La ricercatrice barlettana Cinzia Conteduca
La ricercatrice barlettana Cinzia Conteduca
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L'Asco premia di nuovo la ricercatrice di Barletta Cinzia Conteduca con il Merit Award

«Il nostro Paese deve iniziare a puntare seriamente sulla ricerca scientifica e sui giovani»

È di Barletta una delle migliori ricercatrici al mondo nel settore dell'oncologia clinica, e lo è per il terzo anno consecutivo. L'Asco - American Society of Clinical Oncology ha scelto anche quest'anno Cinzia Conteduca per il prestigioso Merit Award, che le sarà consegnato il prossimo 1 giugno a Chicago durante il 55° Congresso mondiale della maggiore associazione di oncologia clinica al mondo.

Ricercatrice e medico oncologo dell'Istituto tumori della Romagna (Irst) di Meldola, la dottoressa Conteduca torna a raccontarci la sua ricerca in occasione di questa bella notizia che celebra nuovamente il suo talento.

Questo ulteriore riconoscimento, così prestigioso a livello internazionale, premia la sua ricerca, condotta in team con altri professionisti. Quali sono stati gli ultimi sviluppi relativamente al vostro lavoro scientifico?
«Come negli anni passati, anche quest'anno il tema della ricerca che ha vinto il Merit Award è la ricerca di biomarcatori di risposta al trattamento nei pazienti affetti da carcinoma della prostata effettuata tra la Weill Cornell University di New York e Harvard Medical School di Boston. In particolare, è stata studiata l'espressione di una proteina, denominata con la sigla "SLFN11", sia nel tessuto che nel sangue dei pazienti affetti da tumore prostatico che effettuavano chemioterapia a base di platino. Tale trattamento è di solito indicato per i pazienti che sono già stati sottoposti a diverse linee terapeutiche e/o che presentano varianti aggressive della loro patologia. Al momento, non ci sono fattori predittivi associati alla chemioterapia a base di platino. Questo rappresenta il primo studio nel tumore prostatico che identifica un marker in grado di selezionare in maniera precisa i pazienti per questo farmaco citotossico. Abbiamo osservato che gli uomini con una maggiore espressione di tale proteina a livello del tessuto neoplastico e/ o delle cellule tumorali circolanti hanno una migliore risposta alla chemioterapia, in termini sia di risposta radiografica che di riduzione del PSA. Indubbiamente, la principale ricaduta sul piano pratico di questa ricerca potrebbe essere una selezione sempre più mirata dei trattamenti, evitando tossicità inutili».

Di che "stato di salute" gode la ricerca scientifica in questo momento storico? Gli stanziamenti sono sufficienti o si potrebbero convogliare maggiori risorse?
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha portato a numerose scoperte soprattutto in campo oncologico che dovranno comunque essere poi oggetto di grandi studi clinici prospettici allo scopo di ottenere la validazione di biomarcatori, l'uso di nuove tecniche diagnostiche e l'introduzione di farmaci innovativi nella pratica clinica. Tuttavia, ciascuno dei vari step della ricerca richiede importanti incentivi economici a causa dell'utilizzo di sempre più moderne e sofisticate tecnologie. A mio avviso, l'Italia deve ancora raggiungere la piena "consapevolezza" di ciò; perciò, auspico che il nostro Paese attui al più presto una politica in grado di mettere tra le sue priorità la ricerca scientifica».

Come si riconosce il tumore alla prostata e quali azioni di prevenzione si possono compiere per identificare in tempo la malattia?
«Il cancro della prostata rappresenta una delle principali cause di morte per malattie oncologiche tra gli uomini dei paesi sviluppati. Non esiste una prevenzione primaria specifica per il tumore della prostata anche se sono note alcune utili regole comportamentali comuni riguardanti l'alimentazione e l'attività fisica. Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, la disponibilità negli ultimi decenni di un test semplice e di facile esecuzione come il dosaggio del PSA ha indotto i medici ad utilizzarlo nei pazienti per lo screening del cancro della prostata, in modo particolare, in soggetti maschi al di sopra dei 50 anni o con familiarità. Oltre il dosaggio del PSA, l'introduzione di sempre più sofistiche tecniche diagnostiche ha anche profondamente modificato l'epidemiologia di questo tumore permettendo una diagnosi sempre più precoce della malattia, in cui è possibile effettuare un trattamento curativo, ovvero con l'intento di ottenere la guarigione del paziente. Si spera di estendere, inoltre, studi molecolari, come quello che presento a Chicago, in grado di evidenziare alterazioni genetiche nelle fasi sempre più precoci della malattia».

Resta sempre di freschissima attualità il tema della fuga dei cervelli: le manca Barletta? Quali differenze coglie tra il panorama scientifico nostrano e il lavoro dei suoi colleghi all'estero?
«Barletta è la mia città e non vi è città al mondo cui sono più legata; ho qui la mia famiglia e i miei amici più cari. Ci torno sempre ben volentieri, anche perché in questi anni mi è sempre arrivato il "calore" di Barletta in qualsiasi parte del mondo mi trovassi. La fuga dei cervelli è un argomento attuale mai come in questo momento storico e, ahimè, costituisce un fenomeno in crescita. Negli ultimi 5 anni ho lavorato a Londra, New York e Boston e vi assicuro che ho incontrato tantissimi italiani nei laboratori di ricerca che si distinguono sempre per spirito di abnegazione e per spiccata intelligenza e, credo, che da una parte questo sia davvero un punto di orgoglio per il nostro Paese, ma d'altro canto penso che questo lasci una profonda amarezza in tutti noi e nelle nostre famiglie, perché, come dico sempre, ciò che differenzia un ricercatore italiano dai colleghi all'estero sono solo le risorse materiali a disposizione. E' necessario che il nostro Paese cambi rotta al più presto ed inizi a puntare seriamente sulla ricerca scientifica, sui giovani e sulla meritocrazia!».
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