La città
«I nazisti mi torturavano col calcio del fucile»
Antonio Fucci, ex partigiano barlettano, racconta la sua lotta
Barletta - sabato 25 aprile 2015
10.11
«Avrei dovuto essere impiccato col filo spinato». Antonio Fucci, in visita con la sua famiglia a Barletta, dove ogni tanto torna per rivedere i luoghi della sua gioventù. Antonio nasce il 23 gennaio 1926, a 18 anni sceglie la lotta partigiana. Una scelta che suo padre, il generale Ettore Fucci, condivise in pieno:«Mio padre Ettore si trovava in Corsica a combattere i nazisti ma, quando seppe della mia decisione, ne fu fiero». Incontro Antonio, sua moglie Costanza Savino e la loro figlia Stefania, in compagnia di Ruggiero Graziano, presidente dell'ANMIG – Barletta, poco prima di essere ricevuti dal sindaco Pasquale Cascella e dal prefetto, dott.ssa Clara Minerva. In occasione del 25 aprile, festa di liberazione, ricordiamo anche i fratelli partigiani Vitrani e Ventrella e Giuseppe Sfregola .
Sig. Fucci, quando scelse la lotta partigiana?
«Il 13 giugno 1944 avevo 18 anni, era il mio onomastico. In quel periodo, con la mia famiglia, vivevamo in Toscana, mio padre Ettore combatteva in Corsica, contro i nazisti. Ricevetti la cartolina di arruolamento della Repubblica Sociale, avrei dovuto entrare nelle milizie di Salò; chiunque si fosse rifiutato, avrebbe subìto ritorsioni per se e per la propria famiglia. Io ero anti-fascista, creai una messinscena: comprai il biglietto ferroviario per Lucca, incontrai un mio professore di scuola, un fervente fascista, riferendogli che sarei entrato nell'esercito di Salò. Invece, scappai sulle Alpi Apuane, dove mi unii ad una formazione partigiana. Mio padre mi fece avere una "Beretta" calibro 9, con relative munizioni».
Che tipo di formazione partigiana?
«Era una formazione autonoma, slegata dalla politica, comandata Paolo Cavalli, un ufficiale di artiglieria».
Quali compiti aveva la vostra formazione partigiana?
«Noi effettuavamo "azioni di disturbo": fare saltare le linee di comunicazione. Sulle Alpi Apuane, abbiamo fatto saltare in aria un ponte, di importanza strategica per i nazi-fascisti. La vita era dura per noi, dormivamo dove capitava, spesso all'aperto nei boschi, fino a quando non mi hanno catturato».
Quando fu catturato?
«Fui catturato durante un rastrellamento nazifascista, mentre mi trovavo a Val di Castello, un paese vicino S. Anna di Stazzena, dove era appena stata compiuta una terribile strage ad opera dei nazi-fascisti. Catturarono me e tanti altri, portandoci a Nozzano, vicino Lucca. Fummo condotti e imprigionati nella scuola elementare del paese, adibita a prigione, un luogo di orrori. La mia cella era schizzata da macchie di sangue. Tra i carnefici, c'erano i fascisti repubblichini».
Ha subìto violenze, durante la prigionia?
«Durante gli interrogatori, nel tentativo di estorcermi informazioni, i nazisti mi torturavano, picchiandomi ripetutamente col calcio del fucile, sulle spalle, ma non ho parlato. Ad altri compagni di prigionia è andata peggio. Noi prigionieri eravamo usati come manovalanza, in campagna. Negli intervalli dal lavoro, mi rinchiudevano nella stalla coi maiali, costringendomi a stare a quattro zampe. I fascisti e i nazisti si divertivano anche in questa maniera sadica». Cosa successe, dopo gli interrogatori?
