Religioni
Il nostro Dio è Trinità d’Amore
«Essere cristiani significa lasciarsi amare e perdonare»
Barletta - domenica 15 giugno 2014
Dal vangelo secondo Giovanni
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».
Nel percorso che stiamo facendo celebriamo lungo le domeniche che si susseguono una serie di feste: Ascensione, Pentecoste, Ss. Trinità, Festa del Corpo e Sangue di Cristo. Tutte le feste cristiane intendono manifestarci che ciò che riguarda il nostro Dio riguarda l'uomo, riguarda e riguarderà me. Sono cioè feste che intendono manifestarci l'economia della salvezza, ossia come il Signore ha inteso rivelare se stesso e il dono della salvezza! Tradizionalmente la festa odierna viene definita "teologica" più che "economica", perché intende celebrare il nostro Dio in sé. Ma noi possiamo dire di Dio quello che Lui ha fatto per noi. E di lì, minimamente, balbettare qualcosa.
La Liturgia della Parola di questa domenica si dipana attraverso la rivelazione del nome di Dio (I lettura), che è comunione (II lettura) e che si manifesta pienamente nell'offerta d'amore che il Padre ha fatto al mondo del Figlio (vangelo). Dopo il grave errore che il popolo d'Israele aveva commesso con l'adorazione del vitello d'oro, il Signore manifesta il suo nome che è misericordia e perdono. Questa rivelazione trova corpo in una festa ebraica, quella dello Yom Kippur, giorno in cui si ottiene il perdono e si proclama il nome sacro di Dio, altrimenti impronunciabile. Significa che nome di Dio e perdono sono mirabilmente congiunti. Essere cristiani significa lasciarsi amare e perdonare, sentirsi amati e perdonati da Dio.
Ma quale Dio? Non un Dio sul trono ma un Padre che dà per amore nostro e per la nostra salvezza suo Figlio. Ora se già è difficile dare la propria vita per un'altra persona, immaginiamo sia quasi impossibile dare il proprio Figlio perché altri abbiano la vita. Ebbene questi è il nostro Dio. in questo senso anche il Padre ha vissuto la sua passione. E questo perché il Figlio non ha mai agito da solo. Il Figlio è venuto nel mondo non per giudicarlo ma per salvarlo! Come aver paura di un Dio così, che per salvarti dà se stesso, offre suo Figlio? Ecco perché la fede non può essere accompagnata dalla paura ma solo dalla consapevolezza di sentirsi amati. Sempre! E così si è rivelato il nostro Dio, come comunione di amore che giunge a dare tutto di sé. E comunione implica relazione: perciò parliamo di Padre, Figlio, Spirito… Se fossimo capaci di comprendere e accogliere e annunciare ciò qualcosa cambierebbe! E' l'augurio per questa Domenica!
[don Vito]
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».
Nel percorso che stiamo facendo celebriamo lungo le domeniche che si susseguono una serie di feste: Ascensione, Pentecoste, Ss. Trinità, Festa del Corpo e Sangue di Cristo. Tutte le feste cristiane intendono manifestarci che ciò che riguarda il nostro Dio riguarda l'uomo, riguarda e riguarderà me. Sono cioè feste che intendono manifestarci l'economia della salvezza, ossia come il Signore ha inteso rivelare se stesso e il dono della salvezza! Tradizionalmente la festa odierna viene definita "teologica" più che "economica", perché intende celebrare il nostro Dio in sé. Ma noi possiamo dire di Dio quello che Lui ha fatto per noi. E di lì, minimamente, balbettare qualcosa.
La Liturgia della Parola di questa domenica si dipana attraverso la rivelazione del nome di Dio (I lettura), che è comunione (II lettura) e che si manifesta pienamente nell'offerta d'amore che il Padre ha fatto al mondo del Figlio (vangelo). Dopo il grave errore che il popolo d'Israele aveva commesso con l'adorazione del vitello d'oro, il Signore manifesta il suo nome che è misericordia e perdono. Questa rivelazione trova corpo in una festa ebraica, quella dello Yom Kippur, giorno in cui si ottiene il perdono e si proclama il nome sacro di Dio, altrimenti impronunciabile. Significa che nome di Dio e perdono sono mirabilmente congiunti. Essere cristiani significa lasciarsi amare e perdonare, sentirsi amati e perdonati da Dio.
Ma quale Dio? Non un Dio sul trono ma un Padre che dà per amore nostro e per la nostra salvezza suo Figlio. Ora se già è difficile dare la propria vita per un'altra persona, immaginiamo sia quasi impossibile dare il proprio Figlio perché altri abbiano la vita. Ebbene questi è il nostro Dio. in questo senso anche il Padre ha vissuto la sua passione. E questo perché il Figlio non ha mai agito da solo. Il Figlio è venuto nel mondo non per giudicarlo ma per salvarlo! Come aver paura di un Dio così, che per salvarti dà se stesso, offre suo Figlio? Ecco perché la fede non può essere accompagnata dalla paura ma solo dalla consapevolezza di sentirsi amati. Sempre! E così si è rivelato il nostro Dio, come comunione di amore che giunge a dare tutto di sé. E comunione implica relazione: perciò parliamo di Padre, Figlio, Spirito… Se fossimo capaci di comprendere e accogliere e annunciare ciò qualcosa cambierebbe! E' l'augurio per questa Domenica!
[don Vito]