Viva
Intervista a Francesco Del Grosso, regista del docu-film 'Negli occhi'
Dedicato all'attore Vittorio Mezzogiorno, padre di Giovanna. Il giovane regista era presente alla serata finale del 'Mediterrante'
Barletta - venerdì 17 dicembre 2010
19.39
Iniziata nel mese di marzo, l'edizione 2010 di "Mediterrante – Festival Itinerante del Cinema e dei Linguaggi per Ragazzi" nella città di Barletta si è chiusa venerdì sera al cinema Paolillo con la vittoria del cortometraggio "Uerra" di Paolo Sassanelli. Per la serata finale era presente in sala Francesco Del Grosso, regista del documentario "Negli occhi", intervistato per i microfoni di Barlettalife.
Lei è qui per presentare Negli occhi, un documentario dedicato al grande attore Vittorio Mezzogiorno: può descriverci questa esperienza?
«Un'esperienza lunga, per la quale è servito circa un anno di lavorazione, tra riprese e montaggio, il tutto al fianco di Giovanna Mezzogiorno, che dava la possibilità a due registi giovani come me e Daniele Anzellotti di poter realizzare un ritratto di suo padre, un ritratto inconsueto e fuori dai canoni delle biografie-video: il nostro obiettivo era infatti raccontare l'artista ma in particolare l'uomo, attraverso interviste a suoi colleghi o gente che aveva lavorato con lui e amici. E' un documentario che mette da parte brani di film per raccontare la figura di Vittorio Mezzogiorno in una chiave inedita, come inedite sono le interviste al grande Vittorio, nelle quali racconta e si racconta».
Il titolo del suo cortometraggio rappresenta un richiamo all'intensità dello sguardo di Vittorio Mezzogiorno o vuole comunicare anche altro?
«In realtà Negli occhi nasce con l'esigenza di ricordare la figura di Vittorio Mezzogiorno alle nuove generazioni, mettendo in evidenza il suo valore artistico: basti ricordare che ha collaborato con registi importanti come Marco Tullio Giordana, Marco Bellocchio, Giuliano Montaldo e altri. Ci eravamo resi conto che nessuno gli aveva ancora reso il giusto tributo: con il nostro docu-film volevamo aprire lo sguardo del pubblico su un personaggio che non è abbastanza conosciuto alle nostre generazioni; il titolo richiama anche allo sguardo, quello "provato" che avevano le persone mentre raccontavano della figura di Vittorio, sia la somiglianza dello sguardo della figlia Giovanna con quello del padre».
Lei ha avuto modo di conoscere di persona Vittorio Mezzogiorno? Che ricordo ne ha?
«Personalmente non ho avuto la possibilità di conoscerlo di persona, però durante la lavorazione captavo i discorsi e i racconti che la figlia Giovanna e la moglie Cecilia (Cecilia Sacchi, scomparsa dopo una lunga malattia il 29 ottobre 2010, ndr) mi facevano, praticamente l'ho conosciuto a livello accademico attraverso questi racconti e soprattutto attraverso i suoi film; film che vengono riscoperti anche attraverso il nostro docu-film».
Che idea ha del momento attraversato dal cinema italiano, e da quello pugliese in particolare?
«Il cinema italiano non sta certo attraversando un buon momento, ne sono testimonianza le ribellioni soventi contro il taglio del FUS (Fondo Unico dello Spettacolo, ndr); credo che le piccole manifestazioni, i registi emergenti pugliesi, la stessa Apulia Film Commission sono "segnali di speranza" per il futuro del cinema pugliese. Poi io sono di origini pugliesi, quindi per me questo è anche un ritorno a casa».
Crede che esperienze quali questa del Mediterrante Film Festival possano avvicinare i giovani al cinema italiano, in un momento di "crisi" culturale?
«Il cinema non ha a mio parere la forza di dare dei messaggi, ma ha comunque il dovere di "alfabetizzare" le persone verso un'arte di rilevante importanza per la cultura, come il cinema è, in particolare in Italia. Perciò credo che realtà come il Mediterrante, che puntano sulle nuove generazioni, possano essere un segnale per il proseguimento dello sviluppo del cinema in Italia e in Puglia».
Ci descrive la collaborazione con Pino Daniele, che ha composto la colonna sonora di Negli occhi?
«Non è certo una cosa che accade tutti i giorni: avere la colonna sonora per un docu-film su un attore napoletano composta da un grande cantautore napoletano è il massimo che si possa avere. Pino Daniele ci è stato presentato da Giovanna (Mezzogiorno, ndr), noi gli abbiamo portato i materiali e lui ha compiuto un'operazione simile a quanto si faceva ai tempi del cinema muto: una sorta di "rimusicazione", con lui che davanti ai filmini amatoriali che ritraevano Vittorio Mezzogiorno in scene quotidiane, di famiglia, ha composto live in un'ora e mezza la colonna sonora del film».
Lei ha solo 28 anni. Quali sono i progetti per il suo futuro professionale?
«I progetti sono tanti, dobbiamo fare i conti con la crisi contingente e i tagli del FUS che ci limitano. Sono attualmente in fase di ripresa del mio nuovo documentario dal titolo Undici metri, che racconterà le vicende calcistiche e extra-calcistiche di Agostino Di Bartolomei».
Quest'edizione del Mediterrante è stata dedicata alla memoria del maestro Mario Monicelli. Ci può offrire un suo ricordo del maestro?
