La città
Dal torneo "Città della Disfida" alle strutture sportive barlettane: intervista ad Isidoro Alvisi
Il delegato provinciale del CONI ai microfoni di Barlettalife. Si parla di "PalaBorgia", tensostruttura e "Puttilli"
Barletta - domenica 22 aprile 2012
14.51
E' uomo di sport, il dottor Isidoro Alvisi. Delegato provinciale del CONI Bat, Direttore dell'organizzazione del Challenger "Città della Disfida", recentemente concluso sui campi del Ct "Hugo Simmen" di Barletta, cognome "storico" per la città di Barletta (suo nonno Isidoro è stato sindaco di Barletta dal 1947 al 1952, ndr): ci accoglie nel suo studio in un piovoso pomeriggio per raccontare il suo punto di vista e quello del Comitato Olimpico Nazionale Italiano che rappresenta nella Sesta Provincia su svariati argomenti, dalla sicurezza sui campi di gioco alle situazione dello stadio "Puttilli" e del "PalaBorgia", passando per la tensostruttura e per la formazione dello sport giovanile, tenendo sempre sullo sfondo il torneo di tennis barlettano:
Dottor Alvisi, partiamo da un bilancio complessivo della XIV edizione del Challenger "Città della Disfida"…
«Sicuramente positivo. Probabilmente è un'edizione che è andata anche al di là delle più rosee aspettative. Sapevamo di poter contare su diversi tennisti di caratura internazionale. Poi attraverso le iscrizioni, le wild cards, si è delineata una lista di partecipanti di primissimo ordine. Ovviamente, quando si inizia con largo anticipo la preparazione di un evento sportivo, questi sono gli effetti positivi: abbiamo inoltre potuto contare su una data in calendario con maggiore appeal, e sicuramente la presenza di giocatori e la settimana pasquale hanno influito sulla folta presenza di pubblico, appassionati di tennis e non, giunto da tutta la regione. Voglio inoltre sottolineare le iniziative collaterali fornite dall'organizzazione del circolo e dal main sponsor Selezione Casillo».
Un feedback molto importante è anche quello dei tennisti. Barlettalife ne ha intervistati diversi, e tutti erano molto soddisfatti dell'organizzazione. Vi aspettavate queste reazioni entusiastiche?
«Loro sono i veri "protagonisti" del torneo, e per questo sono sempre trattati con un occhio di riguardo. Come dicevo, il nostro torneo è molto appetibile per calendario, però si corre anche il rischio del fattore climatico, spesso instabile. Diventa fondamentale così che ci sia lo spettacolo sul campo, e quello te lo danno solo i giocatori. Per questo facciamo in modo che i protagonisti siano messi nelle migliori condizioni possibili per giocare. Teniamo conto del fatto che il circuito internazionale del tennis è nell'ordine dei milioni di euro: a Barletta si gioca per migliaia di euro, però l'alta qualificazione del torneo li porta a partecipare al nostro Challenger, accettando anche delle sconfitte».
La finale avrebbe potuto dar vita a un record nella storia del torneo: la prima vittoria di un italiano o il primo double, quello che poi ha realizzato Bedene. Da tifoso azzurro, non avrebbe preferito la prima opzione? Quanto ha influito sulle condizioni di Starace la segmentazione della semifinale tra sabato e domenica?
«Certamente l'aver giocato in due parti la semifinale ha provocato in Starace un calo nella finale. Bisogna però dar merito a Bedene, il quale ha mostrato una solidità tale per cui lui non ha mai mollato alcun punto, giocando un tennis di ottimo livello. Ha un gioco che punta molto sull'intensità, è molto solido fisicamente e mentalmente: viene fuori nei momenti difficili degli incontri, un po' come Nadal. Questo è il filo conduttore di questo ragazzo, che proviene da una scuola, quella slava, oggi in fortissima ascesa. Credo che a breve entrerà a far parte della Top 100 mondiale».
Lei è delegato provinciale del CONI Bat. Doveroso fare il punto sugli impianti sportivi barlettani: partiamo dal Pala Disfida "Mario Borgia", spesso nel mirino per gli alti costi che esso comporta per le società sportive che ne fanno e ne vorrebbero far uso. Lei ha avuto modo di confrontarsi con le associazioni sportive barlettane?