«Noi prigionieri fummo divisi in due gruppi: un gruppo sarebbe dovuto rimanere in Italia, l'altro gruppo sarebbe partito per la Germania. I tedeschi erano bugiardi, poiché – come ho saputo in seguito – i prigionieri destinati in Germania, furono giustiziati, tramite impiccagione col filo spinato, e appesi sulla pubblica piazza in Garfagnana. Io avrei dovuto seguire la loro stessa sorte, ma riuscii ad evadere, approfittando di una distrazione delle guardie, mentre ero a lavoro nei campi. La mia prigionia durò una settimana».
Dove scappò?
«Tornai a casa, vivendo nascosto in una stretta intercapedine. Ho vissuto in questa intercapedine per due mesi, mia madre mi portava da mangiare. Dopo due mesi di quella vita, diventai claustrofobico. La mia lotta partigiana durò tutta l'estate del 1944, poi arrivarono gli alleati».
Dopo la guerra, ha rivisto i suoi compagni partigiani?
«Ho rivisto Paolo Cavalli e due francesi, disertori dell'esercito nazista, entrati nella nostra formazione. Questi francesi, in origine erano prigionieri dei nazisti, arruolati forzatamente nell'esercito tedesco, con la promessa di una vita migliore. Alcuni compagni della mia formazione partigiana, sono morti in azione. In quella formazione partigiana, ero il più giovane».
Signor Fucci, dopo la guerra, cosa ha fatto?
«Mi sono rimesso a studiare, laureandomi in economia e commercio. Sono entrato nell'Agip di Enrico Mattei, girando l'Italia per lavoro, fino a quando fui promosso capo - ufficio. Fin quando c'è stato Mattei alla guida dell'Agip, le cose andavano benissimo, vigeva la meritocrazia. Dopo la morte di Mattei (deceduto in un incidente aereo nel 1962 –ndr), l'Agip finì in pasto alla politica, tra raccomandazioni di qualunque tipo. Enrico Mattei era un grande uomo, una persona positiva. Dopo la sua morte, lasciai l'Agip e mi lanciai nel settore turistico, con un progetto nel Cilento».
Le piace questa Italia per cui ha combattuto?
«Questa Italia mi piace poco, a causa della degenerazione della politica, che è diventata un mezzo per guadagnare velocemente denaro. Ai miei tempi, gli ideali erano differenti».
Signor Fucci, cosa pensa dei neofascisti di oggi?
«I neofascisti ignorano cosa sia stato il fascismo, che io ho vissuto. Benito Mussolini, con le sue pose istrioniche, era un personaggio ridicolo! ».
A seguire, pubblichiamo l'elenco dei partigiani barlettani caduti e dispersi nella guerra di liberazione dal nazi-fascismo.
Sig. Fucci, quando scelse la lotta partigiana?
«Il 13 giugno 1944 avevo 18 anni, era il mio onomastico. In quel periodo, con la mia famiglia, vivevamo in Toscana, mio padre Ettore combatteva in Corsica, contro i nazisti. Ricevetti la cartolina di arruolamento della Repubblica Sociale, avrei dovuto entrare nelle milizie di Salò; chiunque si fosse rifiutato, avrebbe subìto ritorsioni per se e per la propria famiglia. Io ero anti-fascista, creai una messinscena: comprai il biglietto ferroviario per Lucca, incontrai un mio professore di scuola, un fervente fascista, riferendogli che sarei entrato nell'esercito di Salò. Invece, scappai sulle Alpi Apuane, dove mi unii ad una formazione partigiana. Mio padre mi fece avere una "Beretta" calibro 9, con relative munizioni».
Che tipo di formazione partigiana?
«Era una formazione autonoma, slegata dalla politica, comandata Paolo Cavalli, un ufficiale di artiglieria».
Quali compiti aveva la vostra formazione partigiana?
«Noi effettuavamo "azioni di disturbo": fare saltare le linee di comunicazione. Sulle Alpi Apuane, abbiamo fatto saltare in aria un ponte, di importanza strategica per i nazi-fascisti. La vita era dura per noi, dormivamo dove capitava, spesso all'aperto nei boschi, fino a quando non mi hanno catturato».
