Don Vito Carpentiere
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Religioni

Don Vito Carpentiere e don Domenico Pierro si preparano a partire per l'Uganda

Le ragioni della scelta per questa operazione missionaria in Africa

Come ormai noto, l'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie comincerà una nuova cooperazione missionaria, con la diocesi di Gulu in Uganda precisamente, con l'invio di due sacerdoti, Don Vito Carpentiere e Don Domenico Savio Pierro. Essi ora si apprestano a seguire un percorso di preparazione ultimato il quale, presumibilmente nei primi mesi del nuovo anno, partiranno definitivamente per l'Uganda. I due sacerdoti, il 4 settembre, partiranno per Verona, dove, dal 7 settembre all'11 ottobre 2014, presso il Centro Unitario per la Cooperazione Missionaria fra le Chiese (CUM), frequenteranno il 68^ Corso di preparazione per l'Africa e il Madagascar. Successivamente si recheranno in Inghilterra per perfezionare la lingua inglese; ed ancora dopo, in Africa, nella diocesi di Gulu, per un primo periodo di ambientazione e apprendimento della lingua locale. Torneranno in Italia, per poi ripartire definitivamente in Uganda, quali sacerdoti fidei donum (dono della fede). Per comprendere questa espressione bisogna tornare al 21 aprile 1957, giorno in cui il Papa Pio XII dona alla Chiesa la lettera enciclica "Fidei donum". Questo documento contiene una proposta eccezionale e nuovissima nel campo dell'impegno missionario. Fino al momento della promulgazione dell'enciclica, la missione ad extra pur rimanendo, a livello teorico, dovere di tutta la Chiesa, praticamente, lungo i secoli, è stata attuata dall'opera generosa ed eroica di una schiera di "specialisti" (gli Istituti Missionari), guidati dal Sommo Pontefice e dalla Congregazione di Propaganda Fide. Pio XII rompe questo schema, raccogliendo una esigenza che nel frattempo era andata maturando in seno alla Chiesa. Il Papa afferma che tutti i Vescovi, in funzione del loro essere legittimi successori degli apostoli sono solidamente responsabili con il successore di Pietro della missione della Chiesa che "deve abbracciare tutte le nazioni e tutti i tempi" (Fidei Donum, n.15).

Di seguito, si propongono le testimonianze dei due sacerdoti circa le ragioni di tale scelta rilasciate al mensile diocesano "In Comunione"

"I SEMI DI UNA SCELTA" di DON VITO CARPENTIERE

(nato a Barletta il 10 aprile 1970, ordinato presbitero il 1 luglio 1995)

Durante la scuola elementare (Musti) alcuni missionari sono venuti per testimonianze varie. Tra questi ricordo distintamente tra il 1979 e il 1980 (quarta o quinta elementare) Padre Pinuccio Floris, missionario comboniano in terra d'Uganda, che attraverso diapositive e il racconto della sua testimonianza mi entusiasmò particolarmente. Con lui intrapresi un breve rapporto epistolare ed egli mi fece dono di un abbonamento al "Piccolo Missionario", rivista mensile per bambini dei Comboniani, dove mensilmente i fumetti raccontavano della esperienza e persecuzioni dei cristiani e dei missionari in Uganda al tempo del dittatore Amin Dada. Un anno prima della mia ordinazione sacerdotale partiva come fidei donum don Rino Caporusso. Negli anni della sua permanenza a Santa Helena in Brasile, invitato più volte, abitualmente rispondevo "Non vengo perché temo di fare solo il biglietto d'andata". All'indomani della morte di Padre Raffaele Dibari, avvenuta a Pajule il 1° ottobre 2000, durante le Esequie che si celebrarono a Barletta nella Cattedrale di Santa Maria Maggiore, un suo confratello comboniano lanciò l'appello: un giovane barlettano prenda il posto di Padre Raffaele. Agli inizi di settembre 2013, durante il Pellegrinaggio dell'Unitalsi di Barletta a Lourdes, mi raggiunge telefonicamente don Rino Caporusso e mi dice che per il viaggio che l'Arcivescovo e qualche altro sacerdote avrebbero fatto ad ottobre in Uganda sulle orme di Padre Raffaele c'era posto anche per me e che questa volta non avrei potuto dire di no. Probabilmente perché ero a Lourdes, se non mi sbaglio di fronte alla grotta, non me la sono sentita di dirgli no. Partiti per l'Uganda (l'Arcivescovo, quattro sacerdoti, tre laici), iniziamo il nostro pellegrinaggio da Kampala. I momenti vissuti più intensamente sono stati quelli della visita nel nord del Paese. Ricordo distintamente l'incontro nella diocesi di Lira col vescovo, un missionario comboniano italiano, padre Giuseppe Franzelli, un uomo eccezionale quanto umile, insieme a padre Cosimo de Iaco, originario di Otranto ed ex-alunno come me del Seminario Romano. A loro chiesi se sapessero qualcosa "di un tale padre Pinuccio". Ed essi sorpresi mi esclamarono: "Ma è qui a Lira in comunità". E così il mattino dopo, alle 7, siamo andati nella comunità dei comboniani e ho rincontrato padre Pinuccio, al quale mi sono presentato dicendogli, col sorriso pieno: "Se sono qui in Uganda è per colpa tua". Un momento emotivamente molto forte l'ho vissuto, insieme agli altri confratelli, mentre materialmente giungevamo a piedi presso la tomba di Padre Raffaele a Pajule. Poi ad Awach, domenica sei ottobre, prima della messa delle 10, nella canonica di quel paese, il nostro Arcivescovo palesa al vicario generale dell'Arcidiocesi di Gulu l'intenzione di aprire una cooperazione missionaria tra la nostra diocesi e quella di Gulu con l'invio di due sacerdoti. Durante la verifica finale della delegazione italiana, eravamo a Kampala, martedì 8 ottobre, dopo cena, nella missione di Padre John Scalabrini, l'Arcivescovo riprendendo la proposta fatta al vicario generale di Gulu, mi interpella personalmente chiedendomi la disponibilità a realizzare questo insieme con un sacerdote giovane. E la mia prima reazione è stata un secco "NO". Al rientro dal viaggio, però, il "No" si è dissolto in capo a una decina di giorni ed è cominciato ad affiorare un "Sì", dapprima timido ed incerto, poi sempre crescente in intensità. E così sono tornato io a bussare alla porta dell'Arcivescovo e ho cominciato a fare un attento discernimento che mi ha portato a dire finalmente "Sì".

