Territorio
E se l'Ofanto esondasse? «Un ecosistema da rispettare»
Ultima parte del nostro approfondimento, con le interviste agli esperti Giuseppe Cava e Michele Marino
Barletta - venerdì 23 giugno 2023
Concludiamo in quest'ultimo articolo il nostro approfondimento sullo stato di salute del fiume Ofanto e sui possibili scenari in caso di alluvione o precipitazioni intense. Approfondimento che ha avuto origine dal confronto tra le conseguenze che potrebbero verificarsi nel tratto pugliese bagnato dal fiume Ofanto e la tragedia che si è verificata e ha sconvolto l'Emilia-Romagna.
Abbiamo quindi posto alcune domande ad altri due esperti del settore naturalistico: il dott. Giuseppe Cava (consigliere di amministrazione dirigente Istituto Ittico e Faunistico) e il dott. Michele Marino (presidente del Consorzio Pro Ofanto).
"È bene dire che ci sono ancora dei punti integri. Bisognerebbe piuttosto fare più spesso una manutenzione relativa ai ponti, che più volte si ostruiscono a causa dei tronchi che la corrente porta con sé". Continua poi il dott. Cava specificando anch'egli, allo stesso modo dell'arch. Iacoviello, come un fiume non sia un canale d'acqua ma un sistema ecologico importantissimo che pullula di vita. "Non è possibile trasformare i fiumi in canali sterili a conduzione di acqua. Il fiume va rispettato nella sua integrità, cercando di equilibrare al meglio la pianificazione urbanistica di ogni città. Una pianificazione fatta da strade provinciali, regionali, che non segue solo ed esclusivamente le leggi che fa l'uomo. Bisogna che si rispettino le leggi della natura, che vengono prima di quelle che fa l'uomo. Le leggi che fa l'uomo non sono altro che un compromesso politico – storico – sociale del periodo. Mentre le leggi della natura sono radicate, codificate e sono quelle più opportune, quelle più giuste. Secondo me bisogna avvicinare le due cose e anche celermente". Conclude speranzoso il dirigente dell'Istituto Ittico e Faunistico: "Bisogna dare voce a chi voce non ha: quindi la flora, la fauna. Dobbiamo parlare noi per loro, tenendo conto delle dinamiche ambientali che sono codificate dal sistema natura".
"Come esperto di comunicazione posso dire che il problema è cercare di orientare verso un'informazione, una comunicazione un po' più corretta, anche chiara, che tenga conto del lavoro di promozione, di valorizzazione del territorio che stiamo facendo. Per quanto riguarda il percorso dell'Ofanto, purtroppo ormai ci sono già stati degli interventi antropici o industriali e anche abbastanza forti, incisivi. Quindi piuttosto che attuare interventi sul territorio per evitare o contenere danni catastrofali sul cambiamento climatico bisogna - al contrario - non intervenire sul territorio. Continua il dott. Marino: gli unici interventi dovrebbero essere quelli di riportare l'alveo e l'habitat allo stato naturale, così com'erano, quindi evitare costruzioni abusive nelle prossimità degli argini. Così come si dovrebbe controllare se ci sono stati degli incendi dolosi di piantagioni per favorire le coltivazioni agricole. E nello stesso tempo aggiungerei anche che non c'è abbastanza controllo su azioni illecite o criminose: come l'abbandono di carcasse, di automezzi, perché lo stesso controllo attualmente deve essere finanziato dalle istituzioni pubbliche".
Dopo aver affermato quanto il Consorzio Pro Ofanto si batta parallelamente sia per la tutela che per la valorizzazione del territorio occupato dal fiume Ofanto, il presidente del Consorzio Pro Ofanto conclude dicendo: "Dovremmo arrivare a istituire il Parco Nazionale del fiume Ofanto e non so se mancano le risorse o manca la volontà di farlo".
