Territorio
Nel 2050 il pianeta rischia di rimanere a secco
Un'allarmante prospettiva che noi stiamo delineando giorno dopo giorno. «L'acqua è un bene troppo prezioso per obbedire solo alle ragioni del mercato»
Mondo - sabato 31 marzo 2012
La mancanza di acqua nelle aree geografiche più povere ossia l'Asia e l'Africa apre scenari drammatici, perché 789 milioni di persone sopravvivono senza l'accesso all'acqua e il 27% della popolazione urbana del sud del mondo non ha la rete idrica in casa e, quindi, non dispongono dei servizi sanitari. Il futuro non promette niente di buono, se è vero che nei prossimi venti anni, in questa area del pianeta, la popolazione è destinata a raddoppiare.
L'impatto dell'urbanizzazione ormai si fa sentire anche nelle città industrializzate, dove 490 milioni di persone hanno servizi igienici in comune e dove il 38% della crescita della popolazione è concentrato nelle periferie, sprovviste di acqua e servizi. La sfida, più importante, di questo secolo sarebbe quella di fornire acqua a quelle 828 milioni di persone, che oggi vivono nelle baraccopoli, e che, purtroppo, pagano un litro d'acqua fino a 50 volte di più dei loro ricchi vicini, a motivo del fatto che sono costretti a rifornirsi dai privati. Stime, per nulla confortanti, riportano che la popolazione dei quartieri poveri è destinata ad aumentare di 27 milioni di persone all'anno, tanto è vero che c'è chi muore di sete e chi l'acqua può sprecarla, perché si passa da una disponibilità media pro-capite di 425 litri al giorno per un cittadino statunitense ai 10 litri per un abitante del Madacascar; e 237 litri per un italiano e 20 per una intera famiglia africana. In merito, "L'osservatore Romano" ha scritto "che l'acqua è un bene troppo prezioso per obbedire solo alle ragioni del mercato e per essere gestita con un criterio esclusivamente economico e privatistico".
Nei paesi poveri, la mancanza di impianti di depurazione e gli scarichi industriali fuori controllo provocano gravi problemi di salute, per cui la malaria rimane una delle principali cause di morte in molte aree urbane. La gestione degli acquedotti fa acqua da tutte le parti e ne consegue che i livelli di perdita delle reti idriche raggiungono anche il 70%, a cui si aggiunge una non onorevole media italiana del 47%. Gli italiani continuano ad essere, in Europa, i più forti bevitori di acqua minerale con 194 litri a testa, più del doppio della media europea, per un totale di 12,5 miliardi di litri imbottigliati.
Le aziende produttrici gestiscono affari colossali dell'ordine di 2,3 miliardi di euro all'anno, remunerando le Regioni con pochi euro annui per lo sfruttamento di 189 fonti di acqua minerale per 321 marche commercializzate. A livello di bilancio familiare, una famiglia, composta di 4 persone, spende tra 320 e 720 euro all'anno per bere acqua minerale: un bene comune. Il Comitato italiano per un Contratto mondiale dell'acqua ha lanciato l'idea di ricostruire e riattivare nelle città, con la collaborazione delle Amministrazioni comunali, punti d'acqua pubblica come momenti di riscoperta del bene più prezioso, attraverso una campagna per contrastare la tendenza a denigrare l'acqua del rubinetto; a reintrodurre punti di ristoro collettivi per contrastare l'uso di acque minerali e, infine, realizzare nuove fontanelle o erogatori di acqua pubblica anche frizzante da offrire, in maniera gratuita o a prezzi moderati, ai cittadini, sotto forma di gradevoli sorsate.
L'impatto dell'urbanizzazione ormai si fa sentire anche nelle città industrializzate, dove 490 milioni di persone hanno servizi igienici in comune e dove il 38% della crescita della popolazione è concentrato nelle periferie, sprovviste di acqua e servizi. La sfida, più importante, di questo secolo sarebbe quella di fornire acqua a quelle 828 milioni di persone, che oggi vivono nelle baraccopoli, e che, purtroppo, pagano un litro d'acqua fino a 50 volte di più dei loro ricchi vicini, a motivo del fatto che sono costretti a rifornirsi dai privati. Stime, per nulla confortanti, riportano che la popolazione dei quartieri poveri è destinata ad aumentare di 27 milioni di persone all'anno, tanto è vero che c'è chi muore di sete e chi l'acqua può sprecarla, perché si passa da una disponibilità media pro-capite di 425 litri al giorno per un cittadino statunitense ai 10 litri per un abitante del Madacascar; e 237 litri per un italiano e 20 per una intera famiglia africana. In merito, "L'osservatore Romano" ha scritto "che l'acqua è un bene troppo prezioso per obbedire solo alle ragioni del mercato e per essere gestita con un criterio esclusivamente economico e privatistico".
Nei paesi poveri, la mancanza di impianti di depurazione e gli scarichi industriali fuori controllo provocano gravi problemi di salute, per cui la malaria rimane una delle principali cause di morte in molte aree urbane. La gestione degli acquedotti fa acqua da tutte le parti e ne consegue che i livelli di perdita delle reti idriche raggiungono anche il 70%, a cui si aggiunge una non onorevole media italiana del 47%. Gli italiani continuano ad essere, in Europa, i più forti bevitori di acqua minerale con 194 litri a testa, più del doppio della media europea, per un totale di 12,5 miliardi di litri imbottigliati.
Le aziende produttrici gestiscono affari colossali dell'ordine di 2,3 miliardi di euro all'anno, remunerando le Regioni con pochi euro annui per lo sfruttamento di 189 fonti di acqua minerale per 321 marche commercializzate. A livello di bilancio familiare, una famiglia, composta di 4 persone, spende tra 320 e 720 euro all'anno per bere acqua minerale: un bene comune. Il Comitato italiano per un Contratto mondiale dell'acqua ha lanciato l'idea di ricostruire e riattivare nelle città, con la collaborazione delle Amministrazioni comunali, punti d'acqua pubblica come momenti di riscoperta del bene più prezioso, attraverso una campagna per contrastare la tendenza a denigrare l'acqua del rubinetto; a reintrodurre punti di ristoro collettivi per contrastare l'uso di acque minerali e, infine, realizzare nuove fontanelle o erogatori di acqua pubblica anche frizzante da offrire, in maniera gratuita o a prezzi moderati, ai cittadini, sotto forma di gradevoli sorsate.