Servizi sociali
«Dormiamo dove ci capita», la storia barlettana di Concetta e Rosa
Sfrattati dall’insensibilità e dalla cattiveria. Una triste storia che raccontiamo dalla nostra redazione. Conosciamo le protagoniste con il racconto della loro vita.
Barletta - giovedì 19 aprile 2012
12.42
Concetta e Rosa Delcuratolo sono le protagoniste di questa storia tutta barlettana. Due sorelle, Concetta ha cinquantanni e Rosa ne ha quarantacinque. Entrambe disoccupate, senza una residenza fissa, situazione per tanti ordinaria. Due donne, nei loro volti che tentano di ringraziarci regalandoci un sorriso si scorgono tutte le sfumature della sofferenza che giorno dopo giorno le ha portate a perdere ogni speranza nel futuro. Una sofferenza scoperta fin troppo presto. Le invitiamo a parlare della propria esperienza e inaspettatamente ci affidano come un fiume i ricordi più lontani della loro vita, sempre con un brivido freddo che gli percorre la schiena ogni volta che pensano al triste passato senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi lucidi, l'una dell'altra. I ricordi si fanno sempre più nitidi, più dolorosi, quei ricordi che segnano il proprio vissuto, quelli che non si possono mettere da parte essendo l'essenza stessa del proprio carattere. Partono spontanei, senza tener conto dell'incalzare giornalistico. Li avevamo pensati più recenti, prendono il via da quando erano poco più che adolescenti, dai primi momenti in cui hanno cominciato a fare i conti con il dolore e la cattiveria.
Ci parla Concetta, dopo un interminabile sospiro. E' sposata e mamma di quattro figli, solo uno dei suoi figli vive con lei, suo marito ha un'altra sistemazione. Vi affidiamo alle sue parole cariche di sentimenti ed emozioni, senza bisogno di aggiungere altro.
«Eravamo 5 figli, in tutto 7 in famiglia. Non sono mai stata molto obbediente, rientravo sempre tardi la sera provocando le arrabbiature di mio padre. Di tutta risposta prendeva la mazza della scopa percuotendomi sempre forte in testa. Facendomi spesso sanguinare dal naso. Mia madre mi voleva bene ma se avesse tentato di difendermi le avrebbe prese anche lei. Non ce l'ho fatta più. "Il primo che capita me lo prendo, bene o male" mi ero ripromessa e così è stato. Mi sono sposata a 18 anni, dopo a malapena una settimana di fidanzamento. Pensavo di aver fatto una cosa buona per me stessa, di aver finalmente in mano la mia vita rivoluzionandola, ripartire ma così non è stato. Da allora è stata tutta una ripida discesa. Ho avuto quattro figli ma me ne pento perché non ho potuto garantire loro una vita che si possa dire tale, ho sempre e solo avuto dispiaceri.»
La signora ci racconta dei figli asciugandosi le lacrime, di amarezza ci dice, è inevitabile che i ricordi la sopraffaggano. Ci fa i loro nomi ma noi useremo nomi fittizi per tutelarne dignità e storia.
«Fabio, il maggiore ha avuto problemi con la legge, è stato anche incarcerato. Sarebbe inutile avviarlo al lavoro, qualsiasi cosa abbia provato a fargli fare è stata mandata a monte per il suo carattere sregolato. Sia da piccolo, quando io e mio marito abbiamo trovato il modo per metterlo a lavorare, anche come facchino, non c'era modo per fargli mettere la testa al posto, si è sempre sentito il padrone del mondo. Alessio, più piccolo, ha problemi psicologici e ha bisogno di essere costantemente seguito da uno psicologo. Domenico invece ora ha 20 anni: aveva solo 13 mesi quando è stato dato in affidamento, senza la mia autorizzazione, il tribunale mi ha tolto la patria potestà. Sono riuscita ad abbracciarlo per poco, solo fino a quando è stato adottato. Abbiamo sempre tentato di metterci in contatto con i genitori adottivi che non hanno mai voluto concedermi di incontrarlo. Il terzo è con me, non trova lavoro. Vive per modo di dire perché viviamo in luoghi di fortuna, non possiamo chiamarla vita, piuttosto sopravvivenza. Si lotta per rimanere in vita, non per vivere. Ora vi parlo di Angela ed è il racconto che piu mi rattrista. Ha 30 anni, è nata con disturbi mentali. E' sempre stata seguita da uno psichiatra dell'ospedale di Barletta. Ha i capelli neri come mio marito ma dicono assomigli a me. Attualmente si trova alla casa della divina provvidenza, dal '98 è lì. Solo a pensare tutto questo sono distrutta.»
