Mons. Lorenzo D'Ascenzo. <span>Foto Mario Sculco</span>
Mons. Lorenzo D'Ascenzo. Foto Mario Sculco
Religioni

Le parole dell’Arcivescovo a Barletta durante la liturgia del rinnovo del voto del 1656

Il testo della liturgia svoltasi la sera del venerdì santo nella Concattedrale

«Nel 1656, il Sindaco e gli amministratori del tempo affidarono la città di Barletta, colpita dalla peste, alla protezione del Santissimo Sacramento, a Gesù presente nel pane consacrato, con un voto, una solenne processione eucaristico penitenziale. Le fonti narrano che nella notte tra il giovedì e il venerdì santo quando la processione era arrivata all'altezza di Via Romania, un'abbondante nevicata rumanett (da questo termine dialettale deriva via Romania), segnò la fine della pestilenza.

Da allora la città di Barletta, come anche noi questo pomeriggio, ogni anno rinnova il voto. Chiediamo al Signore che ci aiuti a superare presto questo momento di crisi conseguenza della pandemia. Ognuno, poi, chieda l'intervento di Gesù, realmente presente nell'eucaristia, nell'ostia consacrata, perché cessino le varie pestilenze, i peccati, le chiusure, le cattiverie e ogni mancanza di vita in questo nostro tempo (breve momento di preghiera personale, silenziosa).

Quest'anno non possiamo vivere la processione eucaristico penitenziale lungo le strade di Barletta. In qualche modo siamo costretti a rimanere in chiesa, collegati con tante persone che stanno partecipando dalle loro case. Colgo l'occasione per salutare tutti, in modo particolare i malati. Questa situazione mi ha richiamato alla mente don Tonino Bello che, commentando le parole di Gesù ascoltate proprio ieri sera nel vangelo della Messa in Coena Domini, "anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri", così diceva: "… la prima attenzione, non tanto in ordine di tempo quanto in ordine di logica, dobbiamo esprimerla all'interno delle nostre comunità, servendo i fratelli e lasciandoci servire da loro … Ma prima ancora di coloro che ordinariamente stazionano fuori del cenacolo, ci sono coloro che condividono con noi la casa, la mensa, il tempio. Solo quando hanno asciugato le caviglie dei fratelli, le nostre mani potranno fare miracoli sui polpacci degli altri senza graffiarli. E solo quando sono stati lavati da una mano amica, i nostri calcagni potranno muoversi alla ricerca degli ultimi senza stancarsi".

È come se Gesù, questa volta, volesse ricordarci di testimoniarlo fuori della chiesa non prima di esserci impegnati nel testimoniare una vera comunione tra di noi dentro la chiesa: comunità parrocchiali, gruppi, associazioni, famiglie ... Lavarci i piedi gli uni gli altri, perdonarci, prenderci cura reciprocamente, stimarci, rispettarci, sentirci e vivere come fratelli, sono atti necessari se vogliamo essere chiesa in uscita, se vogliamo che la nostra testimonianza sia credibile ed efficace! Prendiamolo come impegno, lavarci i piedi gli uni gli altri. La processione del prossimo anno, fuori della chiesa, sarà ancora di più autentica testimonianza del nostro essere veramente chiesa, veramente famiglia.
Momenti come questo ci uniscono. Momenti come questo devono unirci. Momenti come questo non possiamo sprecarli. Lasciamo che il Signore faccia di tutti noi una comunità di fratelli. Gli strumenti che ci ha consegnato la Quaresima, digiuno, preghiera ed elemosina, siano un prezioso aiuto nell'aprire il cuore alla misericordia di Dio e farla, poi, circolare tra di noi.

Come già dicevo ieri mattina alla Messa crismale, impegniamoci ad alleggerire la nostra città e la nostra comunità ecclesiale, dai pesi e dalle barriere quali l'indifferenza che porta a non prendersi cura degli altri, a rimanere chiusi in se stessi pensando solo al proprio interesse; l'arroganza che fa dimenticare la necessità di camminare insieme e porta a credere che sia giusto seguire la strada dell'isolamento, della resistenza passiva che crea confusione e diventa sottrazione ai propri doveri di cittadini e di cristiani; la mancanza di umiltà che ci fa credere di essere i migliori, possessori unici della verità, la nostra, da imporre agli altri; le immaturità che ci lasciano nei tanti infantilismi del chiacchiericcio, della lamentela, della indisponibilità di fatto all'accoglienza di ciò che Dio ci chiede: essere fratelli tutti!

Tutti insieme, sacerdoti, diaconi, consacrati, fedeli laici, chiediamo al Signore che per noi è morto ed è risorto, che ha sconfitto la morte e ribaltato il pesante masso che chiudeva il sepolcro, di aiutarci a vincere le situazioni di morte in cui ci troviamo, e a rimuovere le pesanti pietre che ostacolano, a volte impediscono, alla nostra comunità civile ed ecclesiale, e a ciascuno di noi, di vivere in pienezza la gioia e tutti i doni che Lui desidera offrirci.

Sono tanti i semi e i profumi di risurrezione, di vita nuova che, in questo tempo, abbiamo imparato a riconoscere e a stimare, come ci ricordano i nostri Orientamenti Pastorali: apprezzamento per la vita, consapevolezza del limite e della fragilità che ci caratterizza, essenzialità, solidarietà, riconoscenza e gratitudine per chi si spende per gli altri, relazioni oltre il virtuale, riappropriazione della fede nel quotidiano, desiderio di chiese aperte e di spiritualità, dono di sé, fino a dare la propria vita per il prossimo. Sentiamoci tutti chiamati a spargere a piene mani questi semi e profumi di risurrezione, condizione per una nuova e abbondante nevicata fatta di doni che solo Gesù, il risorto, può offrire per il bene nostro, della chiesa e del mondo intero».
  • Arcivescovo Don Leonardo D'Ascenzo
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