Cronaca
La vedova del barista Tupputi: "Io dimenticata dalle istituzioni"
“Ho dovuto scegliere se far seguire mia figlia o me dalla psicologa"
Barletta - martedì 11 aprile 2023
19.14
"Non sono una di quelle persone che si aggrappa, che vuole qualcosa però, essere dimenticata così non è bello e non è giusto". Sono le parole di Giusy Musti vedova del 43enne Giuseppe Tupputi, il barista ucciso esattamente un anno fa a Barletta, all'interno del bar Morrison di cui era titolare. Per il delitto è stato rinviato a giudizio, con le accuse di omicidio volontario, porto abusivo di arma da fuoco e violazione della sorveglianza speciale, il 33enne barlettano reo confesso Pasquale Rutigliano. Il processo inizierà il 12 maggio prossimo dinanzi alla Corte di assise di Trani. Il presunto autore dell'omicidio "ha tutto a sua disposizione - evidenzia la donna -: consulenze, visite specialistiche e psicologiche. Invece noi, siamo rimasti sempre all'angolo senza che nessuno abbia mai alzato il telefono per dire 'Giusy come va ti serve una mano?'".
Aggiunge affranta: "Io, purtroppo, ho dovuto scegliere se far seguire mia figlia o me dalla psicologa, perché certe spese non me le posso permettere. E ho deciso di aiutare la mia bambina". La donna, madre di due figli, ha raccontato di aver "sentito l'affetto della città", ma non "quella delle istituzioni", "che non hanno avuto alcun ruolo", e di chi mi dovrebbe proteggere", se non "nei primi momenti" quando "mi hanno chiamata. Poi, il nulla". Per la famiglia Tupputi è stato "un anno difficile, vuoto, che è passato velocemente tra tristezza e solitudine".
"Ricordo che quel pomeriggio maledetto non ho raggiunto al bar mio marito, perché mio figlio aveva troppi compiti. Gli ho mandato un messaggio per avvisarlo, il solito messaggio a cui non ha risposto, perché gli è stato inviato nell'esatto momento il suo cuore ha smesso di dibattere".
Aggiunge affranta: "Io, purtroppo, ho dovuto scegliere se far seguire mia figlia o me dalla psicologa, perché certe spese non me le posso permettere. E ho deciso di aiutare la mia bambina". La donna, madre di due figli, ha raccontato di aver "sentito l'affetto della città", ma non "quella delle istituzioni", "che non hanno avuto alcun ruolo", e di chi mi dovrebbe proteggere", se non "nei primi momenti" quando "mi hanno chiamata. Poi, il nulla". Per la famiglia Tupputi è stato "un anno difficile, vuoto, che è passato velocemente tra tristezza e solitudine".
"Ricordo che quel pomeriggio maledetto non ho raggiunto al bar mio marito, perché mio figlio aveva troppi compiti. Gli ho mandato un messaggio per avvisarlo, il solito messaggio a cui non ha risposto, perché gli è stato inviato nell'esatto momento il suo cuore ha smesso di dibattere".