Religioni
Il messaggio dell'Arcivescovo D'Ascenzo per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali
«La dimensione dell’ascolto è la condizione della buona comunicazione»
Barletta - domenica 29 maggio 2022
Comunicato Stampa
In occasione della giornata mondiale delle comunicazioni sociali, proponiamo la lettera scritta dall'Arcivescovo Mons. Leonardo D'Ascenzo.
«Carissimi,
volentieri, in occasione della Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali (domenica 29 maggio 2022, solennità dell'Ascensione), mi permetto di porgere alcune riflessioni che traggono lo spunto dal messaggio di Papa Francesco per tale evento. Rimane fermo il mio invito alla lettura diretta del testo del Santo Padre per inquadrare meglio e con completezza il suo pensiero e ciò che vuole dirci.
Intanto, ciò che primariamente mi colpisce è che Papa Francesco, con il messaggio dello scorso anno e con quello del corrente, sta proponendo la grammatica fondamentale per chi si accinga ad operare con efficacia nel campo della comunicazione e, in particolare, di quella sociale. Nel 2021, la riflessione ruotava attorno alla necessità di "andare e vedere", oggi il verbo proposto è "ascoltare".
Si tratta di due atteggiamenti senza dei quali non è possibile nessuna forma di relazione e di comunicazione. E, a dare forza e singolarità a questa prospettiva, è che Papa Francesco la delinea partendo dal modo di porsi di Gesù nelle diverse situazioni di vita in cui si ritrova ad essere coinvolto: lo stile (tra i tanti che possiamo intercettare nella lettura del testo evangelico) dell'andare, vedere, ascoltare, è costantemente presente nell'agire del nazareno, a tal punto che esso diventa imprescindibile per ogni espressione di sequela.
Il Papa distingue l' "ascoltare" dal "sentire": il secondo è più legato a dinamiche fisiologiche e ad una comunicazione superficiale e debole, il primo è il risultato della convergenza di tutte le facoltà della persona (da quelle connesse al pensiero a quelle della sfera affettiva ed emotiva) verso colui che si vuole ascoltare. Per cui fa bene a parlare dell' «ascoltare con l'orecchio del cuore», quasi ad alludere ad una vera e propria esperienza empatica.
Pertanto è necessario porsi con questo atteggiamento nelle relazioni umane, ma anche nel nostro rapportarci con la natura e con il cosmo. Solo con l'ascolto (preceduto dall'andare e dal vedere), è possibile spingersi in qualche modo nella complessità e profondità, (o nel mistero, per usare un'altra parola molto significativa), che contraddistingue l'essere umano e tutto quanto ci attornia. Ciò per afferrare per quanto possibile la verità su ciascuno di noi, sul mondo, sull'esistenza.
Si può dire che la dimensione dell'ascolto è «la condizione della buona comunicazione». Essa va assunta nella vita quotidiana e nell'ordinarietà delle nostre relazioni, nella società, nella politica, dinanzi al fenomeno migratorio, nella chiesa, e da parte di chi, in particolare, ha scelto di fare il giornalista. E, mentre non si impara a sentire, l'ascoltare è il risultato di impegno, di fatica, di un decidersi ad aprirsi in profondità verso l'altro; e, come dice Papa Francesco, richiede la "pazienza": «Un grande diplomatico della Santa Sede, il Cardinale Agostino Casaroli, parlava di "martirio della pazienza", necessario per ascoltare e farsi ascoltare nelle trattative con gli interlocutori più difficili, al fine di ottenere il maggior bene possibile in condizione di limitazione della libertà. Ma in situazioni meno difficili, l'ascolto richiede sempre la virtù della pazienza, insieme alla capacità di lasciarsi sorprendere dalla verità, fosse pure solo un frammento di verità, nella persona che stiamo ascoltando». Preghiamo il Signore perché chi ha il potere decisionale nell'attuale conflitto russo-ucraino sappia aprirsi a questa via di risoluzione, in alternativa a quella inutile e dolorosa della guerra!
E sia anche questo il nostro stile nel percorso sinodale che abbiamo da qualche tempo intrapreso. Non è questo il luogo per farlo nel dettaglio, ma vi posso dire che l'ascolto delle diverse realtà ecclesiali, ed anche non, ci ha dato la possibilità di cogliere tanto bene nella nostra comunità ecclesiale e civile. Non dimenticando mai che la sinodalità deve aiutarci a cogliere ciò che il Signore ci chiede.
Nel concludere queste riflessioni, colgo l'occasione per ringraziare i giornalisti e gli operatori della comunicazione sociale operanti nel nostro territorio. Percepisco che, tra non poche difficoltà, vi fate ascoltatori di quanto avviene nel nostro territorio; come vi fate attenti alla vita della nostra comunità diocesana. Grazie ancora.
