La città
Il "Puttilli" come gli stadi inglesi: il progetto nella tesi di un ingegnere barlettano
L'impianto barlettano e il suo restyling a 360 gradi oggetto di discussione al Politecnico di Bari
Barletta - domenica 19 gennaio 2014
Il "Puttilli" come lo Juventus Stadium, l'Allianz Arena o l'Emirates Stadium? Sulla carta follia, nella realtà un progetto futuribile. Lo ha pensato Antonio Rizzi, neo-ingegnere gestionale da dicembre 2013 presso il Politecnico di Bari, oggi iscritto al corso di laurea magistrale in ingegneria gestionale, Management and Organization. Classe 1990, Antonio trova le radici della sua idea nel modello statunitense, sviluppandone i cardini lungo lo studio dei principali stadi polifunzionali europei (Arsenal, Ajax, Bayern Monaco, Juve)e finalizzando il tutto ad una possibile applicazione al caso del Barletta Calcio. Da marzo a maggio 2012 Rizzi ha sostenuto un tirocinio formativo in via Vittorio Veneto e ha successivamente partecipato a un corso di aggiornamento promosso dal Coni Bat. Di qui la trattazione nella sua tesi de " Il modello di stadio polifunzionale applicato ad una realtà locale: S.S. Barletta Calcio", oggetto di questa intervista:
Antonio, nella tua tesi parli di modello di stadio polifunzionale: al momento il "Puttilli" di questa idea ha solo la pista e il rettangolo verde....
«Sì, attualmente il nostro impianto viene utilizzato unicamente per le attività sportive che si praticano al suo interno, sfruttando in piccola parte l'enorme potenzialità che la struttura dispone. Nel mio lavoro di tesi descrivo quanto sia diventato inevitabile disporre di uno stadio all'avanguardia e quindi anche polifunzionale. Con questo termine voglio far riferimento ad un impianto che sia in grado di conciliare agli sport, che attualmente si praticano al suo interno, anche delle attività commerciali complementari, centri di aggregazione giovanile e centri sportivi. Per stadio polifunzionale si intende una struttura aperta e utilizzata in maniera assidua per i più disparati motivi. Non è più concepibile pensare che un complesso di tali dimensioni, come può essere uno stadio di calcio, venga utilizzato principalmente una volta ogni 14 giorni; è necessario trasformare il concetto di stadio, il quale deve diventare un luogo capace di ospitare gli eventi sportivi nel massimo della sicurezza, ma allo stesso tempo deve essere in grado di inserirsi in un area dedicata alla cultura, all'intrattenimento e allo stesso business. Solo in questo modo il "nostro stadio" può diventare un modello di impianto produttivo, capace di non dover più essere un peso per i bilanci societari ma un asset fondamentale per gli stessi».
Il calcio italiano è in crisi, anche di idee. Non è ancora chiaro quanto adeguate strutture possano aiutare l'economia di una società?
«Ad alti livelli credo che ormai le società siano al corrente della fondamentale importanza nel disputare gli incontri casalinghi in uno stadio all'avanguardia e possibilmente di proprietà; aldilà della Juventus Football Club, è ormai noto come numerose altre società calcistiche si stiano mettendo al passo del club torinese attraverso la realizzazione di nuovi impianti o con l'adeguamento di quelli già esistenti. A testimonianza dell'influenza positiva che strutture di natura polifunzionale hanno per le casse delle società ci sono i dati relativi a quei club (europei) che hanno investito in questo nuovo concetto di sport associato al marketing. Emblematico è il caso dell'Arsenal Football Club; attraverso un aumento dei posti disponibili e un incremento della quantità e qualità dei sevizi offerti, l'Emirates Stadium è riuscito a generare, nella sua prima stagione sportiva, un incremento dei soli incassi da stadio del 110%. In Italia, come ben sappiamo, dal punto di vista impiantistico siamo ancora in una fase embrionale; la Juventus, come detto, è l'unica società di calcio che è riuscita a dotarsi di una struttura polifunzionale, aperta durante tutta la settimana, capace di generare ricavi stimati intorno ai 30 milioni di euro all'anno, per un generale aumento delle entrate del 240% rispetto alla stagione precedente all'inaugurazione dell'impianto».
