Nightlife
Gino Pastore: «Le ragazze ballavano al Casanova di nascosto»
Intervista esclusiva allo storico cantautore: «Barletta sembrava Riccione!»
Barletta - martedì 6 maggio 2014
Gino Pastore, il cantautore barlettano, ci racconta uno spaccato della Barletta anni '60 e '70. Dopo aver lavorato per cinque anni a Milano, alla metà degli anni '60, Gino torna a Barletta col suo gruppo musicale "I Sudisti", per animare le estati della città. Nel 1968, inaugura il "Ranch" (Corso Cavour, 40), dove si esibisce col suo gruppo, per poi aprire, nel 1971, la prima discoteca, il "Casanova"(via Madonna degli Angeli, 51). Gino Pastore è stato pioniere nell'apertura di locali per il divertimento. In questa intervista ci parla di quegli anni, intraprendenti e creativi, vissuti a Barletta.
Raccontami l'esperienza col tuo gruppo musicale "I Sudisti"
«Nella seconda metà degli anni '60, coi Sudisti, suonavamo nelle sere d'estate presso "Helios" e la "Terrazza", oppure a Margherita di Savoia, presso il "Capanno" e la "Rotonda", e nei paesi limitrofi. Negli anni '60, gli emigrati barlettani, che lavoravano nel nord Italia, in Francia, in Germania, tornavano a Barletta in estate. A quel tempo, Barletta sembrava Riccione!».
Come nacque il "Ranch"?
«L'idea nacque dopo un viaggio a Digione, in Francia, dove conoscemmo degli amici francesi, che facevano i dj nelle prime discoteche. Nel 1968, col mio complesso "I Sudisti", inaugurai il "Ranch", in cui suonavamo la domenica. Poco dopo, scioltosi il gruppo, iniziai a far ballare la gente, usando gli amplificatori che avevo, con due giradischi. Nel 1968, mettere dischi per fare ballare la gente, era una novità assoluta. Fui il primo dee jay, qualche anno prima di Paky Mele».
Come nacque la discoteca "Casanova"?
«La capienza del "Ranch" non era sufficiente a contenere tutta la gente che desiderava ballare. Nel 1971, trovai in fitto un ex magazzino (Via Madonna degli Angeli, 51), lo trasformai in discoteca e lo chiamai "Casanova". Il nome lo scelsi dopo un viaggio a Trieste, dove mi recai in locale molto bello, il "Casanova", appunto. Il Casanova fu la prima discoteca a Barletta. Ricordo che, tra i nostri clienti, venivano a ballare i ragazzi che, in seguito, inaugurarono il "Bla Bla": Nicola Orofino, Giuseppe Miani».
Quanto costava il biglietto di entrata?
«Il biglietto costava 500 lire, la capienza della discoteca era 350 persone, guadagnavo 150.000 mila lire a serata. Il Casanova era aperto solo la domenica, dalle 17 alle 21; si entrava a coppie».
Perché la discoteca era aperta solo la domenica?
«A quel tempo, le ragazze barlettane potevano uscire solo la domenica pomeriggio, ballavano al Casanova di nascosto dai loro genitori, che non ne sapevano nulla, credendole a passeggio per il centro. Purtroppo, Barletta è sempre stato un paese di persone bigotte e ottuse, che tenevano prigioniere le proprie figlie. In discoteca, le ragazze ballavano fino alle 21, poi sparivano e restavano solo i ragazzi. Quelle stesse ragazze, divenute madri a loro volta, hanno fatto danni peggiori ai propri figli, regalando loro la libertà assoluta, coi pessimi risultati che abbiamo sotto i nostri occhi».
Fino a quando sei stato dj nel Casanova?
«Sono stato dj dal 1971 al 1976, in seguito, si sono avvicendati alla consolle: Gino Damato, Sandro Zaramella e Vito Marino; erano tutti molto bravi».
Com'era l'offerta musicale?
«Era di prim'ordine. Per trovare le novità musicali in anteprima, andavo spesso a Lugano, dove avevo una amica che lavorava Radio Columbia, da cui compravo tutte le novità musicali, prima che arrivassero in Italia, come ad esempio: James Brown, Santana, Manu Dibango, Rare Earth, Pink Floyd, e tantissimi altri. Riempivo di dischi il cofano della mia Bmw e tornavo a Barletta. Nessuno conosceva i Pink Floyd a Barletta, prima che li facessi ascoltare io».
Circolavano droghe in discoteca?
«All'epoca, nessuno conosceva la droga, l'unica "droga" era la sigaretta. La musica era un sano divertimento. Tutti i bei ricordi del Casanova sono legati alle feste, alla musica di quel periodo, ai giovani».
Perché hai chiuso il Casanova?
