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Scuola e Lavoro

Due neolaureati barlettani si raccontano a Barlettalife

Pochissime le speranze per il proprio futuro. Prosegue il viaggio nel mondo dei giovani a Barletta

Dopo una breve pausa, riprendiamo il nostro viaggio nel mondo dei giovani, il cui futuro è sempre segnato da speranze e da aspettative, ma anche da altri seri ostacoli opposti spesso dalla città in cui viviamo, abbiamo intervistato altri due ragazzi barlettani neolaureati, cercando di capire attraverso le loro parole quale futuro si prospetta per i giovani di Barletta.

4 . Logopedista, 25 anni, ha studiato presso l'Università degli Studi di Foggia, da due anni lavora a Milano.

Dopo la laurea dove e come hai cercato lavoro?
«Ho cercato lavoro ovunque, in tutta Italia, poco nella mia zona perché sapevo già che avrei avuto poche possibilità, anche se ho comunque fatto dei tentativi senza ricevere nessun riscontro».

Mi descrivi brevemente la tua esperienza lavorativa in Lombardia?
«Innanzitutto ho semplicemente risposto ad un annuncio di stage trovato su internet. Dopo due mesi sono stata contattata per un colloquio conoscitivo, io ho accettato e dopo di che mi hanno immediatamente presa in considerazione, nonostante fossi una semplice neolaureata che aveva solo da imparare. Quindi ora mi ritrovo da quasi due anni a lavorare in un centro privato di prevenzione, diagnosi e cura dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento e dei disturbi in età evolutiva».

Hai un regolare contratto?
«Adesso ho un contratto di lavoro a tempo determinato, ma inizialmente ero "assunta" come stagista. Tra la fine dello stage e l'inizio del contratto, però, sono trascorsi diversi mesi in cui lavoravo in nero, purtroppo! Quindi, come vedi, il lavoro in nero è un problema che riguarda tutta Italia, non solo Barletta. Inoltre, il centro in cui lavoro è una ONLUS, ovvero no profit, anche se … ahimè … di no profit c'è ben poco, perché in realtà è il mio datore di lavoro a guadagnarci sulle terapie, più che i terapisti. Effettivamente, però, il centro offre un servizio buono (mi auguro) a tariffe molto basse rispetto alla norma, col vantaggio che il datore di lavoro assumendo personale neolaureato si può permettere di dare retribuzioni abbastanza basse, ricavando così un buon guadagno per se stesso».

Quali sono le difficoltà che hai incontrato in Lombardia? Sapresti fare un confronto con la realtà barlettana?
«Non posso fare un confronto vero e proprio perché ho lavorato solo in Lombardia, ma credo comunque che lì siano molto più organizzati e preparati. Lo dico perché a Barletta, almeno finché sono andata via, ancora non si era sviluppato il lavoro d'equipe nel mio settore; ad esempio nelle ASL non c'è sempre la figura della logopedista; inoltre a Barletta molte logopediste appena laureate sì danno alla libera professione, cosa secondo me sbagliata, visto che almeno all'inizio il confronto con medici, psicologi e altri terapisti è essenziale per svolgere bene questo lavoro».

Quali sono i lati positivi di questa esperienza lavorativa a Milano? C'è qualcosa che hai fatto là e che qui non avresti potuto fare?
«La prima cosa è, sicuramente, il fatto che mi sia stata data la possibilità di cominciare. È vero anche che i datori di lavoro hanno uno scopo, quello del guadagno facile di cui ho già parlato, ma questo dipende dalla spiccata mentalità imprenditoriale che c'è nel nord Italia e che a Barletta manca. Quella mentalità ha i suoi contro, come ad esempio il fatto che non sempre la retribuzione è commisurata al ruolo, però almeno ora sto facendo esperienze di qualità, che secondo me la libera professione da neolaureata non mi avrebbe permesso di fare, oltre che non mi avrebbe permesso di offrire un servizio di qualità. Inoltre ho avuto l'opportunità di seguire molti corsi formativi, non solo finanziati da me ma anche dal mio datore di lavoro: ad esempio lui ci ha formati sul metodo Feuerstein (cosa che qui credo sia ancora poco conosciuta, da quanto ne so) e sulla genitorialità. Tutto questo, poi, è stato funzionale ad attività che subito dopo sono andata a svolgere concretamente, ovvero screening nelle scuole e corsi di formazione sul DSA ai genitori dei bambini. A Barletta il relatore di un corso normalmente è un professionista super - skillato! Cioè uno che si fa pagare tanto! Io invece, da neolaureata, costo poco e per questo motivo vengo lanciata in queste attività … e adesso ne so parecchio di più rispetto a prima!».

