La città
Luigi Lanotte: l’arte più vera del vero
Barlettano che studia a Firenze presso la prestigiosa Florence Academy. “Il mio sogno è svegliarmi la mattina, dover dipingere e provare piacere per ciò che faccio”
Barletta - domenica 1 settembre 2013
14.18
Luigi Lanotte, giovane artista che rappresenta l'eccellenza made in Barletta trapiantata nella città dell'arte per antonomasia, Firenze. Il suo percorso di crescita, lo ha visto dipingere e disegnare sin da piccolissimo quando stupiva le insegnanti con impressionanti disegni fatti col gesso sulle lavagne. La realtà lo ha portato più volte fuori strada, quando dovendo frequentare un liceo che non gli apparteneva, ha deciso dopo il diploma di intraprendere il mestiere di suo padre, ma dopo aver fatto per cinque anni il muratore, il suo istinto artistico lo ha visto ricominciare da zero per laurearsi e specializzarsi all'Accademia delle Belle Arti di Foggia, dove Vito Cotugno, suo insegnante, gli ha trasmesso la passione e la fiducia per l'arte contemporanea. A trent'anni Luigi ha stupito tutti, perfino se stesso, trasferendosi a Firenze per il sogno dell'arte. La sua arte che viaggia attraverso un percorso di vita malinconico, vivace e incisivo, come il segno impresso sulle tavolozze, un'arte concreta che ancora, sola ma rinvigorita dalle sue lotte, resiste alla devastazione dell'accessibilità informatica, croce e delizia di una società all'avanguardia. Ma di guardia a protezione della sacralità dell'immagine restano il piacere di un lavoro che per Luigi sarebbe un sogno, l'inconsapevolezza dell'enfatico momento artistico e la determinazione nell'estasi di rendere l'immagine più vera del vero nell'oracolare istante creativo.
Qual è stata la ragione che ti ha portato a trasferirti a Firenze?
«La mia scelta è stata dettata da una pura casualità, ero a Firenze e passeggiando di sera per le vie della città, mi ha colpito la vetrina di un negozio, nella quale erano esposte delle opere pittoriche che mi sono sembrate di straordinaria bellezza. Sono entrato per chiedere di chi fossero e la signora che gestiva l'attività mi ha informato che gli autori dei quadri erano i giovani studenti della Florence Academy, una delle più costose e prestigiose al mondo. Personalmente non conoscevo l'accademia e l'ostacolo dell'elevato costo degli studi, dei quali poi mi sono subito informato, ha costituito il primo tassello da risolvere, per la realizzazione del mio più grande sogno».
Cosa credi che possano trasmettere i tuoi quadri?
«Nel percorso precedente a quello accademico, credo che i miei quadri siano stati molto drammatici, sia dal punto di vista della tavolozza che dei segni; da un groviglio d'insieme riuscivo a estrapolare immagini talvolta anche inconsapevoli, non belle, tra cui mostri e arpie. I miei lavori accademici invece mantengono una sorta di alone di cupezza rientrando però nella limitatezza dei canoni di studio che approfondiamo in accademia, tra cui il contrasto tra luce massima e nero estremo. Quando mi lascio andare nei miei lavori riscontro sempre una nota malinconica, anche nel semplice taglio paesaggistico».
Riusciresti a individuare, tra i lavori che hai realizzato sino ad ora, il quadro che maggiormente ti rappresenta?
«Il lavoro in cui maggiormente mi rispecchio è una "Natura morta". Sono stato rapido nella sua realizzazione, utilizzando una tecnica "forte", ho raggiunto dei contrasti e dei volumi che raramente si raggiungono in poco tempo. Ho provato piacere nella sua esecuzione. La tela rappresenta un dialogo tra me artista, individuato dal disegno di tavolozza, pennelli e colori, e il mio maestra di vita e arte: Rembrandt. Per me egli è l'artista per eccellenza, che ho voluto rappresentare su un volume impresso dalla pittura al centro della mia opera. Tra gli altri miei preferiti sicuramente si colloca un lavoro che ho mandato in concorso a Barcellona, raffigurante un giovane monaco. Il disegno si rifà ai canoni classici e mi trasmette una forte sensazione, dovuta sicuramente alla mia inconsapevolezza emozionale nel momento d'esecuzione».
Cosa provi mentre dipingi?
«Provo piacere. In quel momento, isolandomi, vorrei solo immortalare il soggetto che ho davanti agli occhi, disegnando e dipingendo dal vivo, ciò che desidero è rendere l'immagine più vera del vero. Attraverso l'esasperazione di determinati dettagli sia tecnici che espressivi, entrando nelle viscere del soggetto credo che l'artista debba donare la bellezza dell'arte al pubblico che lo onorerà di guardare le sue opere».
Credi che il tuo possa trasformarsi in un vero e proprio lavoro?
«Il mio sogno è svegliarmi la mattina e dover dipingere, essere felice di ciò che faccio. Sto lavorando sodo alla realizzazione di tutto ciò. La realtà però passa sempre a riscuotere il suo dazio, anche un artista ha bisogno di denaro per realizzare la sua arte. Colori, pennelli e tele richiedono grandi spese, io desidero solo di poter essere autonomo nell'acquisto dei miei strumenti, senza grandi pretese».