"DAL PROPRIO CUORE … AI PIEDI DELL'ALTRO" di DON DOMENICO SAVIO PIERRO

(nato a Barletta il 10 novembre 1986, ordinato presbitero il 19 novembre 2011)

Dal proprio cuore … ai piedi dell'altro!

"Figlio mio che sei su questa terra
preoccupato, triste e tentato,
ti chiamo per nome,
ti conosco e ti amo".

Così si esprimeva in una preghiera del Padre nostro 'al rovescio' – ossia una immaginaria e toccante preghiera di Dio stesso rivolta all'uomo – il sacerdote e missionario Raffaele Di Bari. E questa premura paterna del Signore ho avvertito in prima persona il 18 ottobre scorso quando, al termine della Celebrazione Eucaristica in Cattedrale a Trani in occasione della Festa della Chiesa Diocesana, l'arcivescovo accostandosi a me in cripta con voce sommessa mi chiese se avessi intenzione di partire in Missione a nome della nostra Diocesi, e precisamente nella terra dove padre Raffaele Di Bari ha predicato il Vangelo, la diocesi di Gulu. La prima e istantanea reazione fu di gioia e sorpresa; gioia perché preso ancora dalla dolce nostalgia della prima esperienza missionaria, svoltasi in Brasile, nella vivace Diocesi di Pinheiro, in compagnia di don Mario Pellegrino. Sorpresa perché non mi sarei aspettato in così breve tempo dall'ordinazione presbiterale un'esplicita richiesta da parte del vescovo a mandarmi in terre lontane come Fidei Donum. Al di là dei sentimenti e delle emozioni, che sono di passaggio nel cuore umano, ciò che sta alla radice di questa partenza per l'Uganda è l'incontro tra la mia disponibilità espressa al vescovo lo scorso agosto 2012 non appena ritornai in Italia dall'esperienza nel Maranhao e la volontà di mons. Pichierri ad aprire un nuovo cantiere di evangelizzazione nella terra nera fecondata dal sangue del martire padre Raffaele. Rileggo, alla luce di questo connubio tra il desiderio personale e la chiamata del vescovo, ciò che Dio ha cominciato a seminare dentro di me durante il tempo della formazione: come posso dimenticare il fascino che mi accompagnava in Seminario Regionale a Molfetta nell'ascoltare i sacerdoti missionari che si avvicendavano durante il mese di ottobre per offrirci le loro testimonianze, o la passione che alimentavano in me le chiacchierate coi missionari e le missionarie della mia parrocchia di origine, san Giacomo Maggiore in Barletta, durante le vacanze estive – Sr. Rosaria Balestrucci che opera ancora in Kenya, padre Vittorio Marzocca già missionario in Uganda, padre Michele Di Noia attualmente presente in Congo e padre Saverio Paolillo presente Brasile e, in modo particolare, il carissimo amico e confratello prete Savino Filannino, ora parroco di san Pietro a Bisceglie ed ex Fidei Donum in Brasile a Santa Helena. Tutto questo oggi restituisco a Dio con la mia partenza insieme a don Vito Carpentiere per la Diocesi di Gulu. Da ottobre ad oggi la voce di Dio ha avuto il timbro paterno e incoraggiante dello stesso vescovo mons. Giovan Battista Pichierri. Ha assunto la calorosa accoglienza del vescovo di Gulu mons. Giovanni Battista Odama, che nel febbraio u. s. ho potuto conoscere di persona a Barletta nella parrocchia SS. Crocifisso insieme all'Ufficio Missionario; ha preso in prestito la voce fraterna di don Vito Carpentiere, parroco di San Nicola, che da subito si è fatto compagno di strada e vero amico nella preghiera e nel dialogo. E la Sua stessa voce ancora si manifesta anche attraverso la voce dei miei genitori, parenti, amici sacerdoti e laici e laiche che non cessano di esprimere tra gioia e dipiacere, tra sorrisi e qualche lacrima, tutto il loro affetto. Questa amorevole e liberante voce si fa Parola che riecheggia quotidianamente in me nella stessa preghiera di padre Raffaele che continua così:

"Desidero solo che tu faccia
la mia volontà! Non preoccuparti:
ti darò cibo ogni giorno
da dividere col tuo prossimo più povero,
in solidarietà".

E così sia, per la crescita del Regno di Dio nelle civilità umane, nelle culture, tra i popoli e soprattutto nelle case della nostra Diocesi, perché la "missione sia valida per ogni battezzato e non solo per chi si reca in nazioni lontane – come è stato chiesto ora per me e don Vito – e diventi stile di vita per ciascuno, educandoci così a costruire una Chiesa Serva e Povera che sappia compiere il passo più breve ma più autenticamente missionario, quello che va dal nostro cuore ai piedi dell'altro".
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