Roberto Tatò
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Intervista a Roberto Tatò, presidente SS Barletta Calcio

A cura del direttore di Barlettalife. Il presidente tra calcio e vita privata

Storico imprenditore nel settore alimentare, e Presidente del Barletta calcio. Quali le similitudini e le differenze dei due ruoli egualmente difficili e impegnativi?

«Lei, direttore si riferisce alle storiche aziende create prima da mio nonno e poi da mio padre e sono ricordi che mi tornano gradevolmente in mente. Tornando all'oggetto dell'intervista credo che le similitudini siano nel creare e perseguire un progetto e realizzarlo nei tempi adeguati. Tutto sta nel conoscere il settore in cui si opera. Questo proponimento lo sto adeguando al calcio, amplificandolo».

Lei, è consapevole di quanto questo mondo non riconosca le generose e responsabili prerogative di un Presidente. E allora come è nata la voglia di dare il suo contributo al calcio barlettano? E' passione pura, antica o nata da poco?

«La risposta è quasi scontata, è ovvio che quando si vince le gratificazioni arrivano. La passione per il calcio nasce dalla giovane età allorquando mio padre, Paride, mi portava tutte le domeniche al vecchio stadio "Lello Simeone" spiegandomi le tattiche di gioco. Negli anni successivi ho sempre seguito, anche in trasferta, le vicissitudini della squadra della mia città con tutti gli alti e bassi che ha avuto. La voglia di prendere le redini societarie mi ha accarezzato più volte ma sfumata per varie ragioni, soprattutto per gli onerosi impegni lavorativi. Qualche anno fa, rompendo gli indugi, ho deciso di impegnarmi direttamente e seriamente in un progetto calcistico che diventasse solido e ambizioso».

Pochi conoscono la settimana-tipo del primo dirigente della squadra. Quali i suoi impegni più gravosi, quanta la pazienza che occorre (anche con noi della stampa), e quanto tempo sottrae alla famiglia?

«Le rispondo subito sulla prima parte della domanda e le dico che è necessaria tanta pazienza, tant'è che quotidianamente convoco i miei più stretti collaboratori per programmare e organizzare la Società Sportiva Barletta Calcio che, avendo raggiunto velocemente la categoria professionistica di Prima Divisione, non aveva alcuna forma di organizzazione. Ovviamente per questo nuovo impegno sottraggo tempo alla mia famiglia e nuovi progetti imprenditoriali a cui sto pensando. Il rapporto con la carta stampata e le televisioni, ossia con i media in generale è buono. Non lo è altrettanto con i responsabili delle redazioni sportive delle varie testate che non danno la giusta ed equa visibilità che il Barletta Calcio merita. Le ricordo che sin dalla prima conferenza stampa avevo sollevato tale questione, invitando apertamente i responsabili di cui sopra a dare gli stessi spazi riservati ad altre squadre che militano nella stessa categoria, quali Foggia e Taranto. E' sempre piacevole, anzi doveroso colloquiare con i giornalisti, ai quali chiedo, utilizzando questa intervista, di riportare solo dichiarazioni da me direttamente rilasciate».

Conoscendola un po', anche personalmente, so che il suo impegno sarà ambizioso. Ci dice come lo tradurrà in risultati concreti?

«L'avvio del campionato è stato durissimo, severe decisioni le ho assunte quando dopo le prime sei gare di campionato avevamo totalizzato un solo punto in classifica, per cui ho dovuto esonerare il d.s. Geria e assumere il nuovo d.s. Pitino che ha dato una scossa a tutto lo spogliatoio. Infatti nelle successive nove gare abbiamo conquistato meritatamente quattordici punti. A questo proficuo risultato si è giunti dopo aver rafforzato l'organico con l'innesto di tre calciatori di provata esperienza che hanno creato un ottimo equilibrio di squadra e nello spogliatoio».

Le prime gare di questa stagione sono state purtroppo ricche di episodi sfortunati contro il Barletta. C'è stata una partita in particolare che vorrebbe sia nuovamente giocata, sicuro di vincerla?

