
La città
La Città Pedagogica, ascoltarla per conoscerla
di Giuseppe Lagrasta, scrittore e saggista
Barletta - domenica 30 novembre 2025
"All'interno delle città complesse – sostiene il Prof. Giuseppe Lagrasta – convivono altre città ma invisibili, che contribuiscono a dar vita alla Città pedagogica, ovvero la città educativa che promuove il sistema formativo, formale, informale e non formale e che partecipa alla vita della società complessa, con una sua azione sociale sistemica, creativa e performante. E la Città pedagogica – continua il Prof. Lagrasta - nonostante sia irradiata da luci di giovani, responsabili e combattivi, risulta sempre una città che ha bisogno di luci ulteriori, in continuità con la luce naturale che viene dal sole e dal mare e dalle antiche pietre di case, castelli, di strade, di chiese e cattedrali e che risplendono negli occhi delle cittadine e dei cittadini che credono in un cambiamento efficace ed efficiente del contesto."
E la città di Barletta, come le altre città complesse, ha bisogno di essere continuamente illuminata, da una scintilla di luce culturale, creativa, ideativa e performativa, comunque, attraversata dalle immagini vivide della filosofia dell'educazione, nel rispetto dell'inclusione, della resilienza, della cultura della relazionale interpersonale e di una comunicazione intergenerazionale efficace. E alla progettazione sistemica educativa, pedagogica e formativa di una città occorre ridare cura e attenzione alle energie intergenerazionali che di continuo si disperdono, e che dovranno essere sostenute da strategie culturali, pedagogiche e formative reticolari, operanti mediante il sistema formativo integrato: formale, non formale e informale. Ecco, che focalizzando le strategie di ricerca azione territoriali si potranno ritrovare le energie per rinforzare la luce formativa che accenda il dialogo e l'ascolto, ma anche il consolidamento di una visione per la cultura dell'ambiente e la cultura della legalità, ma anche per la cultura del tempo libero, del gioco e della creatività, con una prospettiva, proattiva e performante.
E in questa relazione di progettualità culturale, umana e umanante, con il pensiero costruttivo rivolto ai più fragili, ai più giovani in cerca di un futuro più motivante e denso di soddisfazioni, che la comunità dovrà operare indirizzando maggiormente, in una prospettiva d'innovazione, risorse economiche e culturali per il consolidamento di una Città pedagogica intergenerazionale, impegnata nel fare rete tra le istituzioni scolastiche e formative, le amministrazioni, le associazioni di volontariato, le comunità parrocchiali e le associazioni che si dedicano all'educazione sportiva e del tempo libero.
Non è semplice creare una rete di sistemi comunicativi interattivi, interistituzionali, funzionali ad una progettazione sistemico-formativa territoriale, ma occorre provarci e rappresentarsi, a livello organizzativo, la Città pedagogica con la metafora-madre di un albero, con le radici, metafore della vita familiare e della comunità cittadina, tutta; con il tronco che indica la forza intensa delle istituzioni, e i rami, a loro volta, tesi a raccordare la vita interistituzionale cittadina (intreccio tra città visibile e città invisibile), sostenendo le foglie, figure che descrivono migliaia e migliaia di cittadini e cittadini, tra piccini, giovani, adulti e anziani, che avvinghiati come foglie ai rami (case, biblioteche, teatri, spazi del tempo libero, spazi culturali), anche in pieno autunno, resilienti, lottano per non cadere su un terreno di sabbie mobili.
La Città pedagogica non si immagina come un'isola felice, come luogo panoramico e paradisiaco; la città pedagogica (fatta di istituzioni scolastiche, e associazioni di volontariato e comunità parrocchiali, biblioteche di quartiere) crede nella resilienza continua, quando vi è il lavoro, quando vi è istruzione, educazione e formazione, quando il malessere sociale non si trasforma in disagio esistenziale, che trova, peraltro, terreno fertile con problematiche legate alla stessa sicurezza integrata delle cittadine e dei cittadini.
