Sergio Ramelli
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Politica

Osservatorio Sergio Ramelli: «Sulla memoria non si tratta. La CGIL ha passato il limite»

La nota sulla questione intitolazioni

«In questi giorni abbiamo assistito all'ennesimo tentativo di riscrivere la storia e sporcare la memoria di un ragazzo ucciso. La CGIL, con dichiarazioni ideologiche e irresponsabili, ha definito "inaccettabile" l'intitolazione di una scuola a Sergio Ramelli». Così l'osservatorio Sergio Ramelli.

«Noi diciamo una cosa chiara: questa è una vergogna civile, ed è un insulto alla verità e alla dignità di una vittima. Sergio Ramelli aveva 18 anni. Era uno studente. È stato massacrato a colpi di chiave inglese perché non la pensava come altri. Punto.

Chi oggi tenta di giustificare, minimizzare o politicizzare questo fatto compie una nuova violenza: trasforma una tragedia umana in terreno di propaganda.

La CGIL si riempie la bocca di "valori costituzionali". La realtà è che ne sta calpestando il primo: la dignità della persona. In una democrazia degna di questo nome, le vittime non si dividono in "giuste" e "sbagliate" a seconda dell'orientamento politico.

Solo una cultura malata e ideologizzata può arrivare a negare rispetto a un ragazzo assassinato. Intitolare una scuola a Sergio Ramelli non è una provocazione. È un atto di civiltà.

È educare i giovani a capire dove porta l'odio politico. È dire, una volta per tutte, che chi uccide per le idee è sempre dalla parte sbagliata della storia.

A chi continua a soffiare sul fuoco dell'intolleranza ideologica diciamo questo: non accettiamo lezioni morali da chi seleziona la memoria, cancella il dolore altrui e pretende pure di sentirsi "custode della democrazia".

La vera divisione la crea chi rifiuta di riconoscere una vittima. La vera vergogna è l'uso politico della memoria.

L'Osservatorio Sergio Ramelli continuerà a difendere questa verità con fermezza e senza arretrare di un millimetro: la memoria di Sergio Ramelli è memoria civile riguarda tutti e non sarà mai messa a tacere da chi preferisce l'ideologia alla verità.

Davanti alla morte violenta di un ragazzo, c'è solo una posizione possibile: rispetto.
Chi non è capace di riconoscerlo, si assume la responsabilità morale e storica delle proprie parole».
  • Osservatorio Sergio Ramelli
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