La città
Le edicole chiudono anche a Barletta. Così si impoverisce la città
La riflessione di Michele Grimaldi, direttore dell'Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani
Barletta - domenica 14 agosto 2022
12.55
È innegabile, ma quando un'edicola chiude tutto diventa più triste. Si fa triste la strada, il quartiere, la città. È una tristezza che si espande come le onde magnetiche e penetra nella mente e nel cuore di ogni persona che reputa la cultura "ancora" parte vitale di una comunità. Un'edicola che chiude ti addolora quasi come quando scompare una persona cara, quando vedi un albero bruciato, un bambino picchiato o come succede in questi giorni, i miseri resti del clandestino che cercava un avvenire migliore.
Nei giorni scorsi ha cessato l'attività la gloriosa cartolibreria "Dicandia" di Massimo Mininni, ultima in ordine di tempo dopo quelle di Curci in via D'Aragona, l'edicola storica sita nella villa della Stazione e quella di via Alvisi. Praticamente una emorragia inarrestabile! Proprio qualche mese fa, in un incontro pubblico che aveva come tema "Uffici e imprese sorprese d'archivio", dissertavo su come l'attuale conformazione commerciale del panorama editoriale italiano stesse provocando, tra le altre cose, la nemmeno troppo lenta e inesorabile "estinzione" delle antiche librerie, piccole e grandi, spesso presenti nelle nostre città come nei comuni più piccoli, simbolo di una passione professionale (e non solo) per i libri e la letteratura, che le regole del consumismo contemporaneo, le quali hanno ormai intaccato anche il mercato editoriale, non contemplano più come elemento di valore. Permettetemi di offrirvi uno spunto, su cui discutere, relativamente alla chiusura della storica edicola di corso Garibaldi che sarebbe passata sotto silenzio se qualcuno non avesse puntato la lente di ingrandimento su questo terribile vulnus creato alla cultura barlettana e non solo. Si è dissertato sul fatto che la scomparsa di un'edicola, che io reputo, non sbagliando, essere un luogo di cultura, non crea alcuna tristezza nella Città e che anzi non le fa né freddo e né caldo. E ancora, il rapporto causa effetto scatenato dalla chiusura di un luogo di cultura non è: "scomparsa edicola = diminutio cultura collettiva" bensì il contrario… In poche parole siamo una popolazione di illetterati i quali, in quanto tali, non sanno neanche compitare la parola "libro"!
Scusatemi ma non posso in alcun modo pensare che questa indifferenza mista a masochistica indolenza culturale, sia propria di una Città come Barletta che di Storia e Cultura ne ha veramente tanta. Tanto meno posso accettare di buon grado, neanche tappandomi il naso come fece il compianto Indro Montanelli, la nouvelle vague della cultura della porchetta che permette la sopravvivenza di alcuni luoghi o attività solo perché in questi si è pensato di "…diversificare il prodotto che offrono nel senso che si va dalla cartoleria alle vetrine con i regali, dalla caffetteria ai prodotti gastronomici di nicchia ed alternativi".
Eccola li, ritorna prepotente la porchetta in tutto il suo splendore culturale! Si potrebbe ribattere che la porchetta è un ottimo traino per far conoscere capolavori della cultura ma, siamo sicuri che dopo essersi abbondantemente rifocillati e riempiti la pancia, nella stessa quantità, si sia riempita anche la mente? La vedo abbastanza irrealistica come possibilità e il tutto sarebbe facilmente verificabile chiedendo agli avventori, appena fuori il locale e soprattutto se ancora lucidi, chi fosse l'autore del libro e di che cosa trattasse.
Tutto questo mi provoca ovviamente tristezza non per il fatto che " … quel luogo per anni, decenni, per generazioni è stato un punto di riferimento, un luogo frequentato e partecipato" bensì per il cruciale motivo che a scomparire è un luogo che dava la possibilità a tutti di essere meno "ignoranti" ( nel senso letterario di ignorare/non conoscere). E mi permetto, sommessamente, di omologare al mio pensiero quello di gran parte della cittadinanza barlettana che si è sempre distinta per la elevata qualità culturale che le ha permesso fregiarsi di menti apprezzate in Italia ed all'estero, arrivate alla sommità delle loro carriere professionali non certo ignorando la cultura e di conseguenza i libri.
Insomma, le edicole e la cultura sono un bene che deve servire in primo luogo alla cittadinanza (messaggio velato all'Amministrazione comunale), deve generare un valore finalizzato ad accrescere il capitale culturale (e non il peso corporeo), che non è fatto solo di beni materiali ma anche e soprattutto, di beni immateriali, buona parte dei quali si condensa nella testa, nella memoria, nella capacità dei cittadini. Quanti più cittadini affollano librerie, suonano, dipingono, visitano musei, scrivono, ascoltano musica, tanto più alto è il patrimonio di una città.