La Città pedagogica che vorremmo condividere, crediamo, debba essere arricchita da buone pratiche di testimonianze di etica responsabile e di una programmazione progettuale condivisa per poter conseguire risultati tesi all'innovazione di prospettive finalizzate alla crescita delle giovani generazioni, intercettando i loro bisogni e le loro necessità, tra attenzione e cultura solidale, in una società dispersiva che vive di "memoria breve".
Scriveva Calvino nel 1972, nell'ultima pagina de "Le Città Invisibili": "L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
La prospettiva calviniana della città infernale, è una metafora complessa che sprigiona una serie di interrogativi sia di carattere etico, sociale e di investigazione del reale, sia di carattere organizzativo e di progettazione formativa territoriale inter-istituzionale. Abitiamo città complesse, sopraffatte da non luoghi (i "non-luoghi" indicati da Marc Augé si riferiscono ad ambienti anonimi, provvisori, e privi di identità, storia o rapporti significativi, tipici della società contemporanea. Testimonianze di non-luoghi sono, le autostrade, gli aeroporti, i centri commerciali, le catene alberghiere e mezzi di trasporto come treni e aerei), e quindi dobbiamo educarci, insieme, e con le giovani generazioni, ad approfondire questi temi e problemi legati alla vita quotidiana e alle relazioni cruciali e conflittuali, stimolate dai contesti complessi.
La letteratura ecologica di Italo Calvino, sostiene lo sviluppo del pensiero critico e la crescita dell'immaginazione e del pensiero riflessivo, strumenti di apprendimento continuo per la conquista del pensiero critico, consolidato all'interno delle relazioni con il passato, il presente, la vita quotidiana e il tempo del futuro che è già presente, in sé e per sè. Per questi motivi, lo sviluppo e la crescita culturale, in una Città pedagogica, risultano leve competenti per le cittadine e i cittadini, quando collaborano con le istituzioni, e le sentono vicine; quando operano in funzione di un modello di Città pedagogica partecipata e coinvolgente; quando muovono passi progettuali per la rifondazione di una Città pedagogica ad alto potenziale creativo, capace di dare ossigeno a una città poetica, civile e dinamica; quando la forza della partecipazione risulti alla portata di tutti per consolidare la crescita e lo sviluppo di una città solidale, illuminata dalla luce pregevole della cittadinanza attiva e dell'etica delle responsabilità.
Nota di lettura
M. Augè, Non Luoghi, Eléuthera, Milano, 2018;
I. Calvino, Le Città Invisibili, Mondadori, Milano, 2023;
E. Morin, I Sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001.
© Tutti i diritti riservati
E la città di Barletta, come le altre città complesse, ha bisogno di essere continuamente illuminata, da una scintilla di luce culturale, creativa, ideativa e performativa, comunque, attraversata dalle immagini vivide della filosofia dell'educazione, nel rispetto dell'inclusione, della resilienza, della cultura della relazionale interpersonale e di una comunicazione intergenerazionale efficace. E alla progettazione sistemica educativa, pedagogica e formativa di una città occorre ridare cura e attenzione alle energie intergenerazionali che di continuo si disperdono, e che dovranno essere sostenute da strategie culturali, pedagogiche e formative reticolari, operanti mediante il sistema formativo integrato: formale, non formale e informale. Ecco, che focalizzando le strategie di ricerca azione territoriali si potranno ritrovare le energie per rinforzare la luce formativa che accenda il dialogo e l'ascolto, ma anche il consolidamento di una visione per la cultura dell'ambiente e la cultura della legalità, ma anche per la cultura del tempo libero, del gioco e della creatività, con una prospettiva, proattiva e performante.
E in questa relazione di progettualità culturale, umana e umanante, con il pensiero costruttivo rivolto ai più fragili, ai più giovani in cerca di un futuro più motivante e denso di soddisfazioni, che la comunità dovrà operare indirizzando maggiormente, in una prospettiva d'innovazione, risorse economiche e culturali per il consolidamento di una Città pedagogica intergenerazionale, impegnata nel fare rete tra le istituzioni scolastiche e formative, le amministrazioni, le associazioni di volontariato, le comunità parrocchiali e le associazioni che si dedicano all'educazione sportiva e del tempo libero.
