Maria Virginia Crescente
Maria Virginia Crescente
La città

L’ingegnere donna che costruisce col cuore

Intervista all’imprenditrice Maria Virginia Crescente. I problemi, le prospettive, le difficoltà dell’edilizia a Barletta

Davanti ai nostri occhi, la periferia di Barletta cresce a dismisura, nuovi cantieri sorgono da un giorno all'altro, ma spesso la crescita è irregolare, e l'aspetto di Barletta cambia da isolato a isolato. Ci interroghiamo cosa accade in quei cantieri, se ci sono operai che lavorano in mancanza di sicurezza, se i progetti vengono rispettati e i palazzi sono adeguati alle norme antisismiche. Dopo il crollo di via Roma, a Barletta è cresciuta ancor di più l'apprensione sul tema edilizia e sicurezza sul lavoro. Occasione propizia per affrontare questi argomenti, in modo assolutamente non tecnico, ma leggibili anche per il lettore meno avvezzo, è l'intervista all'imprenditrice barlettana Maria Virgilia Crescente, responsabile della Costruzioni Crescente Srl.

Ingegner Crescente, come ci si sente ad essere una donna imprenditrice in un mondo che, dall'esterno, sembra prettamente maschile?
«Basta avere le giuste competenze e la differenza si annulla. Personalmente non ho incontrato particolari problemi dovuti al fatto di essere donna, né ritengo il settore edile prettamente maschile. Sono entrata nel 1986 nel mondo dell'edilizia, e allora gli imprenditori erano principalmente maestri muratori che avevano avviato nuove imprese. Credo che essere donna non sia uno svantaggio, né in questo ambito né in qualsiasi altro campo lavorativo: dobbiamo sfatare questo pregiudizio e impegnarci secondo le nostre competenze e qualità: l'unica cosa che manca è il supporto per noi donne, come assistenza agli anziani o asili nido sui luoghi di lavoro, che danno svantaggio alla donna, centro del nucleo familiare».

Vorrei discutere con lei di urbanistica, e più precisamente dell'aspetto della città che sta lentamente mutando, a cominciare dalla 167. Si edificano palazzi diversi fra loro, dai cromatismi spesso anti-estetici, senza affinità l'uno con l'altro. Non sarebbe possibile perseguire una linea più attenta anche al "bello"? Lei cosa ne pensa?
«E' una domanda difficile. Le norme ci sono e risalgono al 1994, quando anch'io facevo parte della commissione edilizia (in allegato il documento, ndr): erano norme che potessero regolamentare la nascita di una nuova Barletta. Tuttavia in questi anni non si è guardato al bello: gli imprenditori e i costruttori pensano piuttosto al controllo sulla speculazione, ai fattori economici, mentre non si cura per niente l'aspetto estetico della città. Non solo a Barletta, ma anche a Bisceglie, Canosa, Andria, è un vero e proprio modus operandi diffuso in tutto il territorio. Potremmo interrogarci e affermare che questo avviene perché manca il personale? Il sindaco Maffei, appena eletto col secondo mandato ci promise: «Il primo passo sarà quello di sistemare l'ufficio tecnico», considerando che ora il ruolo è ricoperto da un dirigente a scavalco che da Terlizzi deve giungere a Barletta; in questo modo si allungano estremamente le procedure burocratiche. Al momento ci è parecchio difficile dialogare con l'amministrazione su questi aspetti».

In qualità di presidente della Assinpro, avrà sicuramente il polso delle attività industriali ed edili del territorio: è in crisi questo settore?
«C'è crisi, e non solo nel nostro settore. Viviamo un momento di profonda depressione economica, ma in ogni caso si cerca di guardare positivamente al futuro. Il problema non è solo di Barletta o della Bat: ovunque c'è pochissima possibilità di lavoro. I governi, soprattutto a livello nazionale, dovrebbero agire anche a favore delle imprese, e non solo delle banche. A Barletta la situazione è ancor più disastrosa: mettere in cantiere 3500 alloggi in periferia è stata una scelta kamikaze. E' un danno per chi lavora, non si riesce a vendere e si scatena una reazione a catena d debiti. Inoltre la 167 sta nascendo a macchia di leopardo, e per le nuove abitazioni i servizi primari come fogna e illuminazione non arriveranno istantaneamente. Sono spesso scelte dannose manovrate da interessi personalistici».

Abbiamo osservato con apprensione i tremendi terremoti in Emilia Romagna, e le vittime si sono registrate soprattutto sul luogo di lavoro, sotto i capannoni delle industrie. Se qualcosa di simile accadesse qui da noi, le abitazioni e soprattutto i fabbricati industriali resisterebbero?
«Nel nostro territorio siamo più al sicuro rispetto all'Emilia. Già negli anni Ottanta siamo stati segnalati come zona sismica e da allora le costruzioni sono state approntate in maniera adeguata, rispettando le norme antisismiche. Il problema si riscontra con i capannoni industriali costruiti prima di quella data, stesso problema per i palazzi del centro e le abitazioni civiche. Nulla costringe le vecchie costruzioni ad adeguarsi secondo le nuove norme: infatti i costi per mettere in sicurezza un palazzo sono operosissimi e nessuno è pronto a spendere quelle cifre. In Emilia gli studi sismologici sono avvenuti solo 2008, e prima ci si basava soltanto su rilievi statistici. Per evitare tragedie anche nel nostro territorio, bisogna prima di tutto intervenire su scuole e ospedali».

Sono passati sette mesi dal crollo di via Roma: nell'attesa che la magistratura esprima un giudizio, lei è dell'opinione che quella tragedia poteva essere evitata?
«Nel nostro lavoro bisogna sempre impiegare massima sicurezza: proprio le operazioni di demolizione di scavo sono di una pericolosità impressionante. Nel tempo quei palazzi, come molte altre costruzioni del centro cittadino, si sono appoggiate fra di loro, e si sarebbe dovuta applicare maggiore tutela. Rispettando i tempi della magistratura, non voglio dare colpe a nessuno, anche se onestamente ritengo che quella di via Roma fosse una tragedia evitabile».
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Maria Virginia Crescente, responsabile della Costruzioni Crescente Srl, imprenditrice e presidente della Assinpro (Associazione Industriali Sesta Provincia Pugliese), ha assunto la guida della società del padre Gennaro Crescente assieme al fratello Michele Vincenzo e il cognato Giuseppe Derossi. Nel 1949 Gennaro Crescente emigrò in Argentina, dove amministrava un'attività edilizia, e dieci anni più tardi tornò in Italia. Nel 1986 ha passato il testimone ai figli e al genero. Ora Maria Crescente è a capo della società paterna, che dal cognome della famiglia prende il titolo.
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