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Nessuna arrampicata. Gli specchi riflettano la bellezza della nostra città
Lo storico Victor Rivera Magos replica a Renato Russo
Barletta - venerdì 9 aprile 2010
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento dello storico Dott. Victor Rivera Magos in risposta ad una recente nota del Dott. Renato Russo, pubblicata sul nostro giornale.
La nota è reperibile a questo link: «Quando ci si arrampica sugli specchi»
«Mi risulta decisamente riprovevole, ancora una volta, dopo precedenti sollecitazioni fatte in altre sedi editoriali alle quali avevo volutamente evitato risposte per non alimentare sterili polemiche, essere chiamato in causa dai toni "paternalistici" del dott. Renato Russo dopo il suo intervento sulle pagine virtuali di questo stesso sito. Ma a questo punto, anche per contestualizzare al meglio ogni questione, è doveroso un chiarimento, senza alcun livore che non sia puramente intellettuale e sicuramente non orientato contro nessuno, a differenza di quanto mi si accusa ribaltando l'evidenza delle parole scritte.»
«Nel lungo intervento del dott. Russo, scritto di suo pugno e tutto teso a criticare malevolmente poche battute di una intervista rilassata e piacevole alla quale mi ero sottoposto per gli amici di www.barlettalife.it, mi si accusa di offrire «valutazioni di una banalità sconcertante», di offenderlo personalmente (non mi sembra di averlo mai nominato) e di "sproloquiare" su due suoi libri. I libri ai quali il Russo si riferisce sono i due volumi apparsi alcuni anni fa per la sua casa editrice. Si tratta di due volumi meritori, che hanno provato a catalogare la ricchissima messe di notizie inerenti al nostro patrimonio monumentale ecclesiastico. Si va dalle notizie di leggendarie fondazioni religiose perse nei secoli più antichi sino all'incirca ai giorni nostri (i due volumi furono pubblicati tra il 1997 e il 1998). Lavoro meritorio, dunque, e nessuno lo nega. Lavoro tipico della più celebre tradizione erudita cittadina, i cui padri fondatori sono su tutti e senza alcun dubbio Sabino Loffredo, Francesco Saverio Vista e mons. Salvatore Santeramo.»
«E ci tengo a precisare che io stesso ho letto e riletto più volte il lavoro del Russo, valutandone i pregi di una raccolta erudita come quella e, da storico, notandone i difetti metodologici e storiografici. Si tratta di un lavoro, quello del Russo, dunque, che si inserisce nel solco di una tradizione che, come detto, ha ben altri padri fondatori.
Proprio questo è il punto che il Russo non ha evidentemente colto. Nel mio riferimento alle 100 chiese, rispondendo ad una precisa domanda rivoltami da Tommaso Francavilla, non ho minimamente pensato a distruggere il suo lavoro. Ho fatto, invece, riferimento alla "vulgata" di cui lui stesso parla nel suo intervento precedente, secondo la quale Barletta sia la città delle cento chiese. Mi sono cioè limitato a chiarire un concetto, rispondendo a una domanda del cronista. Il quale, non essendo uno sprovveduto nonostante la sua giovane età e incalzando, faceva esplicito riferimento ai volumi del Russo e non solo, ma anche a quelli del Santeramo ("Le chiese distrutte") e forse ai fascicoli del Vista ("Note storiche sulla città di Barletta"), e magari anche agli studi del Damato, del Monterisi e di chissà quanti altri: tutti studi che sono parte fondante della nostra gloriosa, ma datata, tradizione cittadina. Non ho dato dunque una risposta "ad personam" ma mi sono limitato a chiarire che in questi studi, proprio perchè "anziani", non mancano errori di interpretazione spesso incrostatisi nel tempo. Quali errori? Per fugare ogni dubbio sul fatto che non solo possegga i libri di cui siamo a discutere, ma li abbia anche letti più volte, farò un esempio, scusandomi se risulterà pignolo ma sperando possa essere di qualche interesse nel lettore.»