Non è semplice creare una rete di sistemi comunicativi interattivi, interistituzionali, funzionali ad una progettazione sistemico-formativa territoriale, ma occorre provarci e rappresentarsi, a livello organizzativo, la Città pedagogica con la metafora-madre di un albero, con le radici, metafore della vita familiare e della comunità cittadina, tutta; con il tronco che indica la forza intensa delle istituzioni, e i rami, a loro volta, tesi a raccordare la vita interistituzionale cittadina (intreccio tra città visibile e città invisibile), sostenendo le foglie, figure che descrivono migliaia e migliaia di cittadini e cittadini, tra piccini, giovani, adulti e anziani, che avvinghiati come foglie ai rami (case, biblioteche, teatri, spazi del tempo libero, spazi culturali), anche in pieno autunno, resilienti, lottano per non cadere su un terreno di sabbie mobili.
La Città pedagogica non si immagina come un'isola felice, come luogo panoramico e paradisiaco; la città pedagogica (fatta di istituzioni scolastiche, e associazioni di volontariato e comunità parrocchiali, biblioteche di quartiere) crede nella resilienza continua, quando vi è il lavoro, quando vi è istruzione, educazione e formazione, quando il malessere sociale non si trasforma in disagio esistenziale, che trova, peraltro, terreno fertile con problematiche legate alla stessa sicurezza integrata delle cittadine e dei cittadini.
La Città pedagogica che vorremmo condividere, crediamo, debba essere arricchita da buone pratiche di testimonianze di etica responsabile e di una programmazione progettuale condivisa per poter conseguire risultati tesi all'innovazione di prospettive finalizzate alla crescita delle giovani generazioni, intercettando i loro bisogni e le loro necessità, tra attenzione e cultura solidale, in una società dispersiva che vive di "memoria breve".
Scriveva Calvino nel 1972, nell'ultima pagina de "Le Città Invisibili": "L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
La prospettiva calviniana della città infernale, è una metafora complessa che sprigiona una serie di interrogativi sia di carattere etico, sociale e di investigazione del reale, sia di carattere organizzativo e di progettazione formativa territoriale inter-istituzionale. Abitiamo città complesse, sopraffatte da non luoghi (i "non-luoghi" indicati da Marc Augé si riferiscono ad ambienti anonimi, provvisori, e privi di identità, storia o rapporti significativi, tipici della società contemporanea. Testimonianze di non-luoghi sono, le autostrade, gli aeroporti, i centri commerciali, le catene alberghiere e mezzi di trasporto come treni e aerei), e quindi dobbiamo educarci, insieme, e con le giovani generazioni, ad approfondire questi temi e problemi legati alla vita quotidiana e alle relazioni cruciali e conflittuali, stimolate dai contesti complessi.
La letteratura ecologica di Italo Calvino, sostiene lo sviluppo del pensiero critico e la crescita dell'immaginazione e del pensiero riflessivo, strumenti di apprendimento continuo per la conquista del pensiero critico, consolidato all'interno delle relazioni con il passato, il presente, la vita quotidiana e il tempo del futuro che è già presente, in sé e per sè. Per questi motivi, lo sviluppo e la crescita culturale, in una Città pedagogica, risultano leve competenti per le cittadine e i cittadini, quando collaborano con le istituzioni, e le sentono vicine; quando operano in funzione di un modello di Città pedagogica partecipata e coinvolgente; quando muovono passi progettuali per la rifondazione di una Città pedagogica ad alto potenziale creativo, capace di dare ossigeno a una città poetica, civile e dinamica; quando la forza della partecipazione risulti alla portata di tutti per consolidare la crescita e lo sviluppo di una città solidale, illuminata dalla luce pregevole della cittadinanza attiva e dell'etica delle responsabilità.
Nota di lettura
M. Augè, Non Luoghi, Eléuthera, Milano, 2018;
I. Calvino, Le Città Invisibili, Mondadori, Milano, 2023;
E. Morin, I Sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001.
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