«Il problema dell'impiantistica sportiva pubblica è che la gestione è davvero impegnativa. Particolarmente al sud, abbiamo il problema di gestire questi impianti. Per me il "Pala Borgia" è un contenitore validissimo per tante attività: credo però che avrebbe bisogno di un gestore che sappia al contempo utilizzarlo per gli eventi e poi renderlo fruibile alle varie realtà sportive barlettane. Bisogna trovare una ideale formula di gestione, pensare a soluzioni di coinvolgimento di tutte le società sportive interessate alla gestione. Serve un forte coordinamento: noi come CONI l'abbiamo individuato come ipotesi di soluzione per la sede provinciale, al fine anche di mettere un piede nel luogo e poter avere un modo per monitorare la situazione interna, rendendola maggiormente vivibile e utilizzabile. A Barletta, in realtà, eccezion fatta per il calcio a 5 ed eventi non sportivi, è davvero poco utilizzata. Soluzioni per utilizzarlo al meglio ci sarebbero: bisogna però trovare chi le attui e avere la disponibilità dell'amministrazione comunale».
Un altro punto "caldo" nell'impiantistica sportiva barlettana riguarda la gestione dello stadio "Cosimo Puttilli". Come procede il percorso per il rinnovamento della struttura?
«Anche per il "Puttilli" abbiamo studiato una soluzione progettuale adattabile alla realtà esistente. Noi del CONI, attraverso la CONI Servizi, abbiamo fatto in modo che ci fosse un progetto realizzabile, sostenibile dal punto di vista finanziario, credibile per quanto riguarda la tempistica, e abbiamo avuto un'ottima disponibilità da parte dell'amministrazione comunale nell'operazione. Tra poche settimane avrà scadenza il bando e valuteremo le migliori offerte: se tutto andrà bene, potremo pensare alla fine di quest'anno di avere una struttura completa. Siamo nei tempi stabiliti, perché al di là del rifacimento di curve e gradinata potremmo parallelamente procedere all'abbattimento della tribuna. Se questo dovesse accadere a campionato iniziato, la società ha già fatto sapere che si sposterebbe in gradinata per la gestione di quanto solitamente avviene in tribuna (sala-stampa, ndr). Non ci sarà bisogno di spostarsi in altri stadi per giocare: dopo l'aggiudicazione del bando stabiliremo meglio i tempi».
L'ultima struttura sportiva approntata a Barletta è la tensostruttura nei pressi del "Manzi-Chiapulin". Di questa è stata criticata in particolare l'eccesiva distanza tra spogliatoi e struttura. C'è una mancanza di logica nel fatto che tra i due punti vi siano 100 metri da percorrere all'aperto?
«La funzione della tensostruttura è il frutto della decisione di installare l'impianto all'interno del "Manzi-Chiapulin", un altro impianto. Certo non è facile realizzare questi impianti, poi però sorge il problema della gestione: se il Comune deve già preoccuparsi di gestire l'impianto calcistico, ha trovato conveniente unire in un unico ambiente i due spazi. Ovviamente, studiando prima una soluzione, avremmo avuto una diversa e migliore distribuzione degli spazi. Probabilmente, quando è nato il "Manzi-Chiapulin", non si pensava di porci dopo una tensostruttura. Al di là della lontananza degli spogliatoi, mi preoccuperei ora di agevolare l'utilizzo di questa struttura di allenamento, in particolare verso i settori giovanili delle nostre società».
Sport giovanile: quanta voglia di investire c'è sul territorio oggi?
«Oggi le realtà provinciali più importanti, come quella di Barletta, secondo me devono passare necessariamente per i settori giovanili e investire in essi. Bisogna avere "occhio" e scovare giocatori che possano passare in prima squadra. Oltre ad avere soldi per le campagne acquisti, per i quali servono grossi imprenditori, bisogna operare un discorso di prospettiva: è chiaro che questo passa anche per gli investimenti nelle strutture. Creare accanto a degli impianti importanti degli impianti di formazione e promozione dello sport, può essere un indirizzo importante da seguire. E' chiaro che oggi le società sportive devono avere degli spazi che consentano di operare queste attività: non abbiamo un'impiantistica sportiva rilevante, ma quel poco che abbiamo va sfruttato».