«Il Santeramo, nel I volume del Codice Diplomatico Barlettano, aveva pubblicato un controverso documento del 1172. Si tratta di una pergamena ancora oggi conservata nel nostro importantissimo Archivio Diocesano e che io stesso ho avuto modo di vedere e studiare personalmente. Il Santeramo stesso non era stato in grado di interpretare completamente il documento, illeggibile in diverse parti, e, da persona di profondissima cultura qual era, padrone della lingua latina classica e medievale, si era mantenuto cauto nonostante gli fosse chiaro che gli attori dell'atto giuridico erano tre: il Vescovo di Nazareth in Terra Santa, il suo priore nel Regno di Sicilia, Pietro, e un "procuratore" (una sorta di avvocato) di questi, un tale Quarto di Soler[...], non escludendo che si potesse trattare di un consacrato. La tradizione erudita successiva aveva poi dato per certo che in quel documento si eleggesse il primo priore della chiesa di Nazareth a Barletta in Quarto di Soler[...], con un evidente errore di valutazione. Non solo, ma sia il Damato che lo stesso dott. Russo acuivano quell'errore dando per certo che di Priore si trattasse e addirittura chiamandolo "Pietro Quarto de Soler", fondendo in una sola persona quelle che in realtà erano due, con buona pace della lingua latina e delle sue declinazioni. Questo è solo un esempio di errore dei pure altri che potrei portare e che non porto, non essendo questa la sede. Ci tengo però a sottolineare che bisogna stare attenti a valutarlo come marginale, perchè certe cose si insinuano nella mente delle persone e diventano un mito di difficilissima contestazione, per non parlare dei danni che fanno a livello educativo (se portati ai bambini nelle scuole) e programmatico (se ripresi dalle istituzioni per qualsivoglia progettazione culturale, economica, turistica, formativa).»
«Nel suo intervento inoltre il Russo cita a suo beneplacito alcune "auctoritates" quali i defunti Iorio, Gatto, De Robertis, Fumagalli, oltre a ben altre personalità quali Nigro o D'Angela, fino al nostro carissimo Vescovo, Sua Eccellenza Mons. Michele Seccia, il quale, come risulterà a tutti, pur nel profondissimo senso di affetto e rispetto che gli nutro e pur avendo molto dato in termini culturali a questa nostra città, non è uno storico bensì un insigne e intelligente prelato. Mons. Seccia aveva inoltre evidenziato la necessità di approfondire la questione delle chiese barlettane. Questione, come egli stesso scrive nella prefazione che lo stesso Russo allega al suo intervento, fatta di "convinzioni acquisite" che hanno però «ancora oggi bisogno di un solido sostegno documentario per diventare credibili» (sono parole di Mons. Seccia, non mie). E d'altronde egli stesso aveva cominciato questo percorso di ricerca, prima di essere eletto vescovo, promuovendo incontri e addirittura un importante volume di studi sulla nostra Cattedrale ("Dalla chiesa alla Civitas"), che racchiudeva le relazioni di archeologi, architetti e storici di professione. Dispiace che il Russo non abbia colto questa positiva provocazione, peraltro non da me venuta, ma si sia limitato a leggere quanto riportato in modo funzionale alla propria convinzione.»
«Il Russo, infine, snocciola cifre sulla quantità delle chiese, cittadine e non, succedutesi nella storia di Barletta. Ribadisco: non ne capisco il senso, se si intende polemizzare con me. Piuttosto mi sembra sia giusto, a questo punto, evidenziare ancora una volta quanto di positivo alla nostra città possa venire dal superamento di certe convinzioni, come d'altronde auspicato dalla stessa prefazione di Mons. Seccia. Come? Riaprendo in modo onesto e rigoroso il dibattito sul nostro patrimonio monumentale cittadino (chiese, castello, palazzi, opere d'arte, materiale documentario); coinvolgendo, in un grande e innovativo progetto di ricerca, proprio quelle professionalità di cui avevo parlato (storici, storici dell'arte, archeologi, architetti, operatori della cultura e delle associazioni territoriali). Valorizzare, insomma, le nostre risorse professionali nei diversi campi della conoscenza, come del resto avviene in molte altre città d'arte della nostra bella Italia; posti dove si è compreso che uno dei modi possibili per uscire dalla crisi economica che ci attanaglia, è promuovere i cantieri della cultura, affidandoli a professionisti del settore per farne cantieri di rinascita e traino per molti altri. Immaginate quale positivo ritorno, in termini culturali, economici e turistici potrebbe derivare a Barletta se solo si comprendesse una buona volta che nel Terzo Millennio non possiamo più permetterci di guardare al passato in modo conservatore, ma è necessaria una spinta fresca, giovane, fatta di formazione professionale, per programmare la crescita e la credibilità dell'intero territorio. Come dicevo nell'intervista, ancora una volta sollecitato, le risorse umane, intellettuali, professionali, le abbiamo. Facciamo in modo da considerarle fondamentali, una buona volta, e lasciamo perdere conservatrici e provinciali polemiche infruttuose.»