In tutti questi anni chi vi ha aiutato dandovi assistenza?
«Nessuno. Non siamo mai stati aiutati da nessuno, abbiamo dovuto imparare a cavarcela da soli. Mi sono rivolta alla Chiesa dell'Immacolata dove sono stata sostenuta. Solo sostenuta dalle brave persone, quelle che ti aiutano senza giudicarti mai».
Lei mi sta raccontando la vita con suo marito. Dove vivevate?
«In casa. Mio marito ha sempre fatto il venditore ambulante. Ora non vende quasi più nulla non avendo più il motocarro, perchè non è riuscito a pagare le riparazioni. Poche cassette di ortaggi, bassissimo è il ricavato. Non ce la facciamo a pagare un affitto. Da quando sto con mio marito ho sempre cambiato casa, sono sempre stata sfrattata dai Carabinieri. Abbiamo ricevuto alcuni aiuti dall'assistente sociale: tempo fa siamo stati ospitati pochi giorni presso un hotel per ripararci dal freddo pungente. Ho passato un anno alla Caritas dove ho solo dormito con mio figlio. Ora lì non c'è più posto. Quando avevo i figli piccoli, voglio dire in quest'intervista, mia madre non mi ha mai abbandonato fino a quando ha vissuto, mi ha sempre aiutato come ha potuto. E' morta 15 anni fa. Da allora nessuno ha mai fatto tanto per me. Fino a febbraio abbiamo vissuto in una casa in via Pistergola pagata con l'aiuto della pensione provvisoria di invalidità erogata a mia sorella. Avremmo potuto vivere lì fino a dicembre come da accordi ma le intimidazioni giornaliere ci hanno portato ad andare via. Dopo la richiesta di intervento della Polizia il padrone di casa non si è fatto più vedere nonostante venissero alcuni ragazzi a continuare con le minacce. L'affitto era stato pagato regolarmente fino a quel momento e non riesco a spiegarmi tutta quell'avversione nei nostri confronti. Abbiamo preferito stare tranquilli piuttosto che essere tormentati per avere un tetto sulla testa. Ora siamo in mezzo alla strada, si dorme dove capita.»
E suo marito Nicola dove dorme?
«In un capannone alle spalle del cimitero, non è un bel posto. Ieri ha dormito nell'auto di un amico temendo i controlli dei carabinieri che avrebbero potuto fare storie trovandolo senza documenti.»
Si è rivolta ai Servizi Sociali?
«Si ma non abbiamo avuto un appoggio effettivo. Qualche saltuario aiuto che non ci ha portato da nessuna parte, qualche bolletta pagata e qualche giorno passato in albergo, non di più. Dai Servizi Sociali ci si aspetterebbe molto altro e non parliamo solo sul fronte economico. Ci dicono sempre "vai dai servizi sociali e vedrai che ti aiutano", sembra siano cose che succedono solo al Nord secondo la nostra dura esperienza. Avremmo voluto essere considerati come persone piuttosto che come pratiche, numeri. Avremmo voluto un appoggio morale data la situazione ma è solo un sogno, purtroppo.»
Ora è il racconto di Rosa, sorella di Concetta. Ha 45 anni. Ci appare ancora infreddolita dalla scorsa notte, trascorsa in un portone disabitato con Concetta e Luigi. Dormire in queste condizioni -ci dicono- è peggio che stare in guerra. Rosa è robusta. Ha subito diversi interventi. Ha dei noduli al seno ma teme di farseli controllare. Ci racconta che l'unico affetto che ha avuto è stato solo da sua madre. Mentre ce lo racconta si asciuga qualche lacrima, è molto timida. Glielo chiediamo e ci risponde: «No, nessuno ha mai provato un vero affetto per me ed io invece ero disponibilissima ad offrirne. Ho un buon rapporto con mia sorella e mio cognato, anch'egli non fortunatissimo ma una brava persona. Come vede - rivolgendosi a noi - sia mia sorella che io siamo oltremodo robuste e non ci è possibile lavorare anche se abbiamo trovato tante volte. Abbiamo bussato tante porte e continuiamo ma tutta la città ci ha sempre detto di no a qualsiasi richiesta. Dopo diverse visite di controllo ho potuto ottenere una pensione di invalidità civile di 270 euro. Li ho presi per 10 mesi, fino a dicembre scorso. Dopo un'ulteriore controllo mi hanno sospeso questa piccola erogazione perché devono controllare se ne ho ancora diritto. Con questi soldi aiutavo mia sorella e mio nipote.»