Cosa progetti per il futuro?
«Nel futuro prossimo ho programmato la realizzazione di una mostra che si terrà a settembre a Barletta, con la collaborazione di un mio grande amico che ne sarà il curatore, Roberto Garribba. Lui è stato il primo, con la sua sensibilità, a motivarmi e darmi carica nella città in cui sono nato e cresciuto, credendo fortemente in me, molto più di me stesso. Sarà la mia prima personale nella città di Barletta, vi sarà presentato il mio percorso di evoluzione artistica, passando attraverso il nudo, il gesso, gli interni, nature morte, tra diversi temi e colori. Di contro a tutte le opposizioni che ho incontrato nella mia città, in cui molti credono che il lavoro debba essere solo ed esclusivamente fatica, io sono del parere che il lavoro debba essere anche e soprattutto piacere. Linfa vitale del mio mestiere è proprio provare piacere per ciò che si fa».
Qual è stata la ragione che ti ha portato a trasferirti a Firenze?
«La mia scelta è stata dettata da una pura casualità, ero a Firenze e passeggiando di sera per le vie della città, mi ha colpito la vetrina di un negozio, nella quale erano esposte delle opere pittoriche che mi sono sembrate di straordinaria bellezza. Sono entrato per chiedere di chi fossero e la signora che gestiva l'attività mi ha informato che gli autori dei quadri erano i giovani studenti della Florence Academy, una delle più costose e prestigiose al mondo. Personalmente non conoscevo l'accademia e l'ostacolo dell'elevato costo degli studi, dei quali poi mi sono subito informato, ha costituito il primo tassello da risolvere, per la realizzazione del mio più grande sogno».
Cosa credi che possano trasmettere i tuoi quadri?
«Nel percorso precedente a quello accademico, credo che i miei quadri siano stati molto drammatici, sia dal punto di vista della tavolozza che dei segni; da un groviglio d'insieme riuscivo a estrapolare immagini talvolta anche inconsapevoli, non belle, tra cui mostri e arpie. I miei lavori accademici invece mantengono una sorta di alone di cupezza rientrando però nella limitatezza dei canoni di studio che approfondiamo in accademia, tra cui il contrasto tra luce massima e nero estremo. Quando mi lascio andare nei miei lavori riscontro sempre una nota malinconica, anche nel semplice taglio paesaggistico».
Riusciresti a individuare, tra i lavori che hai realizzato sino ad ora, il quadro che maggiormente ti rappresenta?
«Il lavoro in cui maggiormente mi rispecchio è una "Natura morta". Sono stato rapido nella sua realizzazione, utilizzando una tecnica "forte", ho raggiunto dei contrasti e dei volumi che raramente si raggiungono in poco tempo. Ho provato piacere nella sua esecuzione. La tela rappresenta un dialogo tra me artista, individuato dal disegno di tavolozza, pennelli e colori, e il mio maestra di vita e arte: Rembrandt. Per me egli è l'artista per eccellenza, che ho voluto rappresentare su un volume impresso dalla pittura al centro della mia opera. Tra gli altri miei preferiti sicuramente si colloca un lavoro che ho mandato in concorso a Barcellona, raffigurante un giovane monaco. Il disegno si rifà ai canoni classici e mi trasmette una forte sensazione, dovuta sicuramente alla mia inconsapevolezza emozionale nel momento d'esecuzione».
Cosa provi mentre dipingi?
«Provo piacere. In quel momento, isolandomi, vorrei solo immortalare il soggetto che ho davanti agli occhi, disegnando e dipingendo dal vivo, ciò che desidero è rendere l'immagine più vera del vero. Attraverso l'esasperazione di determinati dettagli sia tecnici che espressivi, entrando nelle viscere del soggetto credo che l'artista debba donare la bellezza dell'arte al pubblico che lo onorerà di guardare le sue opere».
Credi che il tuo possa trasformarsi in un vero e proprio lavoro?
«Il mio sogno è svegliarmi la mattina e dover dipingere, essere felice di ciò che faccio. Sto lavorando sodo alla realizzazione di tutto ciò. La realtà però passa sempre a riscuotere il suo dazio, anche un artista ha bisogno di denaro per realizzare la sua arte. Colori, pennelli e tele richiedono grandi spese, io desidero solo di poter essere autonomo nell'acquisto dei miei strumenti, senza grandi pretese».
Cosa progetti per il futuro?
«Nel futuro prossimo ho programmato la realizzazione di una mostra che si terrà a settembre a Barletta, con la collaborazione di un mio grande amico che ne sarà il curatore, Roberto Garribba. Lui è stato il primo, con la sua sensibilità, a motivarmi e darmi carica nella città in cui sono nato e cresciuto, credendo fortemente in me, molto più di me stesso. Sarà la mia prima personale nella città di Barletta, vi sarà presentato il mio percorso di evoluzione artistica, passando attraverso il nudo, il gesso, gli interni, nature morte, tra diversi temi e colori. Di contro a tutte le opposizioni che ho incontrato nella mia città, in cui molti credono che il lavoro debba essere solo ed esclusivamente fatica, io sono del parere che il lavoro debba essere anche e soprattutto piacere. Linfa vitale del mio mestiere è proprio provare piacere per ciò che si fa».