia in Puglia, ho vinto il concorso da Dirigente medico all'Istituto Tumori dell'Emilia Romagna (IRST) a Meldola (FC). Tale ospedale mi ha dato l'opportunità di continuare a combinare l'attività di ricerca a quella clinica e di partecipare nel 2014 alla borsa di studio della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO). Per tre anni ho proseguito la mia ricerca a Londra creando importanti collaborazioni estere che l'anno prossimo mi porteranno a lavorare alla Weill Cornell Medicine University a New York. Quindi la passione per la ricerca, la scelta di grandi Maestri e la disponibilità a spostarmi all'estero credo siano state le basi delle mie esperienze lavorative».
Entrando nel merito della sua ricerca, essa presenta come oggetto di analisi il tumore alla prostata che attualmente si attesta la neoplasia maschile più diffusa nella popolazione italiana. Quali aspetti specifici della fenomenologia del tumore sono emersi dai suoi studi?
«I miei studi nel carcinoma prostatico hanno confermato un ruolo predominante del recettore degli androgeni nella patogenesi di tale tumore. In particolare, il mio gruppo di ricerca ha evidenziato il ruolo prognostico-predittivo di specifiche alterazioni genetiche, quali mutazioni e variazioni del numero di copie, a carico del recettore degli androgeni. Tali alterazioni genetiche sono state studiate in maniera rapida e non invasiva, sequenziando il DNA nel sangue dei pazienti affetti da carcinoma della prostata».
Punto focale degli studi di ricerca è stata l'individuazione di modalità di cura alternative meno invasive. Queste nuove possibilità terapeutiche quale tipo di miglioramento promettono di apportare al paziente in cura?
«I farmaci studiati nella mia ricerca, come in quelle del maggior numero degli studi nel tumore prostatico avanzato, sono quelli ormonali diretti contro la produzione degli androgeni e quindi caratterizzati da una buona efficacia e tollerabilità. Le nuove possibilità terapeutiche saranno sempre più mirate contro specifici target terapeutici evitando la distruzione massiva delle cellule tumorali e no da parte della chemioterapia».
Oggi si ritiene sempre più necessaria una personalizzazione della terapia durante la cura. In che modo le terapie più recenti vanno incontro a tale esigenza?
«Attualmente molti farmaci sono disponibili per il carcinoma prostatico. Le nuove scoperte scientifiche, inclusa quella del mio gruppo di ricerca, permettono una personalizzazione delle terapie in base alla presenza di alterazioni genetiche a carico del recettore degli androgeni e di altri target terapeutici. In molti casi basterebbe un semplice prelievo di sangue prima di ogni trattamento ed un'analisi genetica accurata del DNA per decidere la migliore terapia per il paziente».
Ritiene che la ricerca scientifica in Italia, al di là dell'indiscutibile patrimonio intellettuale di cui gode e di cui lei è testimonianza, detenga gli strumenti per avere un ruolo di guida nella ricerca oncologica a livello internazionale?
«Credo che l'Italia abbia tante potenzialità per competere con gli altri Paesi nel campo della ricerca medica in termini di risorse umane e laboratori di ricerca. Tuttavia, il nostro Paese dovrebbe incentivare i finanziamenti alla ricerca sostenendo le spese legate agli esperimenti soprattutto quelli che prevedono il sequenziamento del DNA (purtroppo molto costosi) e soprattutto supportando i giovani con borse di studio in modo da non avere più necessità di andare all'Estero per veder concretizzati i propri sogni».