Mennea e Minà. <span>Foto Sito web Fidal</span>
Mennea e Minà. Foto Sito web Fidal
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Dodici anni dalla morte di Pietro Mennea, il ricordo di Nino Vinella

La nota del giornalista e scrittore

"Nella puntata trasmessa del programma di attualità religiosa "A Sua immagine" su Rai Uno domenica 1° febbraio, la popolare conduttrice Lorena Bianchetti ha incontrato Manuela Olivieri, moglie della leggendaria "Freccia del Sud", Pietro Mennea. Insieme hanno ricordato le sue sfide ma anche la sua umanità, il suo impegno per i giovani e la sua spiritualità. L'uomo più veloce del mondo è una figura mitica, un supereroe che abita l'immaginario di tutti i popoli della terra in ogni epoca: e un italiano è stato l'uomo più veloce del mondo per 17 lunghi anni, e ancora oggi è di Pietro il record europeo dei 200 metri.

Così la più recente testimonianza televisiva a risonanza nazionale per Pietro Paolo Mennea da Barletta (come lui stesso affermava orgogliosamente nelle sue apparizioni in tv) che ricordiamo a dodici anni dalla sua prematura scomparsa avvenuta a Roma il 21 marzo 2013. Pietro - nato a Barletta sabato 28 giugno 1952 in Via Porta Reale nel quartiere fra Corso Vittorio Emanuele, via San Samuele ed il vecchio Ospedale Umberto I, dove lavorò fino alla pensione suo padre Salvatore come usciere dopo aver lasciato la bottega di sarto che aveva condotto sempre apprezzato per le sue qualità artigianali e di stile – fu battezzato nella chiesa della Prepositura curata di San Giacomo Maggiore qualche giorno dopo, a luglio. La stessa chiesa dove avevano ricevuto il primo Sacramento i fratelli maggiori Giuseppe e Luigi, e come risulta dal libro dei battezzati gelosamente custodito negli uffici parrocchiali.

Pietro, terzo di cinque figli e legatissimo alla mamma, crebbe nell'educazione cristiana percorrendo le successive tappe di quegli Anni Cinquanta, fra catechismo, Prima Comunione e Cresima. Come ha spesso ricordato Angelo Autorino, figlio del suo primo insegnante di educazione fisica (anzi ginnastica) il professor Alberto, ex avvocato che aveva lasciato la professione forense per dedicarsi alla formazione sportiva (ed anche spirituale) degli studenti. Come me che lo hanno avuto come insegnante al Cassandro, oggi sede dell'Istituto Léontine e Giuseppe De Nittis, quella Ragioneria del compianto Preside Franco Filannino dove mi sono diplomato ragioniere: piegamenti ed ancora piegamenti, in un istituto senza palestre ma con cinque piani che Pietro utilizzava salendo e scendendo le scale per fare fiato nelle ripetute come alla "salita del Vaglio" fra Piazza Marina e Via Cialdini…

Pietro si segnava con la croce prima di ogni gara. Era il gesto con cui si affidava al Padreterno, e che lo ritrae ai blocchi di partenza nello Stadio Lenin quel 28 luglio 1980 alle Olimpiadi Mosca quando vinse la medaglia d'oro sui 200 metri…

Quel segno di croce, imparato da bambino, è stato il simbolo della sua fede cristiana, un simbolo identitario di appartenenza a quella gente che ci crede e che vive la nostra religione così, semplicemente…

Di Pietro ho potuto documentare da giornalista (e da persona che lo direttamente conosciuto con altri che purtroppo ci hanno lasciato, come il professor Franco Mascolo) la vita umana e sportiva dal 1972 al 1988 nel libro "La Gazzetta del Mezzogiorno racconta Pietro Mennea. L'Uomo. L'Atleta. Il Campione" per le cinque Olimpiadi a cui ha partecipato. Trecento pagine pubblicate come se aveste il giornale in mano. Il mio gesto di amore e di riconoscenza…"
  • Pietro Mennea
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