La città
Francesco Balestrucci, poeta barlettano pluripremiato
La poesia è spazio per un auto racconto. Versi aperti per schiudere la sofferenza
Barletta - domenica 23 giugno 2013
4.30
Se Barletta non dà spazio alla cultura letteraria, la poesia ne dà a chi sente di coltivare la nobile arte della lirica. Francesco Balestrucci è uno degli appassionati barlettani che ha maturato l'attitudine alla poesia, acqua che sgorga dalla fonte inesauribile della sofferenza.
Quando ha cominciato a sentire dentro di lei l'emergere della poesia?
«Sin dai tempi delle scuole elementari, scrivevo frasi di getto, scaturite da ciò che sentivo dentro; mi accorsi che, non solo avevano un bel suono, ma anche un significato profondo per chi le leggeva. Una volta finita la scuola dell'obbligo, però, dovetti trascurare la scrittura poetica, pur continuando lo studio di molti poeti. Da quando mi sono sposato ho sentito sempre il bisogno di dare e ricevere affetto; purtroppo mia moglie non può fare alcun gesto per me e per i miei figli, ma l'amore lo sentiamo ugualmente. La riflessione sulla gestualità affettiva mi ha portato a scrivere la poesia per cui, nel 2006, sono stato premiato: "La carezza". Io navigavo nel buio totale ma, grazie alla forza datami dai miei figli e da dio, riesco a esternare le mie emozioni e a dar forma e forza alla mia poesia».
Lei parla di vita stroncata e vita donata: ci si accorge della bellezza solo quando si ha coscienza del dolore?
«Sì, io ho conosciuto la sofferenza vera, la fragilità d'animo e, grazie a questa consapevolezza, apprezzo ogni giorno che viene ed esprimo questa gioia con una penna e un foglio. Il piacere, proprio come diceva Leopardi, è figlio d'affanno. Ho partecipato a un concorso internazionale con "La carezza" e ho vinto una menzione d'onore veramente inaspettata. Sono anche il terzo classificato di "arte e poesia", un concorso che mette in sinergia l'arte pittorica con quella lirica».
La sua è poesia d'immaginazione: non solo relazioni affettive ma anche realtà degradate, come il sesso venduto e il commercio di droga, sono raccontate.
«Ognuno di noi deve dare il suo contributo alla collettività. Non si può rimanere muti, ciechi e sordi ai problemi degli uomini soli. Io racconto storie da me viste, vissute, toccate con mano e sofferte: grazie alla fede in Dio, queste situazioni hanno trovato uno spiraglio di luce. Guardando la gente ridere con occhi tristi, mi sono reso conto di quanta amarezza c'è nelle persone deboli, che si lasciano sfruttare da strozzini e avvoltoi sociali; vivo perennemente tra il bene e il male».
La filosofia di Leopardi con l'umanismo e l'onestà di Saba amalgamati con la devozione di Padre Pio formano la poesia di Francesco Balestrucci. Versi che raccontano e spiegano, che espongono situazioni e argomentano opinioni; il tutto con il fil rouge di una felicità sofferta.
Quando ha cominciato a sentire dentro di lei l'emergere della poesia?
«Sin dai tempi delle scuole elementari, scrivevo frasi di getto, scaturite da ciò che sentivo dentro; mi accorsi che, non solo avevano un bel suono, ma anche un significato profondo per chi le leggeva. Una volta finita la scuola dell'obbligo, però, dovetti trascurare la scrittura poetica, pur continuando lo studio di molti poeti. Da quando mi sono sposato ho sentito sempre il bisogno di dare e ricevere affetto; purtroppo mia moglie non può fare alcun gesto per me e per i miei figli, ma l'amore lo sentiamo ugualmente. La riflessione sulla gestualità affettiva mi ha portato a scrivere la poesia per cui, nel 2006, sono stato premiato: "La carezza". Io navigavo nel buio totale ma, grazie alla forza datami dai miei figli e da dio, riesco a esternare le mie emozioni e a dar forma e forza alla mia poesia».
Lei parla di vita stroncata e vita donata: ci si accorge della bellezza solo quando si ha coscienza del dolore?
«Sì, io ho conosciuto la sofferenza vera, la fragilità d'animo e, grazie a questa consapevolezza, apprezzo ogni giorno che viene ed esprimo questa gioia con una penna e un foglio. Il piacere, proprio come diceva Leopardi, è figlio d'affanno. Ho partecipato a un concorso internazionale con "La carezza" e ho vinto una menzione d'onore veramente inaspettata. Sono anche il terzo classificato di "arte e poesia", un concorso che mette in sinergia l'arte pittorica con quella lirica».
La sua è poesia d'immaginazione: non solo relazioni affettive ma anche realtà degradate, come il sesso venduto e il commercio di droga, sono raccontate.
«Ognuno di noi deve dare il suo contributo alla collettività. Non si può rimanere muti, ciechi e sordi ai problemi degli uomini soli. Io racconto storie da me viste, vissute, toccate con mano e sofferte: grazie alla fede in Dio, queste situazioni hanno trovato uno spiraglio di luce. Guardando la gente ridere con occhi tristi, mi sono reso conto di quanta amarezza c'è nelle persone deboli, che si lasciano sfruttare da strozzini e avvoltoi sociali; vivo perennemente tra il bene e il male».
La filosofia di Leopardi con l'umanismo e l'onestà di Saba amalgamati con la devozione di Padre Pio formano la poesia di Francesco Balestrucci. Versi che raccontano e spiegano, che espongono situazioni e argomentano opinioni; il tutto con il fil rouge di una felicità sofferta.