Lei è uomo di sport: quanto è stato scosso dalla recente scomparsa del calciatore del Livorno Piermario Morosini?
«Il dramma è stato davvero grande. La figura di uno sportivo, in questo caso anche giovane, che chiude la sua vita in un campo di gioco, è davvero un momento che deve far riflettere sotto l'aspetto del controllo, della salute, del pronto intervento. Oggi abbiamo una serie di sollecitazioni che vengono poste nell'ambito calcistico su atleti sottoposti a un forte e frequente stress: c'è poi il discorso delle strutture sportive. Giustamente ora si sta parlando della necessaria presenza dei defibrillatori in campo».
Il CONI come potrebbe contribuire in tal senso?
«Dapprima bisogna spronare il mondo politico e federale a prendere seriamente in considerazione il problema, legandolo non solo agli stadi importanti ma anche agli altri impianti dove si fa sport a livello agonistico. E' necessario anche investire dal punto di vista "culturale": oggi lo sport è prevenzione, ma è anche un percorso che va seguito e controllato. Spesso vediamo che nel mondo amatoriale ci si avvicina allo sport anche in tarda età senza magari aver fatto i necessari controlli: questo avviene però anche nello sport giovanile a volte».
La chiusura è circolare: torniamo sul torneo di tennis. Per il Challenger della prossima stagione vi siete già imposti dei miglioramenti?
«E' naturale farlo. Dopo 16 anni, si trovano stimoli solo ponendosi l'obiettivo di migliorare. E' chiaro che siamo soddisfatti del report di fine torneo: quest'anno siamo praticamente nel "gruppone" alle spalle dei soli Internazionali d'Italia, per qualità e organizzazione. Quest'anno abbiamo affinato alcuni aspetti che migliorassero l'accoglienza dello spettatore, unendo lo spettacolo in campo a quello fuori dal campo, in una struttura dove si vive piacevolmente la giornata di sport. Dal punto di vista prettamente tecnico, posso dire che siamo a un livello davvero interessante nel panorama italiano, e questo significa che anche la Federazione Italiana Tennis ci terrà in grande considerazione. Quest'anno anche gli italiani che hanno perso sono rimasti qui fino quasi al termine del torneo: questo indica il fatto che hanno trovato condizioni ottimali per allenarsi in vista di appuntamenti blasonati che hanno fatto seguito, come Casablanca e Montecarlo. Potremmo diventare attrattivi anche per i giovani del panorama italiano, in un contesto di formazione».
Quindi qual è il suo auspicio?
«Un "bollino blu" da parte della F.I.T., che contrassegni la qualità del torneo…».
(Twitter @GuerraLuca88)
Dottor Alvisi, partiamo da un bilancio complessivo della XIV edizione del Challenger "Città della Disfida"…
«Sicuramente positivo. Probabilmente è un'edizione che è andata anche al di là delle più rosee aspettative. Sapevamo di poter contare su diversi tennisti di caratura internazionale. Poi attraverso le iscrizioni, le wild cards, si è delineata una lista di partecipanti di primissimo ordine. Ovviamente, quando si inizia con largo anticipo la preparazione di un evento sportivo, questi sono gli effetti positivi: abbiamo inoltre potuto contare su una data in calendario con maggiore appeal, e sicuramente la presenza di giocatori e la settimana pasquale hanno influito sulla folta presenza di pubblico, appassionati di tennis e non, giunto da tutta la regione. Voglio inoltre sottolineare le iniziative collaterali fornite dall'organizzazione del circolo e dal main sponsor Selezione Casillo».
Un feedback molto importante è anche quello dei tennisti. Barlettalife ne ha intervistati diversi, e tutti erano molto soddisfatti dell'organizzazione. Vi aspettavate queste reazioni entusiastiche?
«Loro sono i veri "protagonisti" del torneo, e per questo sono sempre trattati con un occhio di riguardo. Come dicevo, il nostro torneo è molto appetibile per calendario, però si corre anche il rischio del fattore climatico, spesso instabile. Diventa fondamentale così che ci sia lo spettacolo sul campo, e quello te lo danno solo i giocatori. Per questo facciamo in modo che i protagonisti siano messi nelle migliori condizioni possibili per giocare. Teniamo conto del fatto che il circuito internazionale del tennis è nell'ordine dei milioni di euro: a Barletta si gioca per migliaia di euro, però l'alta qualificazione del torneo li porta a partecipare al nostro Challenger, accettando anche delle sconfitte».
La finale avrebbe potuto dar vita a un record nella storia del torneo: la prima vittoria di un italiano o il primo double, quello che poi ha realizzato Bedene. Da tifoso azzurro, non avrebbe preferito la prima opzione? Quanto ha influito sulle condizioni di Starace la segmentazione della semifinale tra sabato e domenica?
«Certamente l'aver giocato in due parti la semifinale ha provocato in Starace un calo nella finale. Bisogna però dar merito a Bedene, il quale ha mostrato una solidità tale per cui lui non ha mai mollato alcun punto, giocando un tennis di ottimo livello. Ha un gioco che punta molto sull'intensità, è molto solido fisicamente e mentalmente: viene fuori nei momenti difficili degli incontri, un po' come Nadal. Questo è il filo conduttore di questo ragazzo, che proviene da una scuola, quella slava, oggi in fortissima ascesa. Credo che a breve entrerà a far parte della Top 100 mondiale».
Lei è delegato provinciale del CONI Bat. Doveroso fare il punto sugli impianti sportivi barlettani: partiamo dal Pala Disfida "Mario Borgia", spesso nel mirino per gli alti costi che esso comporta per le società sportive che ne fanno e ne vorrebbero far uso. Lei ha avuto modo di confrontarsi con le associazioni sportive barlettane?
«Il problema dell'impiantistica sportiva pubblica è che la gestione è davvero impegnativa. Particolarmente al sud, abbiamo il problema di gestire questi impianti. Per me il "Pala Borgia" è un contenitore validissimo per tante attività: credo però che avrebbe bisogno di un gestore che sappia al contempo utilizzarlo per gli eventi e poi renderlo fruibile alle varie realtà sportive barlettane. Bisogna trovare una ideale formula di gestione, pensare a soluzioni di coinvolgimento di tutte le società sportive interessate alla gestione. Serve un forte coordinamento: noi come CONI l'abbiamo individuato come ipotesi di soluzione per la sede provinciale, al fine anche di mettere un piede nel luogo e poter avere un modo per monitorare la situazione interna, rendendola maggiormente vivibile e utilizzabile. A Barletta, in realtà, eccezion fatta per il calcio a 5 ed eventi non sportivi, è davvero poco utilizzata. Soluzioni per utilizzarlo al meglio ci sarebbero: bisogna però trovare chi le attui e avere la disponibilità dell'amministrazione comunale».
Un altro punto "caldo" nell'impiantistica sportiva barlettana riguarda la gestione dello stadio "Cosimo Puttilli". Come procede il percorso per il rinnovamento della struttura?
«Anche per il "Puttilli" abbiamo studiato una soluzione progettuale adattabile alla realtà esistente. Noi del CONI, attraverso la CONI Servizi, abbiamo fatto in modo che ci fosse un progetto realizzabile, sostenibile dal punto di vista finanziario, credibile per quanto riguarda la tempistica, e abbiamo avuto un'ottima disponibilità da parte dell'amministrazione comunale nell'operazione. Tra poche settimane avrà scadenza il bando e valuteremo le migliori offerte: se tutto andrà bene, potremo pensare alla fine di quest'anno di avere una struttura completa. Siamo nei tempi stabiliti, perché al di là del rifacimento di curve e gradinata potremmo parallelamente procedere all'abbattimento della tribuna. Se questo dovesse accadere a campionato iniziato, la società ha già fatto sapere che si sposterebbe in gradinata per la gestione di quanto solitamente avviene in tribuna (sala-stampa, ndr). Non ci sarà bisogno di spostarsi in altri stadi per giocare: dopo l'aggiudicazione del bando stabiliremo meglio i tempi».
L'ultima struttura sportiva approntata a Barletta è la tensostruttura nei pressi del "Manzi-Chiapulin". Di questa è stata criticata in particolare l'eccesiva distanza tra spogliatoi e struttura. C'è una mancanza di logica nel fatto che tra i due punti vi siano 100 metri da percorrere all'aperto?
«La funzione della tensostruttura è il frutto della decisione di installare l'impianto all'interno del "Manzi-Chiapulin", un altro impianto. Certo non è facile realizzare questi impianti, poi però sorge il problema della gestione: se il Comune deve già preoccuparsi di gestire l'impianto calcistico, ha trovato conveniente unire in un unico ambiente i due spazi. Ovviamente, studiando prima una soluzione, avremmo avuto una diversa e migliore distribuzione degli spazi. Probabilmente, quando è nato il "Manzi-Chiapulin", non si pensava di porci dopo una tensostruttura. Al di là della lontananza degli spogliatoi, mi preoccuperei ora di agevolare l'utilizzo di questa struttura di allenamento, in particolare verso i settori giovanili delle nostre società».
Sport giovanile: quanta voglia di investire c'è sul territorio oggi?
«Oggi le realtà provinciali più importanti, come quella di Barletta, secondo me devono passare necessariamente per i settori giovanili e investire in essi. Bisogna avere "occhio" e scovare giocatori che possano passare in prima squadra. Oltre ad avere soldi per le campagne acquisti, per i quali servono grossi imprenditori, bisogna operare un discorso di prospettiva: è chiaro che questo passa anche per gli investimenti nelle strutture. Creare accanto a degli impianti importanti degli impianti di formazione e promozione dello sport, può essere un indirizzo importante da seguire. E' chiaro che oggi le società sportive devono avere degli spazi che consentano di operare queste attività: non abbiamo un'impiantistica sportiva rilevante, ma quel poco che abbiamo va sfruttato».
Lei è uomo di sport: quanto è stato scosso dalla recente scomparsa del calciatore del Livorno Piermario Morosini?
«Il dramma è stato davvero grande. La figura di uno sportivo, in questo caso anche giovane, che chiude la sua vita in un campo di gioco, è davvero un momento che deve far riflettere sotto l'aspetto del controllo, della salute, del pronto intervento. Oggi abbiamo una serie di sollecitazioni che vengono poste nell'ambito calcistico su atleti sottoposti a un forte e frequente stress: c'è poi il discorso delle strutture sportive. Giustamente ora si sta parlando della necessaria presenza dei defibrillatori in campo».
Il CONI come potrebbe contribuire in tal senso?
«Dapprima bisogna spronare il mondo politico e federale a prendere seriamente in considerazione il problema, legandolo non solo agli stadi importanti ma anche agli altri impianti dove si fa sport a livello agonistico. E' necessario anche investire dal punto di vista "culturale": oggi lo sport è prevenzione, ma è anche un percorso che va seguito e controllato. Spesso vediamo che nel mondo amatoriale ci si avvicina allo sport anche in tarda età senza magari aver fatto i necessari controlli: questo avviene però anche nello sport giovanile a volte».
La chiusura è circolare: torniamo sul torneo di tennis. Per il Challenger della prossima stagione vi siete già imposti dei miglioramenti?
«E' naturale farlo. Dopo 16 anni, si trovano stimoli solo ponendosi l'obiettivo di migliorare. E' chiaro che siamo soddisfatti del report di fine torneo: quest'anno siamo praticamente nel "gruppone" alle spalle dei soli Internazionali d'Italia, per qualità e organizzazione. Quest'anno abbiamo affinato alcuni aspetti che migliorassero l'accoglienza dello spettatore, unendo lo spettacolo in campo a quello fuori dal campo, in una struttura dove si vive piacevolmente la giornata di sport. Dal punto di vista prettamente tecnico, posso dire che siamo a un livello davvero interessante nel panorama italiano, e questo significa che anche la Federazione Italiana Tennis ci terrà in grande considerazione. Quest'anno anche gli italiani che hanno perso sono rimasti qui fino quasi al termine del torneo: questo indica il fatto che hanno trovato condizioni ottimali per allenarsi in vista di appuntamenti blasonati che hanno fatto seguito, come Casablanca e Montecarlo. Potremmo diventare attrattivi anche per i giovani del panorama italiano, in un contesto di formazione».
Quindi qual è il suo auspicio?
«Un "bollino blu" da parte della F.I.T., che contrassegni la qualità del torneo…».
(Twitter @GuerraLuca88)