Dopo aver detto tutto questo, se le edicole continueranno a chiudere, succederà che non sarà più possibile vendere nemmeno quelle "misere" 100 copie di giornali, riviste e così via. A dirla sinceramente, mi accontenterei anche di 10 copie perché vorrebbe dire che qualcuno ancora riesce a comprendere l'importanza della stampa e di chi la vende. E come per i panda griderò sempre "Salvate le edicole!"
Michele Grimaldi
Direttore Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani
Nei giorni scorsi ha cessato l'attività la gloriosa cartolibreria "Dicandia" di Massimo Mininni, ultima in ordine di tempo dopo quelle di Curci in via D'Aragona, l'edicola storica sita nella villa della Stazione e quella di via Alvisi. Praticamente una emorragia inarrestabile! Proprio qualche mese fa, in un incontro pubblico che aveva come tema "Uffici e imprese sorprese d'archivio", dissertavo su come l'attuale conformazione commerciale del panorama editoriale italiano stesse provocando, tra le altre cose, la nemmeno troppo lenta e inesorabile "estinzione" delle antiche librerie, piccole e grandi, spesso presenti nelle nostre città come nei comuni più piccoli, simbolo di una passione professionale (e non solo) per i libri e la letteratura, che le regole del consumismo contemporaneo, le quali hanno ormai intaccato anche il mercato editoriale, non contemplano più come elemento di valore. Permettetemi di offrirvi uno spunto, su cui discutere, relativamente alla chiusura della storica edicola di corso Garibaldi che sarebbe passata sotto silenzio se qualcuno non avesse puntato la lente di ingrandimento su questo terribile vulnus creato alla cultura barlettana e non solo. Si è dissertato sul fatto che la scomparsa di un'edicola, che io reputo, non sbagliando, essere un luogo di cultura, non crea alcuna tristezza nella Città e che anzi non le fa né freddo e né caldo. E ancora, il rapporto causa effetto scatenato dalla chiusura di un luogo di cultura non è: "scomparsa edicola = diminutio cultura collettiva" bensì il contrario… In poche parole siamo una popolazione di illetterati i quali, in quanto tali, non sanno neanche compitare la parola "libro"!
Scusatemi ma non posso in alcun modo pensare che questa indifferenza mista a masochistica indolenza culturale, sia propria di una Città come Barletta che di Storia e Cultura ne ha veramente tanta. Tanto meno posso accettare di buon grado, neanche tappandomi il naso come fece il compianto Indro Montanelli, la nouvelle vague della cultura della porchetta che permette la sopravvivenza di alcuni luoghi o attività solo perché in questi si è pensato di "…diversificare il prodotto che offrono nel senso che si va dalla cartoleria alle vetrine con i regali, dalla caffetteria ai prodotti gastronomici di nicchia ed alternativi".
Eccola li, ritorna prepotente la porchetta in tutto il suo splendore culturale! Si potrebbe ribattere che la porchetta è un ottimo traino per far conoscere capolavori della cultura ma, siamo sicuri che dopo essersi abbondantemente rifocillati e riempiti la pancia, nella stessa quantità, si sia riempita anche la mente? La vedo abbastanza irrealistica come possibilità e il tutto sarebbe facilmente verificabile chiedendo agli avventori, appena fuori il locale e soprattutto se ancora lucidi, chi fosse l'autore del libro e di che cosa trattasse.
Tutto questo mi provoca ovviamente tristezza non per il fatto che " … quel luogo per anni, decenni, per generazioni è stato un punto di riferimento, un luogo frequentato e partecipato" bensì per il cruciale motivo che a scomparire è un luogo che dava la possibilità a tutti di essere meno "ignoranti" ( nel senso letterario di ignorare/non conoscere). E mi permetto, sommessamente, di omologare al mio pensiero quello di gran parte della cittadinanza barlettana che si è sempre distinta per la elevata qualità culturale che le ha permesso fregiarsi di menti apprezzate in Italia ed all'estero, arrivate alla sommità delle loro carriere professionali non certo ignorando la cultura e di conseguenza i libri.
Insomma, le edicole e la cultura sono un bene che deve servire in primo luogo alla cittadinanza (messaggio velato all'Amministrazione comunale), deve generare un valore finalizzato ad accrescere il capitale culturale (e non il peso corporeo), che non è fatto solo di beni materiali ma anche e soprattutto, di beni immateriali, buona parte dei quali si condensa nella testa, nella memoria, nella capacità dei cittadini. Quanti più cittadini affollano librerie, suonano, dipingono, visitano musei, scrivono, ascoltano musica, tanto più alto è il patrimonio di una città.
Dopo aver detto tutto questo, se le edicole continueranno a chiudere, succederà che non sarà più possibile vendere nemmeno quelle "misere" 100 copie di giornali, riviste e così via. A dirla sinceramente, mi accontenterei anche di 10 copie perché vorrebbe dire che qualcuno ancora riesce a comprendere l'importanza della stampa e di chi la vende. E come per i panda griderò sempre "Salvate le edicole!"
Michele Grimaldi
Direttore Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani