Cronaca
Prostituzione online, arrestati due barlettani
Due andriesi a capo di una struttura complessa. Le maggiori arterie di Barletta tra le zone interessate
BAT - giovedì 20 ottobre 2011
14.35
Associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento, induzione e sfruttamento della prostituzione (anche minorile), alla riduzione alla schiavitù e alla tratta degli esseri umani: con queste accuse nella mattinata di oggi i carabinieri della Compagnia di Barletta hanno eseguito 9 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese.
A capo dell'organizzazione due andriesi: Salvatore Agresti, 40 anni, e Riccardo del Zio, 42; a gestire l'attività illecita le loro conviventi: Manuela Ionela Nitu, 27, e Roxana Gratiela Gheorghe, 23, entrambe rumene. Braccio destro di Agresti e Del Zio: Nicola Sgarra, 48, di Andria. L'organizzazione si avvaleva poi di un'articolata struttura territoriale per questo gli altri arresti sono stati eseguiti oltre che ad Andria (Giovanni Tota, 31) anche a Barletta (Vincenzo Gorgoglione, 58 e Antonio Petruzzelli, 61). In carcere anche tre rumeni: Stefan Dumitrescu, 28, residente ad Andria, ma domiciliato a Roma. Le zone interessate dall'attività illecita erano le principali arterie stradali di Andria, Barletta, Trani, Corato, Modugno e Palo del Colle.
Decine e decine di ragazze rumene (alcune delle quali anche minorenni) costrette a prostituirsi per arricchire l'organizzazione criminale che non solo le gestiva ma le "possedeva" come se fossero una merce e come tale oggetto anche di compravendita. Giovanissime donne comprate nella loro terra d'origine (mediamente a 500 euro) portate in Italia, a Milano soprattutto, e da qui smistate in altre regioni a gente senza scrupoli che non solo le avvia con la forza alla prostituzione, ma poi le faceva vivere in stato di schiavitù nelle proprie abitazioni. A chi osava disobbedire veniva inflitta non solo una spietata violenza sessuale e fisica, ma anche la vendita ad altri "protettori". Quasi impossibile per loro riuscire ad "affrancarsi" dal giro: il prezzo per la loro "liberazione" era altissimo e quasi nessuna era in grado di risparmiare una simile cifra. L'incubo per molte di queste ragazze rumene è finito questa mattina quando i Carabinieri della Compagnia di Barletta hanno arrestato i loro aguzzini.
L'inchiesta nasce quasi per caso, nell'agosto del 2008, con una semplice denuncia di rapina da parte di una prostituta rumena. La ragazza raccontò ai carabinieri di essere stata avvicinata da un'auto con tre individui a bordo che le avevano rubato l'incasso della giornata. Da un riscontro fotografico la giovane aveva identificato uno dei rapinatori nella persona di Salvatore Agresti, perché conosciuto nell'ambiente della prostituzione come "protettore". La stessa era stata in grado di fornire anche il nome delle "colleghe" protette da Agresti. Ed è stata proprio una di queste che, stanca delle continue violenze fisiche e morali, dalle continue minacce e vessazioni a cui era sottoposta, ha deciso di collaborare con la Giustizia. L'indagine, coordinata dall'Antimafia di Bari per i particolari aspetti collegati alla "tratta degli essere umani", si è avvalsa di moltissime intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche di vecchie tecniche investigative che hanno portato alla scoperta di una vera e articolata organizzazione che aveva fatto dell'attività di meretricio uno dei maggiori business criminali del territorio. Le prestazioni potevano arrivare a fruttare, se offerte in camere d'albergo, anche 120/130 euro. Ma la compravendita delle prostitute poteva rendere anche 10mila euro. Non solo, il corpo delle ragazze poteva essere utilizzato anche per compensare vecchi debiti, per cui il "creditore" invece che avere la restituzione del denaro otteneva la prostituta, non per una prestazione, ma per sempre. Alle ragazze che si prostituivano, soprattutto per poter aiutare i loro parenti rimasti in Romania, rimaneva meno di un terzo dei guadagni quotidiani, il resto veniva prelevato dall'organizzazione alla fine di ogni giornata.
Un'organizzazione che non solo provvedeva all'approvvigionamento di sempre nuove e più giovani ragazze dell'Est, che all'epoca entravano in Italia come clandestine, per poter meglio soddisfare le continue richieste dei clienti, ma che forniva a questi ultimi una vera e propria assistenza. I "protettori" accompagnavano le ragazze sul "luogo di lavoro" e restavano lì fino a quando non venivano eseguite un determinato numero di prestazioni sessuali. Nel frattempo erano in grado di fornire alle loro prostitute e ai loro clienti ogni "confort". Un controllo sistematico e capillare che si avvaleva soprattutto di telefonate: le ragazze erano costrette chiamare ogni volta che il cliente andava via e a segnalare ogni spostamento. Una volta finito "il turno di lavoro" le giovani donne venivano riportate a casa e qui rinchiuse fino all'indomani quando sarebbero state riportate sulla strada.
Un'organizzazione che aveva intuito anche il mutamento dei costumi e per tanto si era adeguata: le ragazze venivano fotografate nude e in pose oscene e le immagini diventavano "merce on line". Gli investigatori sono riusciti a risalire ad alcuni siti sui quali gli arrestati mettevano in vendita le prestazioni sessuali. A gestire la prostituzione "on line", le conviventi rumene dei due andriesi a capo dell'organizzazione: erano la Nitu e la Gheorghe a inserire sul sito le connazionali "in offerta", a tenere l'agenda degli appuntamenti, ma anche ad amministrare "la cassa" dell'organizzazione, nonché a reclutare dalla Romania coetanee disposte a venire in Italia, magari con la promessa di una vita migliore. L'utilizzo di internet aveva il "beneficio" per i criminali di creare una sorta di fidelizzazione del cliente che non aveva più bisogno di spostarsi in auto per ottenere la prestazione sessuale a pagamento, ma poteva comodamente ordinarla on line e usufruire del "servizio" sia sulla strada sia in una camera di albergo. L'organizzazione era poi pronta a un ulteriore salto di qualità nel settore della prostituzione. I vertici dell'associazione stavano pensando di allestire una vera e propria casa di appuntamenti, un vero e proprio albergo con tanto di reception e catalogo con le ragazze offerte dalla "casa".
A capo dell'organizzazione due andriesi: Salvatore Agresti, 40 anni, e Riccardo del Zio, 42; a gestire l'attività illecita le loro conviventi: Manuela Ionela Nitu, 27, e Roxana Gratiela Gheorghe, 23, entrambe rumene. Braccio destro di Agresti e Del Zio: Nicola Sgarra, 48, di Andria. L'organizzazione si avvaleva poi di un'articolata struttura territoriale per questo gli altri arresti sono stati eseguiti oltre che ad Andria (Giovanni Tota, 31) anche a Barletta (Vincenzo Gorgoglione, 58 e Antonio Petruzzelli, 61). In carcere anche tre rumeni: Stefan Dumitrescu, 28, residente ad Andria, ma domiciliato a Roma. Le zone interessate dall'attività illecita erano le principali arterie stradali di Andria, Barletta, Trani, Corato, Modugno e Palo del Colle.
Decine e decine di ragazze rumene (alcune delle quali anche minorenni) costrette a prostituirsi per arricchire l'organizzazione criminale che non solo le gestiva ma le "possedeva" come se fossero una merce e come tale oggetto anche di compravendita. Giovanissime donne comprate nella loro terra d'origine (mediamente a 500 euro) portate in Italia, a Milano soprattutto, e da qui smistate in altre regioni a gente senza scrupoli che non solo le avvia con la forza alla prostituzione, ma poi le faceva vivere in stato di schiavitù nelle proprie abitazioni. A chi osava disobbedire veniva inflitta non solo una spietata violenza sessuale e fisica, ma anche la vendita ad altri "protettori". Quasi impossibile per loro riuscire ad "affrancarsi" dal giro: il prezzo per la loro "liberazione" era altissimo e quasi nessuna era in grado di risparmiare una simile cifra. L'incubo per molte di queste ragazze rumene è finito questa mattina quando i Carabinieri della Compagnia di Barletta hanno arrestato i loro aguzzini.