Manca ancora l'adeguata mediazione tra bisogni e progetti? «A mio avviso determinate strategie, improntate all'adeguamento delle strutture, possono portare dei netti vantaggi in termini economici anche se applicate a società appartenenti a categorie inferiori. In questi casi l'accorgimento da prendere è studiare nel dettaglio il bacino d'utenza della città in cui è presente l'impianto e il seguito di supporters della squadra stessa; in tal modo, attraverso un adeguata contestualizzazione, risulta fattibile l'applicazione, a stadi come il "Puttilli", di quelle strategie di gestione e di quelle stesse innovazioni utilizzate nei principali impianti sportivi europei. Nel caso del Barletta Calcio, andando ad unire i risultati derivanti dall'adeguamento funzionale a quelli derivanti dall'applicazione delle nuove modalità di gestione dell'impianto, ho riscontrato la possibilità di ottenere un aumento degli incassi annui del 50% circa rispetto ai ricavi attuali della società».
Per compilare la tua tesi hai vissuto uno stage entro le mura del Barletta Calcio: come il problema stadio è vissuto dai calciatori?
«A dire il vero non ho avuto modo di interfacciarmi con gli atleti, tranne qualche parola o domanda da semplice tifoso. Piuttosto, durante il mio stage, ho avuto modo di rapportarmi con gli ambienti della dirigenza, nella figura dell'allora Direttore Generale, con l'addetto stampa e con la segreteria in generale. Posso dire che il problema stadio era un tema sempre all'ordine del giorno, non a caso il Direttore decise di accettare la mia proposta di stage, con tema cardine lo studio dell'ammodernamento dello stadio "Puttilli", senza troppi ripensamenti. Era la stagione 2011/12, si era in lotta per i play-off e, ovviamente, c'era un occhio di riguardo per la stagione successiva, ipoteticamente in serie B; di conseguenza il "problema stadio" era una tema caldo per quanto riguardava le giornate lavorative della società. Purtroppo, però, nonostante la gara d'appalto si presumeva sarebbe partita da li a poco, già si scorgevano delle difficoltà, non imputabili alla società, nell'avanzamento delle pratiche riguardanti il rifacimento dell'impianto. Dopo due anni si può dire che quel lieve pessimismo non era del tutto infondato.
Con la delibera della Giunta Comunale del 21/10/2011 è stato approvato lo studio di fattibilità in merito ai lavori di ristrutturazione, per un totale di 3 milioni di euro. Qual è stato il focus dello studio della CONI Servizi?
Nel mio lavoro, prima di stage poi di tesi, ho studiato il progetto preliminare della CONI Servizi cercando di individuare tutte le modifiche, innovazioni e ottimizzazioni che potevano essere applicate al progetto già esistente. Fermo restando che già con la semplice attuazione del progetto preliminare è possibile avere dei notevoli vantaggi (in termini, per esempio, di miglioramento della visibilità), ho focalizzato l'attenzione su aspetti che esulano dal suddetto progetto e dal Comune di Barletta stesso; a tal proposito credo che la Società Sportiva possa inserirsi nel discorso guardando con lungimiranza e investendo in maniera ponderata, con una progettazione e studi di fattibilità complementari a quelli già effettuati dalla CONI Servizi, in modo da sfruttare nel migliore dei modi la fase di adeguamento che riguarderà l'impianto».
Entriamo nei dettagli del progetto...
«A tal proposito, guardando il progetto si può notare che per le tifoserie avversarie viene lasciato uno spazio ben più ampio rispetto a quello che alla fine risulta essere necessario; attraverso l'istallazione di appositi spazi "cuscinetto" sarebbe possibile sfruttare al massimo la curva sud dell'impianto, dividendola in questo modo tra tifosi ospiti e tifosi di casa. In tal modo si sfrutterebbero più di 700 posti che altrimenti, nella maggior parte dei casi, non è possibile utilizzare.Per quanto riguarda la polifunzionalità dell'impianto è necessario affiancare al progetto già esistente una progettazione parallela. Nella tribuna centrale, costruita ex novo, sarà possibile installare dai 3 ai 5 sky box, i quali dovrebbero essere progettati per soddisfare, in maniera specifica, le esigenze delle aziende che potranno utilizzarli 7 giorni su 7, trasformandoli in piccole sale riunioni. Nella parte sottostante la tribuna, oltre all'installazione di uffici, spogliatoi e sala stampa, è possibile sfruttare gli spazi per la dislocazione di una sala per conferenze, di un area di ristorazione, di vetrine pubblicitarie e di uno store ufficiale della squadra. Tutto questo, però, diventa sostenibile finanziariamente solo nel momento in cui tutte le attività che si vanno a predisporre all'interno della tribuna vengono utilizzate non solo durante le partite casalinghe della squadra ma durante tutti i giorni della settimana, attraverso un utilizzo degli spazi adiacenti allo stadio stesso, in seguito, per esempio, alla realizzazione di un centro sportivo aperto alla cittadinanza».
