Religioni
Don Gino, amato da Barletta: il ricordo di Don Francesco Fruscio
«È riuscito a far vedere, a noi giovanissimi preti, il volto del padre e dell’amico come nessuno ce l’ha mai mostrato»
Barletta - venerdì 12 agosto 2022
12.32
A 16 anni dalla morte dell'amato Don Gino Spadaro, ieri 11 agosto, è stata celebrata una Santa Messa, nella chiesa di Sant'Andrea, in sua memoria.
Per l'occasione abbiamo contattato Don Francesco Fruscio, il parroco attuale, il quale ha scritto per noi due parole in ricordo del "curato di marina" don Gino. Don Francesco ha voluto così parlare a tutti noi dei suoi ricordi del passato e sottolineare anche delle parole dell'amato don Gino, tratte da dei suoi scritti.
«Ringrazio la redazione per avermi chiesto di tracciare qualche linea biografica. In realtà sono stato inizialmente titubante nell'accettare di scrivere qualcosa perché, per me non è facile ripercorrere tanti ricordi dell'amato don Gino. Ma ho accettato in quanto suo successore nella Parrocchia di sant'Andrea ove ha svolto i maggior tempo della sua vita sacerdotale.
Della sua amata Sant'Andrea diceva così in un suo scritto: «qui la fede non è fatta di voli carismatici (perché forse non ne sono capace io?) o di profetismo di denuncia: è piuttosto rispetto per le consegne degli antichi, è risposta agli appelli sacramentali, è presenza negli appelli della carità. Proprio come piace a me, una fede piccola piccola così da trasportare le montagne... Qui il materiale umano (quello stesso nel quale Cristo si è incarnato) non si allontana mai troppo dai moduli tradizionali, non ha esponenti colti, non assume in religione le maniere contemporanee. Non so se sia riuscito a mandare qualcuno in Cielo, ma mi sono sforzato di far capire a tutti che la nostra prima e irrinunciabile vocazione è la terra. Ho insegnato a guardare il cielo nelle notti stellate a ragazzi che non sapevano che in cielo ci sono le stelle; è contandole siamo arrivati fino alla stella del mattino, quella che non conosce tramonto, Cristo, non più solo morto, ma risorto per amore degli uomini».
Qui nasce il genio folle e sagace di don Gino, fatto di mani immerse nel ventre della vita a contatto con le povertà, le miserie delle esistenze. Mani che un giorno benediranno...: «arrivai qui che i bambini conoscevano poco il sorriso di un adulto, e li ho chiamati per nome e ho ricordato ai genitori il sano orgoglio di essere madri e padri di bambini meravigliosi, quando hanno visto i loro figli accolti al catechismo fra cose belle, o piccoli attori nelle recitine della Parrocchia, o centro di attenzioni e speranza e sospiri nei giorni dei sacramenti...». La parrocchia di don Gino non era limitata in uno spazio, ma era una parrocchia diffusa. Egli possedeva il carisma di riuscire a conoscere le persone a fondo: ognuno con lui si sentiva accolto come persona, per quello che era. Don Gino era un sacerdote di idee aperte, curioso intellettualmente, dialogante, e la sua era una spiritualità molto concreta. Inoltre, era cercato da molti, e nonostante la sua salute precaria, continuava ad essere sempre sorridente e pieno di entusiasmo. Non ricordo mai di aver visto don Gino con un atteggiamento serioso, distaccato, elitario, ma era alla mano, autoironico e autodissacrante.
Don Gino è riuscito a far vedere, a noi giovanissimi preti, il volto del padre e dell'amico in modo che nessuno ce l'ha mai mostrato. È stato per anni il punto di riferimento per diversi preti giovani. Quante volte ci accoglieva nella sua canonica e tra un caffè ed una battuta sapeva inserirsi con l'annuncio della consolazione nelle nostre prime difficoltà, stimolandoci ad andare avanti appoggiandoci sulla misericordiosa potenza di Dio. Molte volte ci invitava ad ascoltare musica classica e nell'ascoltare commentava e ci riportava ad opere d'arte antiche e contemporanee; erano incontri di catechesi e di formazione umana e spirituale. Don Gino era così con preti e laici e si adattava ad ogni livello culturale. Tre erano gli elementi che caratterizzavano la sua casa: la lettura, l'ascolto della buona musica e le icone bizantine. Univa questi tre elementi che lo portavano a slanci di meditazione profonda, rimanendo con i piedi sulla terra. Tanti sono i ricordi di lui, ma preferisco fermarmi qui ed invitare gli amici di don Gino a pregare per lui e per tutti i sacerdoti.
Concludo questo ricordo del caro don Gino con la citazione di un suo scritto datato 7 Ottobre 2000: «Oggi ritorni alla tua casa, Maria donna in festa, una casa che già nel nome ti fa così vicina a noi: lo STERPETO. Fin dal tempo dei nostri padri scegliesti di abitare fra gli sterpi, quasi a significare che tutta la nostra vita è come campo da dissodare e da volgere a coltura. Sappiamo perciò che è la fatica umana, sostenuta dalla grazia dello Spirito di Dio, che trasforma uno sterpeto in frutteto: tu stessa, alle nozze di Cana, ai servi che sapevano che il vino era finito e che perciò la gioia stava per volgersi in tristezza, dicesti con voce sicura e con sguardo di fiducia: "Fate ciò che Gesù vi dirà". Gesù, quel Figlio che porti stretto a te e che pure presenti e offri a noi, con te ha guardato e ascoltato e con te ci ha largamente benedetti. E noi, sul tuo invito, a lui chiediamo cosa vuole che si faccia. Egli vuole da ognuno e in ognuno di noi: fede certa senza compromessi, speranza forte senza tentennamenti, carità gioiosa senza stanchezza, esperienza alta senza presunzione. E l'acqua del nostro esistere si trasformerà nel vino del nostro testimoniare».