Questa notte dove dormirete?
«Non sappiamo, dove capiterà. Ormai è abitudine.»
[Michele Sarcinelli, G. D.]
Ci parla Concetta, dopo un interminabile sospiro. E' sposata e mamma di quattro figli, solo uno dei suoi figli vive con lei, suo marito ha un'altra sistemazione. Vi affidiamo alle sue parole cariche di sentimenti ed emozioni, senza bisogno di aggiungere altro.
«Eravamo 5 figli, in tutto 7 in famiglia. Non sono mai stata molto obbediente, rientravo sempre tardi la sera provocando le arrabbiature di mio padre. Di tutta risposta prendeva la mazza della scopa percuotendomi sempre forte in testa. Facendomi spesso sanguinare dal naso. Mia madre mi voleva bene ma se avesse tentato di difendermi le avrebbe prese anche lei. Non ce l'ho fatta più. "Il primo che capita me lo prendo, bene o male" mi ero ripromessa e così è stato. Mi sono sposata a 18 anni, dopo a malapena una settimana di fidanzamento. Pensavo di aver fatto una cosa buona per me stessa, di aver finalmente in mano la mia vita rivoluzionandola, ripartire ma così non è stato. Da allora è stata tutta una ripida discesa. Ho avuto quattro figli ma me ne pento perché non ho potuto garantire loro una vita che si possa dire tale, ho sempre e solo avuto dispiaceri.»
La signora ci racconta dei figli asciugandosi le lacrime, di amarezza ci dice, è inevitabile che i ricordi la sopraffaggano. Ci fa i loro nomi ma noi useremo nomi fittizi per tutelarne dignità e storia.
«Fabio, il maggiore ha avuto problemi con la legge, è stato anche incarcerato. Sarebbe inutile avviarlo al lavoro, qualsiasi cosa abbia provato a fargli fare è stata mandata a monte per il suo carattere sregolato. Sia da piccolo, quando io e mio marito abbiamo trovato il modo per metterlo a lavorare, anche come facchino, non c'era modo per fargli mettere la testa al posto, si è sempre sentito il padrone del mondo. Alessio, più piccolo, ha problemi psicologici e ha bisogno di essere costantemente seguito da uno psicologo. Domenico invece ora ha 20 anni: aveva solo 13 mesi quando è stato dato in affidamento, senza la mia autorizzazione, il tribunale mi ha tolto la patria potestà. Sono riuscita ad abbracciarlo per poco, solo fino a quando è stato adottato. Abbiamo sempre tentato di metterci in contatto con i genitori adottivi che non hanno mai voluto concedermi di incontrarlo. Il terzo è con me, non trova lavoro. Vive per modo di dire perché viviamo in luoghi di fortuna, non possiamo chiamarla vita, piuttosto sopravvivenza. Si lotta per rimanere in vita, non per vivere. Ora vi parlo di Angela ed è il racconto che piu mi rattrista. Ha 30 anni, è nata con disturbi mentali. E' sempre stata seguita da uno psichiatra dell'ospedale di Barletta. Ha i capelli neri come mio marito ma dicono assomigli a me. Attualmente si trova alla casa della divina provvidenza, dal '98 è lì. Solo a pensare tutto questo sono distrutta.»
In tutti questi anni chi vi ha aiutato dandovi assistenza?
«Nessuno. Non siamo mai stati aiutati da nessuno, abbiamo dovuto imparare a cavarcela da soli. Mi sono rivolta alla Chiesa dell'Immacolata dove sono stata sostenuta. Solo sostenuta dalle brave persone, quelle che ti aiutano senza giudicarti mai».