Da ingegnere, quanto conta la struttura nell'appeal di un evento sportivo?
«Credo sia uno degli aspetti fondamentali. Ormai il tifoso non è più un semplice spettatore della partita, ma è diventato un vero e proprio cliente, con le sue aspettative. Il calcio sta cambiando e alla base di questo cambiamento c'è un generale ammodernamento, sia del sistema calcio sia delle strutture che lo accolgono. Come detto, sta cambiando il concetto di stadio il quale deve essere in grado di attirare ogni genere di tifoso, riuscendo a soddisfarne ogni tipo di esigenza; al contempo, assumono un ruolo determinante le stesse aziende del territorio e non, le quali potranno investire nell'impianto attraverso l'affitto di sky box o di stand pubblicitari. A tal proposito credo che il marketing applicato alla gestione di un impianto sportivo sia alla base di una società sana; al giorno d'oggi il tifoso/cliente deve poter vivere lo stadio non solo per i 90 minuti del match, ma anche nei momenti immediatamente adiacenti, sentendosi libero di recarsi in un luogo sicuro e accogliente. Lo stadio deve diventare una struttura capace di accogliere le più disparate iniziative. Solo in questo modo potremo tutti trarre dei vantaggi, dalla società che indubbiamente godrà dei vantaggi derivanti da un aumento dell'appeal, appunto, dell'impianto, al comune stesso che, con una sana collaborazione con il club, può contribuire alla riqualificazione urbana della zona limitrofa, per giungere, infine, al tifoso, il quale finalmente potrà recarsi allo stadio sapendo che è stato progettato e realizzato per soddisfare, in maniera specifica, proprio le sue esigenze».
Hai presentato il tuo studio presso l'amministrazione comunale? Se sì, con quale feedback?
«Purtroppo no, principalmente perché sono stato particolarmente preso dagli impegni universitari, ma anche perché solo con il lavoro di tesi sono riuscito a studiare più nel dettaglio il caso riguardante il mio stage ma anche le altre realtà al di fuori della nostra città. A tal proposito, torno a ripetere che il mio lavoro si rivolge in ugual modo sia all'amministrazione comunale, sia al Barletta Calcio, quindi qual'ora una delle due parti o entrambe vogliano dei chiarimenti al riguardo sono pronto a fornirli in qualsiasi momento».
(Twitter: @GuerraLuca88)
Antonio, nella tua tesi parli di modello di stadio polifunzionale: al momento il "Puttilli" di questa idea ha solo la pista e il rettangolo verde....
«Sì, attualmente il nostro impianto viene utilizzato unicamente per le attività sportive che si praticano al suo interno, sfruttando in piccola parte l'enorme potenzialità che la struttura dispone. Nel mio lavoro di tesi descrivo quanto sia diventato inevitabile disporre di uno stadio all'avanguardia e quindi anche polifunzionale. Con questo termine voglio far riferimento ad un impianto che sia in grado di conciliare agli sport, che attualmente si praticano al suo interno, anche delle attività commerciali complementari, centri di aggregazione giovanile e centri sportivi. Per stadio polifunzionale si intende una struttura aperta e utilizzata in maniera assidua per i più disparati motivi. Non è più concepibile pensare che un complesso di tali dimensioni, come può essere uno stadio di calcio, venga utilizzato principalmente una volta ogni 14 giorni; è necessario trasformare il concetto di stadio, il quale deve diventare un luogo capace di ospitare gli eventi sportivi nel massimo della sicurezza, ma allo stesso tempo deve essere in grado di inserirsi in un area dedicata alla cultura, all'intrattenimento e allo stesso business. Solo in questo modo il "nostro stadio" può diventare un modello di impianto produttivo, capace di non dover più essere un peso per i bilanci societari ma un asset fondamentale per gli stessi».
Il calcio italiano è in crisi, anche di idee. Non è ancora chiaro quanto adeguate strutture possano aiutare l'economia di una società?