Per l'occasione abbiamo contattato Don Francesco Fruscio, il parroco attuale, il quale ha scritto per noi due parole in ricordo del "curato di marina" don Gino. Don Francesco ha voluto così parlare a tutti noi dei suoi ricordi del passato e sottolineare anche delle parole dell'amato don Gino, tratte da dei suoi scritti.
«Ringrazio la redazione per avermi chiesto di tracciare qualche linea biografica. In realtà sono stato inizialmente titubante nell'accettare di scrivere qualcosa perché, per me non è facile ripercorrere tanti ricordi dell'amato don Gino. Ma ho accettato in quanto suo successore nella Parrocchia di sant'Andrea ove ha svolto i maggior tempo della sua vita sacerdotale.
Della sua amata Sant'Andrea diceva così in un suo scritto: «qui la fede non è fatta di voli carismatici (perché forse non ne sono capace io?) o di profetismo di denuncia: è piuttosto rispetto per le consegne degli antichi, è risposta agli appelli sacramentali, è presenza negli appelli della carità. Proprio come piace a me, una fede piccola piccola così da trasportare le montagne... Qui il materiale umano (quello stesso nel quale Cristo si è incarnato) non si allontana mai troppo dai moduli tradizionali, non ha esponenti colti, non assume in religione le maniere contemporanee. Non so se sia riuscito a mandare qualcuno in Cielo, ma mi sono sforzato di far capire a tutti che la nostra prima e irrinunciabile vocazione è la terra. Ho insegnato a guardare il cielo nelle notti stellate a ragazzi che non sapevano che in cielo ci sono le stelle; è contandole siamo arrivati fino alla stella del mattino, quella che non conosce tramonto, Cristo, non più solo morto, ma risorto per amore degli uomini».
Qui nasce il genio folle e sagace di don Gino, fatto di mani immerse nel ventre della vita a contatto con le povertà, le miserie delle esistenze. Mani che un giorno benediranno...: «arrivai qui che i bambini conoscevano poco il sorriso di un adulto, e li ho chiamati per nome e ho ricordato ai genitori il sano orgoglio di essere madri e padri di bambini meravigliosi, quando hanno visto i loro figli accolti al catechismo fra cose belle, o piccoli attori nelle recitine della Parrocchia, o centro di attenzioni e speranza e sospiri nei giorni dei sacramenti...». La parrocchia di don Gino non era limitata in uno spazio, ma era una parrocchia diffusa. Egli possedeva il carisma di riuscire a conoscere le persone a fondo: ognuno con lui si sentiva accolto come persona, per quello che era. Don Gino era un sacerdote di idee aperte, curioso intellettualmente, dialogante, e la sua era una spiritualità molto concreta. Inoltre, era cercato da molti, e nonostante la sua salute precaria, continuava ad essere sempre sorridente e pieno di entusiasmo. Non ricordo mai di aver visto don Gino con un atteggiamento serioso, distaccato, elitario, ma era alla mano, autoironico e autodissacrante.
Don Gino è riuscito a far vedere, a noi giovanissimi preti, il volto del padre e dell'amico in modo che nessuno ce l'ha mai mostrato. È stato per anni il punto di riferimento per diversi preti giovani. Quante volte ci accoglieva nella sua canonica e tra un caffè ed una battuta sapeva inserirsi con l'annuncio della consolazione nelle nostre prime difficoltà, stimolandoci ad andare avanti appoggiandoci sulla misericordiosa potenza di Dio. Molte volte ci invitava ad ascoltare musica classica e nell'ascoltare commentava e ci riportava ad opere d'arte antiche e contemporanee; erano incontri di catechesi e di formazione umana e spirituale. Don Gino era così con preti e laici e si adattava ad ogni livello culturale. Tre erano gli elementi che caratterizzavano la sua casa: la lettura, l'ascolto della buona musica e le icone bizantine. Univa questi tre elementi che lo portavano a slanci di meditazione profonda, rimanendo con i piedi sulla terra. Tanti sono i ricordi di lui, ma preferisco fermarmi qui ed invitare gli amici di don Gino a pregare per lui e per tutti i sacerdoti.
Concludo questo ricordo del caro don Gino con la citazione di un suo scritto datato 7 Ottobre 2000: «Oggi ritorni alla tua casa, Maria donna in festa, una casa che già nel nome ti fa così vicina a noi: lo STERPETO. Fin dal tempo dei nostri padri scegliesti di abitare fra gli sterpi, quasi a significare che tutta la nostra vita è come campo da dissodare e da volgere a coltura. Sappiamo perciò che è la fatica umana, sostenuta dalla grazia dello Spirito di Dio, che trasforma uno sterpeto in frutteto: tu stessa, alle nozze di Cana, ai servi che sapevano che il vino era finito e che perciò la gioia stava per volgersi in tristezza, dicesti con voce sicura e con sguardo di fiducia: "Fate ciò che Gesù vi dirà". Gesù, quel Figlio che porti stretto a te e che pure presenti e offri a noi, con te ha guardato e ascoltato e con te ci ha largamente benedetti. E noi, sul tuo invito, a lui chiediamo cosa vuole che si faccia. Egli vuole da ognuno e in ognuno di noi: fede certa senza compromessi, speranza forte senza tentennamenti, carità gioiosa senza stanchezza, esperienza alta senza presunzione. E l'acqua del nostro esistere si trasformerà nel vino del nostro testimoniare».