«Il mio ricordo riverbera quello dell'opinione pubblica. Io sono stato spettatore appassionato dei suoi film e reputo difficile pensare che qualcuno ora possa imitarne i passi, perché la sua enorme filmografia rappresenta una vera e propria collezione di documenti storici. Ricordarlo degnamente è un dovere che non coinvolge solo noi registi e addetti ai lavori, ma anche i festival cinematografici e le varie manifestazioni che hanno ospitato i suoi film, con la speranza che continuino a proiettarli per dar modo alle nuove generazioni di venirne a conoscenza».
Lei è qui per presentare Negli occhi, un documentario dedicato al grande attore Vittorio Mezzogiorno: può descriverci questa esperienza?
«Un'esperienza lunga, per la quale è servito circa un anno di lavorazione, tra riprese e montaggio, il tutto al fianco di Giovanna Mezzogiorno, che dava la possibilità a due registi giovani come me e Daniele Anzellotti di poter realizzare un ritratto di suo padre, un ritratto inconsueto e fuori dai canoni delle biografie-video: il nostro obiettivo era infatti raccontare l'artista ma in particolare l'uomo, attraverso interviste a suoi colleghi o gente che aveva lavorato con lui e amici. E' un documentario che mette da parte brani di film per raccontare la figura di Vittorio Mezzogiorno in una chiave inedita, come inedite sono le interviste al grande Vittorio, nelle quali racconta e si racconta».
Il titolo del suo cortometraggio rappresenta un richiamo all'intensità dello sguardo di Vittorio Mezzogiorno o vuole comunicare anche altro?
«In realtà Negli occhi nasce con l'esigenza di ricordare la figura di Vittorio Mezzogiorno alle nuove generazioni, mettendo in evidenza il suo valore artistico: basti ricordare che ha collaborato con registi importanti come Marco Tullio Giordana, Marco Bellocchio, Giuliano Montaldo e altri. Ci eravamo resi conto che nessuno gli aveva ancora reso il giusto tributo: con il nostro docu-film volevamo aprire lo sguardo del pubblico su un personaggio che non è abbastanza conosciuto alle nostre generazioni; il titolo richiama anche allo sguardo, quello "provato" che avevano le persone mentre raccontavano della figura di Vittorio, sia la somiglianza dello sguardo della figlia Giovanna con quello del padre».
Lei ha avuto modo di conoscere di persona Vittorio Mezzogiorno? Che ricordo ne ha?
«Personalmente non ho avuto la possibilità di conoscerlo di persona, però durante la lavorazione captavo i discorsi e i racconti che la figlia Giovanna e la moglie Cecilia (Cecilia Sacchi, scomparsa dopo una lunga malattia il 29 ottobre 2010, ndr) mi facevano, praticamente l'ho conosciuto a livello accademico attraverso questi racconti e soprattutto attraverso i suoi film; film che vengono riscoperti anche attraverso il nostro docu-film».
Che idea ha del momento attraversato dal cinema italiano, e da quello pugliese in particolare?
«Il cinema italiano non sta certo attraversando un buon momento, ne sono testimonianza le ribellioni soventi contro il taglio del FUS (Fondo Unico dello Spettacolo, ndr); credo che le piccole manifestazioni, i registi emergenti pugliesi, la stessa Apulia Film Commission sono "segnali di speranza" per il futuro del cinema pugliese. Poi io sono di origini pugliesi, quindi per me questo è anche un ritorno a casa».
Crede che esperienze quali questa del Mediterrante Film Festival possano avvicinare i giovani al cinema italiano, in un momento di "crisi" culturale?
«Il cinema non ha a mio parere la forza di dare dei messaggi, ma ha comunque il dovere di "alfabetizzare" le persone verso un'arte di rilevante importanza per la cultura, come il cinema è, in particolare in Italia. Perciò credo che realtà come il Mediterrante, che puntano sulle nuove generazioni, possano essere un segnale per il proseguimento dello sviluppo del cinema in Italia e in Puglia».
Ci descrive la collaborazione con Pino Daniele, che ha composto la colonna sonora di Negli occhi?
«Non è certo una cosa che accade tutti i giorni: avere la colonna sonora per un docu-film su un attore napoletano composta da un grande cantautore napoletano è il massimo che si possa avere. Pino Daniele ci è stato presentato da Giovanna (Mezzogiorno, ndr), noi gli abbiamo portato i materiali e lui ha compiuto un'operazione simile a quanto si faceva ai tempi del cinema muto: una sorta di "rimusicazione", con lui che davanti ai filmini amatoriali che ritraevano Vittorio Mezzogiorno in scene quotidiane, di famiglia, ha composto live in un'ora e mezza la colonna sonora del film».
Lei ha solo 28 anni. Quali sono i progetti per il suo futuro professionale?
«I progetti sono tanti, dobbiamo fare i conti con la crisi contingente e i tagli del FUS che ci limitano. Sono attualmente in fase di ripresa del mio nuovo documentario dal titolo Undici metri, che racconterà le vicende calcistiche e extra-calcistiche di Agostino Di Bartolomei».
Quest'edizione del Mediterrante è stata dedicata alla memoria del maestro Mario Monicelli. Ci può offrire un suo ricordo del maestro?
«Il mio ricordo riverbera quello dell'opinione pubblica. Io sono stato spettatore appassionato dei suoi film e reputo difficile pensare che qualcuno ora possa imitarne i passi, perché la sua enorme filmografia rappresenta una vera e propria collezione di documenti storici. Ricordarlo degnamente è un dovere che non coinvolge solo noi registi e addetti ai lavori, ma anche i festival cinematografici e le varie manifestazioni che hanno ospitato i suoi film, con la speranza che continuino a proiettarli per dar modo alle nuove generazioni di venirne a conoscenza».