«Ad alti livelli credo che ormai le società siano al corrente della fondamentale importanza nel disputare gli incontri casalinghi in uno stadio all'avanguardia e possibilmente di proprietà; aldilà della Juventus Football Club, è ormai noto come numerose altre società calcistiche si stiano mettendo al passo del club torinese attraverso la realizzazione di nuovi impianti o con l'adeguamento di quelli già esistenti. A testimonianza dell'influenza positiva che strutture di natura polifunzionale hanno per le casse delle società ci sono i dati relativi a quei club (europei) che hanno investito in questo nuovo concetto di sport associato al marketing. Emblematico è il caso dell'Arsenal Football Club; attraverso un aumento dei posti disponibili e un incremento della quantità e qualità dei sevizi offerti, l'Emirates Stadium è riuscito a generare, nella sua prima stagione sportiva, un incremento dei soli incassi da stadio del 110%. In Italia, come ben sappiamo, dal punto di vista impiantistico siamo ancora in una fase embrionale; la Juventus, come detto, è l'unica società di calcio che è riuscita a dotarsi di una struttura polifunzionale, aperta durante tutta la settimana, capace di generare ricavi stimati intorno ai 30 milioni di euro all'anno, per un generale aumento delle entrate del 240% rispetto alla stagione precedente all'inaugurazione dell'impianto».
Manca ancora l'adeguata mediazione tra bisogni e progetti? «A mio avviso determinate strategie, improntate all'adeguamento delle strutture, possono portare dei netti vantaggi in termini economici anche se applicate a società appartenenti a categorie inferiori. In questi casi l'accorgimento da prendere è studiare nel dettaglio il bacino d'utenza della città in cui è presente l'impianto e il seguito di supporters della squadra stessa; in tal modo, attraverso un adeguata contestualizzazione, risulta fattibile l'applicazione, a stadi come il "Puttilli", di quelle strategie di gestione e di quelle stesse innovazioni utilizzate nei principali impianti sportivi europei. Nel caso del Barletta Calcio, andando ad unire i risultati derivanti dall'adeguamento funzionale a quelli derivanti dall'applicazione delle nuove modalità di gestione dell'impianto, ho riscontrato la possibilità di ottenere un aumento degli incassi annui del 50% circa rispetto ai ricavi attuali della società».
Per compilare la tua tesi hai vissuto uno stage entro le mura del Barletta Calcio: come il problema stadio è vissuto dai calciatori?
«A dire il vero non ho avuto modo di interfacciarmi con gli atleti, tranne qualche parola o domanda da semplice tifoso. Piuttosto, durante il mio stage, ho avuto modo di rapportarmi con gli ambienti della dirigenza, nella figura dell'allora Direttore Generale, con l'addetto stampa e con la segreteria in generale. Posso dire che il problema stadio era un tema sempre all'ordine del giorno, non a caso il Direttore decise di accettare la mia proposta di stage, con tema cardine lo studio dell'ammodernamento dello stadio "Puttilli", senza troppi ripensamenti. Era la stagione 2011/12, si era in lotta per i play-off e, ovviamente, c'era un occhio di riguardo per la stagione successiva, ipoteticamente in serie B; di conseguenza il "problema stadio" era una tema caldo per quanto riguardava le giornate lavorative della società. Purtroppo, però, nonostante la gara d'appalto si presumeva sarebbe partita da li a poco, già si scorgevano delle difficoltà, non imputabili alla società, nell'avanzamento delle pratiche riguardanti il rifacimento dell'impianto. Dopo due anni si può dire che quel lieve pessimismo non era del tutto infondato.
Con la delibera della Giunta Comunale del 21/10/2011 è stato approvato lo studio di fattibilità in merito ai lavori di ristrutturazione, per un totale di 3 milioni di euro. Qual è stato il focus dello studio della CONI Servizi?
Nel mio lavoro, prima di stage poi di tesi, ho studiato il progetto preliminare della CONI Servizi cercando di individuare tutte le modifiche, innovazioni e ottimizzazioni che potevano essere applicate al progetto già esistente. Fermo restando che già con la semplice attuazione del progetto preliminare è possibile avere dei notevoli vantaggi (in termini, per esempio, di miglioramento della visibilità), ho focalizzato l'attenzione su aspetti che esulano dal suddetto progetto e dal Comune di Barletta stesso; a tal proposito credo che la Società Sportiva possa inserirsi nel discorso guardando con lungimiranza e investendo in maniera ponderata, con una progettazione e studi di fattibilità complementari a quelli già effettuati dalla CONI Servizi, in modo da sfruttare nel migliore dei modi la fase di adeguamento che riguarderà l'impianto».