«Non credo nella sfortuna o fortuna, ma nella professionalità. La partita che vorrei fosse rigiocata è Barletta – Cavese, di cui i cronisti sportivi hanno ampiamente parlato».

La società ha operato diversi interventi sul mercato, portando a Barletta molti giocatori esperti. Non lo auguriamo, ma se la classifica ancora nicchiasse, ci saranno ulteriori innesti a gennaio?

«Nella prima parte ritengo di averle ampiamente risposto. L'acquisto di calciatori navigati non ha comportato l'accantonamento delle giovani leve. Sono interventi fatti per dar loro sostegno e qualora la situazione lo richiedesse, dopo aver fatto le dovute valutazioni con i responsabili tecnici, saremo eventualmente pronti a fare le giuste modifiche».

Come è il suo rapporto con la tifoseria biancorossa? Sono i tifosi ad influenzare il suo cammino di Presidente?

«Il rapporto è buono, ma volendolo migliorare entrambi abbiamo bisogno di tempo per conoscerci meglio. In ogni caso i tifosi non influenzeranno assolutamente le mie decisioni».

Lo studio di fattibilità per l'adeguamento funzionale dello stadio comunale "Puttilli" soddisfa la società?

«L'adeguamento e' provvisorio e non soddisfa assolutamente quelle che sono le ambizioni e le aspettative future della Società. Ritengo oramai indispensabili interventi strutturali definitivi e non adeguamenti che risultano provvisori, penalizzando le aspirazioni sportive e dell'intera città».

Non lo neghi ma , rompendo il suo fair play, i collaboratori sovente la sentono sbraitare. All'indirizzo di chi?

«Credo nella professionalità dei singoli e nel gioco di squadra, quando manca questo mix divento severo e sostituisco le persone meno valide».

"Quote rosa" sugli spalti non sono visibilissime. Pensa di riuscire a portare più donne, più famiglie allo stadio?

«Per quanto riguarda il "gentil sesso" a cui lei si riferisce, in tempi brevissimi sto valutando di agevolare l'ingresso ad un prezzo minimo, quindi simbolico. La seconda parte della sua domanda la ritengo centrale. Vorrei che lo stadio fosse sempre stracolmo di tifosi entusiasti, colonna portante di qualsivoglia società sportiva. Rinnego l'affluenza a go go, cioè partecipare solo quando i risultati sono positivi».

Sognare non fa mai male. Anzi. Quale giocatore di livello internazionale Roberto Tatò vorrebbe vedere un giorno con la maglia biancorossa?

«Non faccio questi sogni».

Possiamo immaginare che di stimolo al suo ruolo non sia stato solo l'amore per i metri quadri dello stadio ma quelli ben più ampi per la città. E' così?

«Dalla città di Barletta ho avuto molto come imprenditore, in questa nuova avventura sono io che ho deciso di restituire qualcosa».

Infine. E' prematuro se non addirittura fuor di luogo domandarglielo, Sig. Tatò. Ma quale potrebbe essere un motivo, il solo motivo che la porterebbe alla " disillusione" del suo impegno e ritrovarsi a dire "chi me lo ha fatto fare?".

«L'indifferenza mostrata da diversi imprenditori da me interpellati a far parte di un progetto che desse dignità, lustro e orgoglio alla città, e ancora quella dimostrata dalle istituzioni che non hanno saputo cogliere l'importanza anche di natura sociale che ruota intorno allo sport e in maniera particolare al calcio».

Bene. Termina qui, Sig. Tatò, questa nostra prima intervista alla quale seguiranno, spero, altri analoghi incontri.

«Sono io, Direttore, che ringrazio lei e Barlettalife per l'attenzione che ponete alla nostra attività. Mi lasci cogliere l'occasione per salutare tutti gli appassionati di calcio che vorranno seguirci con ancora maggior fedeltà».


Michele Sarcinelli
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