Giuseppe Lagrasta
Giuseppe Lagrasta
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Giornata Mondiale della Poesia, 21 marzo 2025

Il racconto di Giuseppe Lagrasta

Dialogo immaginario tra una giovane poetessa e un pescatore di parole.

La voce dell'acqua di Giuseppe Lagrasta




In un mattino di primavera, una giovane poetessa e un poeta, che si definiva pescatore di parole, siedono su una panchina poco lontani dalla spiaggia. Il sole alto nel cielo ricorda una luce d'altri tempi, e illumina le cose, senza pausa, con una accelerazione continua, come se dovesse battere in velocità, lo scorrere del tempo, frantumando l'anima degli orologi. I due poeti si incontrano per parlare e affrontare i temi e i motivi legati alla poesia e al linguaggio poetico.

Poetessa: Salve, come va con la pesca?
Pescatore: Non sono buoni i nostri tempi. E ho difficoltà, in questo nuovo millennio, a pescare parole poetiche, in un mare agitato e dalle acque, oscure.
Poetessa: Sì, certo, tempi difficili. Ma cosa accade?
Pescatore: Intanto la parola è stata abusata, consumata, ridotta a mero strumento di consumo quotidiano.
Poetessa: In che senso?
Pescatore: Il problema nasce dalle cattive relazioni umane, dalle difficoltà comunicative tra gli esseri umani. Dall'aggressività e da una rabbia, fluida. E le conseguenze si ripercuotono, sulle relazioni umane e sull'uso e abuso delle parole. Dalle relazioni empatiche si passa all'uso continuo di parole cruciali.
Poetessa: E le parole, spesso, feriscono e fanno male. Parole cruciali, che fanno male. Perché?
Pescatore: Sì, Sì, attualmente, quando getto le mie reti nel Mar Grande delle Relazioni Umane, non faccio altro che raccogliere parole grigie, opache, oscure, parole dette da uomini grigi, parole che hanno bisogno di cura.
Poetessa: Le parole grigie e opache quando raggiungono gli interlocutori fanno male, incidono il cuore.
Pescatore: Si, è così, incidono, marcano, lasciano segni. Creano turbamenti. E allora occorre illuminare queste parole, farle rinascere attraverso la lingua poetica. Combattere la presenza degli uomini grigi.
Poetessa: E dare nuova vita alle parole della gioia, e della vita riflettendo sulle parole del disagio e delle fragilità, riscoprendo l'uso di una parola seconda, una parola che produca una immagine seconda, la parola simbolica della poesia racchiusa nell'umana vita di relazione.
Pescatore: Dare umanità poetica all'umanità smarrita con la comunicazione umana poetica resiliente.
Poetessa: Immagine di umanità, parola fluida, nuova vita, parola cangiante, insomma, la parola tra noi leggera, felice, perduta e ritrovata.
Pescatore: Sono sempre stato alla ricerca della parola perduta, quella assassinata dai pregiudizi e dai luoghi comuni, la parola che non riusciva più a dare respiro alle altre parole morte, ma che si ripiegava su se stessa e taceva. Ora sono a caccia di parole resilienti. Anche se...
Poetessa: Anche se...
Pescatore: Anche se, quando getto le reti nel Mar Grande del Mediterraneo trovo, tavolette di legno con disegni, credo perduti da bambini e bambine durante le tempeste, su cui è scritto: Io e il nonno e la nonna, io papà mamma e mia sorella, mio fratello e io quando andiamo a scuola, oppure, la nostra famiglia e i miei nonni.
Poetessa: Sono tavolette di legno, stele di legno, ormai, che non ancora l'acqua salata è riuscita a scalfire.
Pescatore: Raccolgo queste tavolette che per me racchiudono gioia e memoria, ma anche dolori, incancellabili. La memoria dei bambini è fortemente poetica, profonda.
Poetessa: Tavolette, stele le hai chiamate, perché?
Pescatore: Si, stele di legno, testimonianze di bambini e bambine annegati, inghiottiti dal mare. Ma che riescono a testimoniare parole e sentimenti che bruciano, e che chiedono di trovare spazio su una pagina, dove trovare accoglienza, requie e sopravvivere.Rappresentano la morte di bambini viaggiatori.
Poetessa: Leggere le testimonianze della morte di un bambino viaggiatore ferisce, dilania l'anima, di continuo.
Pescatore: Ciò dipende da chi raccoglie tali testimonianze e ne fa attestazione. Poi ci sono le parole della poesia, quella vera.
Poetessa: E quali sono queste parole?
Pescatore: Guerra, armi, morte, mamma, addio, compagno, bambini, bombe, tombe, fuoco, distruzione, paura, allarme, atroce, feroce, pace, luce, calma, silenzio, tempesta, acqua, onde, respiro, amore, silenzio. Luce e buio. Ecco questi versi: "il silenzio tace feroce/sul marmo scavato dalla morte/".
Poetessa: Eccone altri: "una bambina saluta e urla addio/ abbraccia una bambola di pezza mentre/i suoi occhi gridano aiuto..."
Pescatore: Molto belli questi versi. Comunque dipende da noi e dall'uso che ne facciamo. Possono essere parole che feriscono, che uccidono, che curano. Parole che chiedono una seconda nascita, parole che desiderano tornare nel dimenticatoio dei muti orizzonti.
Poetessa: Le tracce che lasciano le parole, però, sono indelebili. La poesia e il suo linguaggio, testimoniano della vita delle parole e della vita delle immagini che le animano e le rappresentano.
Pescatore: Ecco perché la poesia e le sue figure, raccontano ciò che il cuore non può dire.
Poetessa: E ciò che gli occhi osservano e illuminano e non possono raccontare, anche se lasciano tracce nel sangue di ognuno.
Pescatore: Continuerò a gettare reti a mare, con la speranza di raccogliere nuove parole segrete, di nuova luce e farle rilucere, di nuovo amore e di nuova speranza, anche se il mio vecchio cuore, ogni giorno, sempre più si va spezzando, per quello che vede, per ciò che sopporta, per i conflitti e le violenze.
Poetessa: Esistenti e imminenti. Si, anche il mio cuore non regge alle immagini quotidiane. Le parole quotidiane, violente e accidiose dovranno pur essere rinnovate alla luce della poesia che offre valore alla vita umana e speranza ai più fragili e più deboli.
Pescatore: Poesie della luce e parole umananti, con i sorrisi del cielo e degli alberi, dei fiori e dell'acqua. Poesia d'amore, naturale e umana.
Poetessa: La poesia, nasce, allora, da un gioco di conseguenze emotive, da una rete di parole e azioni, fluide e magmatiche, che alimentano il pensiero riflessivo stimolando fonti generative della lingua poetica.
Pescatore: Forse, rileggendo le parole scritte dai bambini e dalle bambine sulle tavolette di legno, perdute tra gli abissi, troverò un significato nella sera della vita.
Poetessa: Sempre, credo, la parola possiede, in sé e per sé, la forza generativa per riprendere a vivere con coraggio; la parole poetica, quella più genuina, credo che possa generare sempre più senso di vita, energia e desiderio di vivere. E la poesia racconta di desideri, passioni, emozioni e sentimenti vitali.
Pescatore: Spetta a noi poeti, forse, seminare, arare, curare e accogliere i nuovi fiori che la nuova vita poetica ci potrà donare?
Poetessa: Credo di sì, proprio di sì. Ma non da soli. E nella forza della parola che si nasconde la forza di dar scacco matto al mondo indifferente e violento.
Pescatore: E nel cielo una nuova luce, una nuova speranza.
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