Abbiamo quindi posto alcune domande ad altri due esperti del settore naturalistico: il dott. Giuseppe Cava (consigliere di amministrazione dirigente Istituto Ittico e Faunistico) e il dott. Michele Marino (presidente del Consorzio Pro Ofanto).
Un ecosistema da rispettare
Con il dott. Dellisanti e il dott. Iacoviello abbiamo posto un'attenzione particolare sulla questione dell'antropizzazione che – mal gestita – potrebbe causare dei gravi rischi, in caso di piena del fiume.A questo punto abbiamo chiesto al dott. Cava se a suo parere si possano adottare delle misure per evitare o limitare che l'antropizzazione prenda il sopravvento."È bene dire che ci sono ancora dei punti integri. Bisognerebbe piuttosto fare più spesso una manutenzione relativa ai ponti, che più volte si ostruiscono a causa dei tronchi che la corrente porta con sé". Continua poi il dott. Cava specificando anch'egli, allo stesso modo dell'arch. Iacoviello, come un fiume non sia un canale d'acqua ma un sistema ecologico importantissimo che pullula di vita. "Non è possibile trasformare i fiumi in canali sterili a conduzione di acqua. Il fiume va rispettato nella sua integrità, cercando di equilibrare al meglio la pianificazione urbanistica di ogni città. Una pianificazione fatta da strade provinciali, regionali, che non segue solo ed esclusivamente le leggi che fa l'uomo. Bisogna che si rispettino le leggi della natura, che vengono prima di quelle che fa l'uomo. Le leggi che fa l'uomo non sono altro che un compromesso politico – storico – sociale del periodo. Mentre le leggi della natura sono radicate, codificate e sono quelle più opportune, quelle più giuste. Secondo me bisogna avvicinare le due cose e anche celermente". Conclude speranzoso il dirigente dell'Istituto Ittico e Faunistico: "Bisogna dare voce a chi voce non ha: quindi la flora, la fauna. Dobbiamo parlare noi per loro, tenendo conto delle dinamiche ambientali che sono codificate dal sistema natura".
Soluzioni che portino al rispetto del fiume Ofanto
Abbiamo quindi continuato e terminato le nostre interviste chiedendo al dott. Michele Marino (presidente del Consorzio Pro Ofanto) in che modo si potrebbero rendere gli abitanti dei territori circostanti partecipi di ciò che potrebbe accadere se non ci prendiamo cura del nostro fiume."Come esperto di comunicazione posso dire che il problema è cercare di orientare verso un'informazione, una comunicazione un po' più corretta, anche chiara, che tenga conto del lavoro di promozione, di valorizzazione del territorio che stiamo facendo. Per quanto riguarda il percorso dell'Ofanto, purtroppo ormai ci sono già stati degli interventi antropici o industriali e anche abbastanza forti, incisivi. Quindi piuttosto che attuare interventi sul territorio per evitare o contenere danni catastrofali sul cambiamento climatico bisogna - al contrario - non intervenire sul territorio. Continua il dott. Marino: gli unici interventi dovrebbero essere quelli di riportare l'alveo e l'habitat allo stato naturale, così com'erano, quindi evitare costruzioni abusive nelle prossimità degli argini. Così come si dovrebbe controllare se ci sono stati degli incendi dolosi di piantagioni per favorire le coltivazioni agricole. E nello stesso tempo aggiungerei anche che non c'è abbastanza controllo su azioni illecite o criminose: come l'abbandono di carcasse, di automezzi, perché lo stesso controllo attualmente deve essere finanziato dalle istituzioni pubbliche".
Dopo aver affermato quanto il Consorzio Pro Ofanto si batta parallelamente sia per la tutela che per la valorizzazione del territorio occupato dal fiume Ofanto, il presidente del Consorzio Pro Ofanto conclude dicendo: "Dovremmo arrivare a istituire il Parco Nazionale del fiume Ofanto e non so se mancano le risorse o manca la volontà di farlo".