Vi ricordo tutti nella mia preghiera!»
«Carissimi,
volentieri, in occasione della Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali (domenica 29 maggio 2022, solennità dell'Ascensione), mi permetto di porgere alcune riflessioni che traggono lo spunto dal messaggio di Papa Francesco per tale evento. Rimane fermo il mio invito alla lettura diretta del testo del Santo Padre per inquadrare meglio e con completezza il suo pensiero e ciò che vuole dirci.
Intanto, ciò che primariamente mi colpisce è che Papa Francesco, con il messaggio dello scorso anno e con quello del corrente, sta proponendo la grammatica fondamentale per chi si accinga ad operare con efficacia nel campo della comunicazione e, in particolare, di quella sociale. Nel 2021, la riflessione ruotava attorno alla necessità di "andare e vedere", oggi il verbo proposto è "ascoltare".
Si tratta di due atteggiamenti senza dei quali non è possibile nessuna forma di relazione e di comunicazione. E, a dare forza e singolarità a questa prospettiva, è che Papa Francesco la delinea partendo dal modo di porsi di Gesù nelle diverse situazioni di vita in cui si ritrova ad essere coinvolto: lo stile (tra i tanti che possiamo intercettare nella lettura del testo evangelico) dell'andare, vedere, ascoltare, è costantemente presente nell'agire del nazareno, a tal punto che esso diventa imprescindibile per ogni espressione di sequela.
Il Papa distingue l' "ascoltare" dal "sentire": il secondo è più legato a dinamiche fisiologiche e ad una comunicazione superficiale e debole, il primo è il risultato della convergenza di tutte le facoltà della persona (da quelle connesse al pensiero a quelle della sfera affettiva ed emotiva) verso colui che si vuole ascoltare. Per cui fa bene a parlare dell' «ascoltare con l'orecchio del cuore», quasi ad alludere ad una vera e propria esperienza empatica.
Pertanto è necessario porsi con questo atteggiamento nelle relazioni umane, ma anche nel nostro rapportarci con la natura e con il cosmo. Solo con l'ascolto (preceduto dall'andare e dal vedere), è possibile spingersi in qualche modo nella complessità e profondità, (o nel mistero, per usare un'altra parola molto significativa), che contraddistingue l'essere umano e tutto quanto ci attornia. Ciò per afferrare per quanto possibile la verità su ciascuno di noi, sul mondo, sull'esistenza.
Si può dire che la dimensione dell'ascolto è «la condizione della buona comunicazione». Essa va assunta nella vita quotidiana e nell'ordinarietà delle nostre relazioni, nella società, nella politica, dinanzi al fenomeno migratorio, nella chiesa, e da parte di chi, in particolare, ha scelto di fare il giornalista. E, mentre non si impara a sentire, l'ascoltare è il risultato di impegno, di fatica, di un decidersi ad aprirsi in profondità verso l'altro; e, come dice Papa Francesco, richiede la "pazienza": «Un grande diplomatico della Santa Sede, il Cardinale Agostino Casaroli, parlava di "martirio della pazienza", necessario per ascoltare e farsi ascoltare nelle trattative con gli interlocutori più difficili, al fine di ottenere il maggior bene possibile in condizione di limitazione della libertà. Ma in situazioni meno difficili, l'ascolto richiede sempre la virtù della pazienza, insieme alla capacità di lasciarsi sorprendere dalla verità, fosse pure solo un frammento di verità, nella persona che stiamo ascoltando». Preghiamo il Signore perché chi ha il potere decisionale nell'attuale conflitto russo-ucraino sappia aprirsi a questa via di risoluzione, in alternativa a quella inutile e dolorosa della guerra!
E sia anche questo il nostro stile nel percorso sinodale che abbiamo da qualche tempo intrapreso. Non è questo il luogo per farlo nel dettaglio, ma vi posso dire che l'ascolto delle diverse realtà ecclesiali, ed anche non, ci ha dato la possibilità di cogliere tanto bene nella nostra comunità ecclesiale e civile. Non dimenticando mai che la sinodalità deve aiutarci a cogliere ciò che il Signore ci chiede.
Nel concludere queste riflessioni, colgo l'occasione per ringraziare i giornalisti e gli operatori della comunicazione sociale operanti nel nostro territorio. Percepisco che, tra non poche difficoltà, vi fate ascoltatori di quanto avviene nel nostro territorio; come vi fate attenti alla vita della nostra comunità diocesana. Grazie ancora.
Vi ricordo tutti nella mia preghiera!»