L'inchiesta nasce quasi per caso, nell'agosto del 2008, con una semplice denuncia di rapina da parte di una prostituta rumena. La ragazza raccontò ai carabinieri di essere stata avvicinata da un'auto con tre individui a bordo che le avevano rubato l'incasso della giornata. Da un riscontro fotografico la giovane aveva identificato uno dei rapinatori nella persona di Salvatore Agresti, perché conosciuto nell'ambiente della prostituzione come "protettore". La stessa era stata in grado di fornire anche il nome delle "colleghe" protette da Agresti. Ed è stata proprio una di queste che, stanca delle continue violenze fisiche e morali, dalle continue minacce e vessazioni a cui era sottoposta, ha deciso di collaborare con la Giustizia. L'indagine, coordinata dall'Antimafia di Bari per i particolari aspetti collegati alla "tratta degli essere umani", si è avvalsa di moltissime intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche di vecchie tecniche investigative che hanno portato alla scoperta di una vera e articolata organizzazione che aveva fatto dell'attività di meretricio uno dei maggiori business criminali del territorio. Le prestazioni potevano arrivare a fruttare, se offerte in camere d'albergo, anche 120/130 euro. Ma la compravendita delle prostitute poteva rendere anche 10mila euro. Non solo, il corpo delle ragazze poteva essere utilizzato anche per compensare vecchi debiti, per cui il "creditore" invece che avere la restituzione del denaro otteneva la prostituta, non per una prestazione, ma per sempre. Alle ragazze che si prostituivano, soprattutto per poter aiutare i loro parenti rimasti in Romania, rimaneva meno di un terzo dei guadagni quotidiani, il resto veniva prelevato dall'organizzazione alla fine di ogni giornata.
Un'organizzazione che non solo provvedeva all'approvvigionamento di sempre nuove e più giovani ragazze dell'Est, che all'epoca entravano in Italia come clandestine, per poter meglio soddisfare le continue richieste dei clienti, ma che forniva a questi ultimi una vera e propria assistenza. I "protettori" accompagnavano le ragazze sul "luogo di lavoro" e restavano lì fino a quando non venivano eseguite un determinato numero di prestazioni sessuali. Nel frattempo erano in grado di fornire alle loro prostitute e ai loro clienti ogni "confort". Un controllo sistematico e capillare che si avvaleva soprattutto di telefonate: le ragazze erano costrette chiamare ogni volta che il cliente andava via e a segnalare ogni spostamento. Una volta finito "il turno di lavoro" le giovani donne venivano riportate a casa e qui rinchiuse fino all'indomani quando sarebbero state riportate sulla strada.
Un'organizzazione che aveva intuito anche il mutamento dei costumi e per tanto si era adeguata: le ragazze venivano fotografate nude e in pose oscene e le immagini diventavano "merce on line". Gli investigatori sono riusciti a risalire ad alcuni siti sui quali gli arrestati mettevano in vendita le prestazioni sessuali. A gestire la prostituzione "on line", le conviventi rumene dei due andriesi a capo dell'organizzazione: erano la Nitu e la Gheorghe a inserire sul sito le connazionali "in offerta", a tenere l'agenda degli appuntamenti, ma anche ad amministrare "la cassa" dell'organizzazione, nonché a reclutare dalla Romania coetanee disposte a venire in Italia, magari con la promessa di una vita migliore. L'utilizzo di internet aveva il "beneficio" per i criminali di creare una sorta di fidelizzazione del cliente che non aveva più bisogno di spostarsi in auto per ottenere la prestazione sessuale a pagamento, ma poteva comodamente ordinarla on line e usufruire del "servizio" sia sulla strada sia in una camera di albergo. L'organizzazione era poi pronta a un ulteriore salto di qualità nel settore della prostituzione. I vertici dell'associazione stavano pensando di allestire una vera e propria casa di appuntamenti, un vero e proprio albergo con tanto di reception e catalogo con le ragazze offerte dalla "casa".