Entriamo nei dettagli del progetto...
«A tal proposito, guardando il progetto si può notare che per le tifoserie avversarie viene lasciato uno spazio ben più ampio rispetto a quello che alla fine risulta essere necessario; attraverso l'istallazione di appositi spazi "cuscinetto" sarebbe possibile sfruttare al massimo la curva sud dell'impianto, dividendola in questo modo tra tifosi ospiti e tifosi di casa. In tal modo si sfrutterebbero più di 700 posti che altrimenti, nella maggior parte dei casi, non è possibile utilizzare.Per quanto riguarda la polifunzionalità dell'impianto è necessario affiancare al progetto già esistente una progettazione parallela. Nella tribuna centrale, costruita ex novo, sarà possibile installare dai 3 ai 5 sky box, i quali dovrebbero essere progettati per soddisfare, in maniera specifica, le esigenze delle aziende che potranno utilizzarli 7 giorni su 7, trasformandoli in piccole sale riunioni. Nella parte sottostante la tribuna, oltre all'installazione di uffici, spogliatoi e sala stampa, è possibile sfruttare gli spazi per la dislocazione di una sala per conferenze, di un area di ristorazione, di vetrine pubblicitarie e di uno store ufficiale della squadra. Tutto questo, però, diventa sostenibile finanziariamente solo nel momento in cui tutte le attività che si vanno a predisporre all'interno della tribuna vengono utilizzate non solo durante le partite casalinghe della squadra ma durante tutti i giorni della settimana, attraverso un utilizzo degli spazi adiacenti allo stadio stesso, in seguito, per esempio, alla realizzazione di un centro sportivo aperto alla cittadinanza».
Da ingegnere, quanto conta la struttura nell'appeal di un evento sportivo?
«Credo sia uno degli aspetti fondamentali. Ormai il tifoso non è più un semplice spettatore della partita, ma è diventato un vero e proprio cliente, con le sue aspettative. Il calcio sta cambiando e alla base di questo cambiamento c'è un generale ammodernamento, sia del sistema calcio sia delle strutture che lo accolgono. Come detto, sta cambiando il concetto di stadio il quale deve essere in grado di attirare ogni genere di tifoso, riuscendo a soddisfarne ogni tipo di esigenza; al contempo, assumono un ruolo determinante le stesse aziende del territorio e non, le quali potranno investire nell'impianto attraverso l'affitto di sky box o di stand pubblicitari. A tal proposito credo che il marketing applicato alla gestione di un impianto sportivo sia alla base di una società sana; al giorno d'oggi il tifoso/cliente deve poter vivere lo stadio non solo per i 90 minuti del match, ma anche nei momenti immediatamente adiacenti, sentendosi libero di recarsi in un luogo sicuro e accogliente. Lo stadio deve diventare una struttura capace di accogliere le più disparate iniziative. Solo in questo modo potremo tutti trarre dei vantaggi, dalla società che indubbiamente godrà dei vantaggi derivanti da un aumento dell'appeal, appunto, dell'impianto, al comune stesso che, con una sana collaborazione con il club, può contribuire alla riqualificazione urbana della zona limitrofa, per giungere, infine, al tifoso, il quale finalmente potrà recarsi allo stadio sapendo che è stato progettato e realizzato per soddisfare, in maniera specifica, proprio le sue esigenze».
Hai presentato il tuo studio presso l'amministrazione comunale? Se sì, con quale feedback?
«Purtroppo no, principalmente perché sono stato particolarmente preso dagli impegni universitari, ma anche perché solo con il lavoro di tesi sono riuscito a studiare più nel dettaglio il caso riguardante il mio stage ma anche le altre realtà al di fuori della nostra città. A tal proposito, torno a ripetere che il mio lavoro si rivolge in ugual modo sia all'amministrazione comunale, sia al Barletta Calcio, quindi qual'ora una delle due parti o entrambe vogliano dei chiarimenti al riguardo sono pronto a fornirli in qualsiasi momento».
(Twitter: @GuerraLuca88)