Lei mi sta raccontando la vita con suo marito. Dove vivevate?
«In casa. Mio marito ha sempre fatto il venditore ambulante. Ora non vende quasi più nulla non avendo più il motocarro, perchè non è riuscito a pagare le riparazioni. Poche cassette di ortaggi, bassissimo è il ricavato. Non ce la facciamo a pagare un affitto. Da quando sto con mio marito ho sempre cambiato casa, sono sempre stata sfrattata dai Carabinieri. Abbiamo ricevuto alcuni aiuti dall'assistente sociale: tempo fa siamo stati ospitati pochi giorni presso un hotel per ripararci dal freddo pungente. Ho passato un anno alla Caritas dove ho solo dormito con mio figlio. Ora lì non c'è più posto. Quando avevo i figli piccoli, voglio dire in quest'intervista, mia madre non mi ha mai abbandonato fino a quando ha vissuto, mi ha sempre aiutato come ha potuto. E' morta 15 anni fa. Da allora nessuno ha mai fatto tanto per me. Fino a febbraio abbiamo vissuto in una casa in via Pistergola pagata con l'aiuto della pensione provvisoria di invalidità erogata a mia sorella. Avremmo potuto vivere lì fino a dicembre come da accordi ma le intimidazioni giornaliere ci hanno portato ad andare via. Dopo la richiesta di intervento della Polizia il padrone di casa non si è fatto più vedere nonostante venissero alcuni ragazzi a continuare con le minacce. L'affitto era stato pagato regolarmente fino a quel momento e non riesco a spiegarmi tutta quell'avversione nei nostri confronti. Abbiamo preferito stare tranquilli piuttosto che essere tormentati per avere un tetto sulla testa. Ora siamo in mezzo alla strada, si dorme dove capita.»
E suo marito Nicola dove dorme?
«In un capannone alle spalle del cimitero, non è un bel posto. Ieri ha dormito nell'auto di un amico temendo i controlli dei carabinieri che avrebbero potuto fare storie trovandolo senza documenti.»
Si è rivolta ai Servizi Sociali?
«Si ma non abbiamo avuto un appoggio effettivo. Qualche saltuario aiuto che non ci ha portato da nessuna parte, qualche bolletta pagata e qualche giorno passato in albergo, non di più. Dai Servizi Sociali ci si aspetterebbe molto altro e non parliamo solo sul fronte economico. Ci dicono sempre "vai dai servizi sociali e vedrai che ti aiutano", sembra siano cose che succedono solo al Nord secondo la nostra dura esperienza. Avremmo voluto essere considerati come persone piuttosto che come pratiche, numeri. Avremmo voluto un appoggio morale data la situazione ma è solo un sogno, purtroppo.»
Ora è il racconto di Rosa, sorella di Concetta. Ha 45 anni. Ci appare ancora infreddolita dalla scorsa notte, trascorsa in un portone disabitato con Concetta e Luigi. Dormire in queste condizioni -ci dicono- è peggio che stare in guerra. Rosa è robusta. Ha subito diversi interventi. Ha dei noduli al seno ma teme di farseli controllare. Ci racconta che l'unico affetto che ha avuto è stato solo da sua madre. Mentre ce lo racconta si asciuga qualche lacrima, è molto timida. Glielo chiediamo e ci risponde: «No, nessuno ha mai provato un vero affetto per me ed io invece ero disponibilissima ad offrirne. Ho un buon rapporto con mia sorella e mio cognato, anch'egli non fortunatissimo ma una brava persona. Come vede - rivolgendosi a noi - sia mia sorella che io siamo oltremodo robuste e non ci è possibile lavorare anche se abbiamo trovato tante volte. Abbiamo bussato tante porte e continuiamo ma tutta la città ci ha sempre detto di no a qualsiasi richiesta. Dopo diverse visite di controllo ho potuto ottenere una pensione di invalidità civile di 270 euro. Li ho presi per 10 mesi, fino a dicembre scorso. Dopo un'ulteriore controllo mi hanno sospeso questa piccola erogazione perché devono controllare se ne ho ancora diritto. Con questi soldi aiutavo mia sorella e mio nipote.»
Questa notte dove dormirete?
«Non sappiamo, dove capiterà. Ormai è abitudine.»
[Michele Sarcinelli, G. D.]