Tornerai a Barletta per lavorare nella tua città?
«Credo di sì, perché a Barletta c'è molta utenza alla quale bisogna offrire un servizio adeguato. Ma non tornerei ora. Ho ancora bisogno di vedere come si lavora altrove, magari anche all'estero. Io ho bisogno di apprendere ancora tanto e qui non potrei, visto che il settore della riabilitazione deve ancora svilupparsi, a mio avviso. Credo comunque che Barletta sia sulla buona strada, stanno nascendo diverse associazioni ad esempio, ma per me non è ancora tempo di tornare!».

5 . Giurista di impresa, 28 anni, laureato presso l'Università degli Studi di Bari.

Dopo esserti laureato hai cercato lavoro a Barletta?
«Ho cercato lavoro per un po' e poi sono stato contattato da una piccola azienda di Barletta, dove già avevo svolto lavori manuali sin da quando facevo il liceo, che mi ha assunto come impiegato amministrativo, ruolo che ora riesco a svolgere grazie alle conoscenze che ho acquisito studiando giurisprudenza».

Nel frattempo svolgi anche pratica forense presso uno studio legale?
«Sì. Anche se è difficile conciliare le due attività, anche se fortunatamente ho un contratto part – time».

Se alla pratica forense corrispondesse una minima retribuzione, anche sottoforma di rimborso spese, sarebbe possibile per te dedicarsi completamente al praticantato?
«Assolutamente sì. Lo preferirei di gran lunga perché impegnerei più tempo in un'attività che mi forma per quello che voglio realmente fare un domani».

Esiste una legge che dovrebbe tutelare i praticanti avvocati? Sei a conoscenza di città in Italia in cui tale normativa viene rispettata?
«Nel resto d'Italia è a discrezione del dominus, che io sappia a Roma o a Milano o a Napoli ci sono studi che prevedono una minima retribuzione per i praticanti (sia sottoforma di rimborso spese che di salario vero e proprio), ma si tratta sicuramente di casi sporadici. Il principio di ricompensa è comunque tutelato dalla legge professionale, ovvero c'è un articolo nel codice deontologico che ne parla espressamente … ma, ahimè, non viene applicato nella stragrande maggioranza dei casi».

Cosa ne pensi del tessuto imprenditoriale della tua città?
«Credo che a Barletta ci sarà ben poco da lavorare finché non cambieranno certe pratiche in essere sia a livello politico – istituzionale sia a livello privato – imprenditoriale. Ad esempio chi ha un'idea imprenditoriale a Barletta ha sicuramente un numero di possibilità limitato, in quanto attualmente a Barletta si investe solo in attività di ristorazione, bar, american bar e nemmeno all'interno di questo settore esiste qualcuno che lanci un'idea più ambiziosa. Mi piacerebbe, invece, che ci fosse un po' più di differenziazione. Gli imprenditori barlettani, infine, per me sono persone che hanno avuto fortuna tempo fa, sono riusciti ad accumulare del capitale e adesso quei soldi li hanno o "sotto il proprio materasso" oppure lo investono in macchine di lusso e quant'altro, invece di investirne almeno una parte in altri progetti, facendo arricchire così la città. Questo discorso ovviamente esula dai super – ricchi, ai quali non costa nulla "buttare" qualche milione di euro in una nuova attività … ma questi sono casi sporadici! Però a Barletta abbiamo una stazione grande, un porto commerciale, un lungomare fantastico … si potrebbe lavorare tanto!».

Credi nell'amministrazione comunale della tua città?
«No! E' troppo divisa al suo interno, poco coesa, con idee scarse e si definisce critica nei confronti di una politica d'opposizione che è, invece, identica alla propria!».

[Serena Lacerenza]
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