Quando fu catturato?
«Fui catturato durante un rastrellamento nazifascista, mentre mi trovavo a Val di Castello, un paese vicino S. Anna di Stazzena, dove era appena stata compiuta una terribile strage ad opera dei nazi-fascisti. Catturarono me e tanti altri, portandoci a Nozzano, vicino Lucca. Fummo condotti e imprigionati nella scuola elementare del paese, adibita a prigione, un luogo di orrori. La mia cella era schizzata da macchie di sangue. Tra i carnefici, c'erano i fascisti repubblichini».
Ha subìto violenze, durante la prigionia?
«Durante gli interrogatori, nel tentativo di estorcermi informazioni, i nazisti mi torturavano, picchiandomi ripetutamente col calcio del fucile, sulle spalle, ma non ho parlato. Ad altri compagni di prigionia è andata peggio. Noi prigionieri eravamo usati come manovalanza, in campagna. Negli intervalli dal lavoro, mi rinchiudevano nella stalla coi maiali, costringendomi a stare a quattro zampe. I fascisti e i nazisti si divertivano anche in questa maniera sadica». Cosa successe, dopo gli interrogatori?
«Noi prigionieri fummo divisi in due gruppi: un gruppo sarebbe dovuto rimanere in Italia, l'altro gruppo sarebbe partito per la Germania. I tedeschi erano bugiardi, poiché – come ho saputo in seguito – i prigionieri destinati in Germania, furono giustiziati, tramite impiccagione col filo spinato, e appesi sulla pubblica piazza in Garfagnana. Io avrei dovuto seguire la loro stessa sorte, ma riuscii ad evadere, approfittando di una distrazione delle guardie, mentre ero a lavoro nei campi. La mia prigionia durò una settimana».
Dove scappò?
«Tornai a casa, vivendo nascosto in una stretta intercapedine. Ho vissuto in questa intercapedine per due mesi, mia madre mi portava da mangiare. Dopo due mesi di quella vita, diventai claustrofobico. La mia lotta partigiana durò tutta l'estate del 1944, poi arrivarono gli alleati».
Dopo la guerra, ha rivisto i suoi compagni partigiani?
«Ho rivisto Paolo Cavalli e due francesi, disertori dell'esercito nazista, entrati nella nostra formazione. Questi francesi, in origine erano prigionieri dei nazisti, arruolati forzatamente nell'esercito tedesco, con la promessa di una vita migliore. Alcuni compagni della mia formazione partigiana, sono morti in azione. In quella formazione partigiana, ero il più giovane».
Signor Fucci, dopo la guerra, cosa ha fatto?
«Mi sono rimesso a studiare, laureandomi in economia e commercio. Sono entrato nell'Agip di Enrico Mattei, girando l'Italia per lavoro, fino a quando fui promosso capo - ufficio. Fin quando c'è stato Mattei alla guida dell'Agip, le cose andavano benissimo, vigeva la meritocrazia. Dopo la morte di Mattei (deceduto in un incidente aereo nel 1962 –ndr), l'Agip finì in pasto alla politica, tra raccomandazioni di qualunque tipo. Enrico Mattei era un grande uomo, una persona positiva. Dopo la sua morte, lasciai l'Agip e mi lanciai nel settore turistico, con un progetto nel Cilento».
Le piace questa Italia per cui ha combattuto?
«Questa Italia mi piace poco, a causa della degenerazione della politica, che è diventata un mezzo per guadagnare velocemente denaro. Ai miei tempi, gli ideali erano differenti».
Signor Fucci, cosa pensa dei neofascisti di oggi?
«I neofascisti ignorano cosa sia stato il fascismo, che io ho vissuto. Benito Mussolini, con le sue pose istrioniche, era un personaggio ridicolo! ».
A seguire, pubblichiamo l'elenco dei partigiani barlettani caduti e dispersi nella guerra di liberazione dal nazi-fascismo.