«Non mi divertivo più. Gestire una discoteca non era sempre facile, c'erano anche problemi di sicurezza, diventava sempre più rischioso. Col passare degli anni, tra i clienti, capitavano anche delinquenti, che pretendevano di non pagare, si degenerava in pericolose discussioni. Stufo del pericolo, nel 1984, ho venduto tutto, concentrandomi sul mio negozio di abbigliamento "Principe d'Aragona", aperto nel 1973, che andava benissimo e fu il primo negozio di abbigliamento giovane, in via d'Aragona. In seguito, tutti mi hanno copiato, aprendo negozi e boutique, su quella stessa via».
Raccontami l'esperienza col tuo gruppo musicale "I Sudisti"
«Nella seconda metà degli anni '60, coi Sudisti, suonavamo nelle sere d'estate presso "Helios" e la "Terrazza", oppure a Margherita di Savoia, presso il "Capanno" e la "Rotonda", e nei paesi limitrofi. Negli anni '60, gli emigrati barlettani, che lavoravano nel nord Italia, in Francia, in Germania, tornavano a Barletta in estate. A quel tempo, Barletta sembrava Riccione!».
Come nacque il "Ranch"?
«L'idea nacque dopo un viaggio a Digione, in Francia, dove conoscemmo degli amici francesi, che facevano i dj nelle prime discoteche. Nel 1968, col mio complesso "I Sudisti", inaugurai il "Ranch", in cui suonavamo la domenica. Poco dopo, scioltosi il gruppo, iniziai a far ballare la gente, usando gli amplificatori che avevo, con due giradischi. Nel 1968, mettere dischi per fare ballare la gente, era una novità assoluta. Fui il primo dee jay, qualche anno prima di Paky Mele».
Come nacque la discoteca "Casanova"?
«La capienza del "Ranch" non era sufficiente a contenere tutta la gente che desiderava ballare. Nel 1971, trovai in fitto un ex magazzino (Via Madonna degli Angeli, 51), lo trasformai in discoteca e lo chiamai "Casanova". Il nome lo scelsi dopo un viaggio a Trieste, dove mi recai in locale molto bello, il "Casanova", appunto. Il Casanova fu la prima discoteca a Barletta. Ricordo che, tra i nostri clienti, venivano a ballare i ragazzi che, in seguito, inaugurarono il "Bla Bla": Nicola Orofino, Giuseppe Miani».
Quanto costava il biglietto di entrata?
«Il biglietto costava 500 lire, la capienza della discoteca era 350 persone, guadagnavo 150.000 mila lire a serata. Il Casanova era aperto solo la domenica, dalle 17 alle 21; si entrava a coppie».
Perché la discoteca era aperta solo la domenica?
«A quel tempo, le ragazze barlettane potevano uscire solo la domenica pomeriggio, ballavano al Casanova di nascosto dai loro genitori, che non ne sapevano nulla, credendole a passeggio per il centro. Purtroppo, Barletta è sempre stato un paese di persone bigotte e ottuse, che tenevano prigioniere le proprie figlie. In discoteca, le ragazze ballavano fino alle 21, poi sparivano e restavano solo i ragazzi. Quelle stesse ragazze, divenute madri a loro volta, hanno fatto danni peggiori ai propri figli, regalando loro la libertà assoluta, coi pessimi risultati che abbiamo sotto i nostri occhi».
Fino a quando sei stato dj nel Casanova?
«Sono stato dj dal 1971 al 1976, in seguito, si sono avvicendati alla consolle: Gino Damato, Sandro Zaramella e Vito Marino; erano tutti molto bravi».
Com'era l'offerta musicale?
«Era di prim'ordine. Per trovare le novità musicali in anteprima, andavo spesso a Lugano, dove avevo una amica che lavorava Radio Columbia, da cui compravo tutte le novità musicali, prima che arrivassero in Italia, come ad esempio: James Brown, Santana, Manu Dibango, Rare Earth, Pink Floyd, e tantissimi altri. Riempivo di dischi il cofano della mia Bmw e tornavo a Barletta. Nessuno conosceva i Pink Floyd a Barletta, prima che li facessi ascoltare io».
Circolavano droghe in discoteca?
«All'epoca, nessuno conosceva la droga, l'unica "droga" era la sigaretta. La musica era un sano divertimento. Tutti i bei ricordi del Casanova sono legati alle feste, alla musica di quel periodo, ai giovani».
Perché hai chiuso il Casanova?
«Non mi divertivo più. Gestire una discoteca non era sempre facile, c'erano anche problemi di sicurezza, diventava sempre più rischioso. Col passare degli anni, tra i clienti, capitavano anche delinquenti, che pretendevano di non pagare, si degenerava in pericolose discussioni. Stufo del pericolo, nel 1984, ho venduto tutto, concentrandomi sul mio negozio di abbigliamento "Principe d'Aragona", aperto nel 1973, che andava benissimo e fu il primo negozio di abbigliamento giovane, in via d'Aragona. In seguito, tutti mi hanno copiato, aprendo negozi e boutique, su quella stessa via».