Servizi sociali
Centri antiviolenza abbandonati dalle istituzioni
Nella Rete Nazionale del 1522 anche Barletta. Tina Arbues: «Torneremo alla carica»
Barletta - martedì 28 agosto 2012
L'assessore provinciale alle Politiche Sociali, per la Famiglia e Pari Opportunità, Carmelinda Lombardi, ha tenuto a comunicare, qualche giorno fa, che la Provincia di Barletta-Andria-Trani ha sottoscritto, anche quest'anno, un Protocollo d'Intesa con il Dipartimento per le Pari Opportunità del Consiglio dei Ministri per l'adesione alla Rete Nazionale Antiviolenza. "Rete Nazionale – si legge nel comunicato - e del relativo servizio di call center 1522 che, mediante un numero di pubblica utilità, garantisce su tutto il territorio nazionale alle vittime di violenza e stalking un servizio di accoglienza telefonica, ascolto e orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici, le forze dell'ordine e i centri antiviolenza presenti sui territori locali".
Com'è noto nel territorio provinciale persistono già da diversi anni delle realtà di centri antiviolenza, differenti tra loro anche per la propria storia. Anche Barletta gode dell'ottimo servizio del centro contro la violenza alle donne e ai minori, gestito, dal 1999, dalle volontarie della ONLUS-Osservatorio Giulia e Rossella, oggi non più comunale. La presidente del coraggioso gruppo di sole donne barlettane, Tina Arbues, ci ricorda che anche il centro di Barletta è entrato da qualche anno nel circuito della Rete Nazionale – del 1522 per intenderci – certamente migliorando la visibilità dei servizi offerti, certo non modificandone l'essenza, vista l'efficienza e i risultati raggiunti in questi anni, come ascolto, accoglienza, assistenza psicologica e legale, gratuito patrocinio dell'avvocato, mediazione familiare.
Le giuste politiche delle moderne Istituzioni locali, su tutto il territorio nazionale, riguardo a tali temi, sono diventate punto di orgoglio e fiore all'occhiello delle singole Amministrazioni. Anche Andria, nel contesto provinciale, presenta un'esperienza di sportello antiviolenza, molto più giovane della realtà barlettana, presso la quale ha formato le sue operatrici. Questa ha, nell'ultimo periodo, sopportato diverse difficoltà economiche che hanno costretto alla riduzione dei servizi, negandosi uno spazio fisico di accoglienza e lavoro. Non molto diverso l'attuale percorso della struttura di Barletta, che ormai non percepisce finanziamenti né dalla Provincia né dal Comune. "E' la triste realtà di molti centri antiviolenza del territorio – rimarca Arbues - questi esistono solo per la buona volontà di alcune donne fortemente motivate, rendendo la situazione davvero logorante e anche un po' umiliante". L'attività di piazza A. Moro, 16 a Barletta, anche grazie all'inserimento nella Rete del 1522, sopperisce a molti casi provenienti dalle altre città della Provincia, compresa Andria, facendosi carico di un lavoro molto utile e impegnativo.
Una rete del territorio, che non era ancora provincia, cercò di essere formata agli esordi dell'esperienza barlettana, ma la cosa non andò in porto e cadde presto nel dimenticatoio, anche per lo scarso impegno delle Istituzioni. Oggi sarebbe interessante sapere dall'Assessore provinciale, che si mostra così solerte nel passare l'informativa sulla Rete Nazionale, quando la Provincia istituirà i centri antiviolenza e quali sono gli ostacoli che non l'hanno permesso a tutt'oggi. La politica non faccia solo enunciazioni di buoni propositi, senza poi che nessuna istituzione se ne assuma realmente le responsabilità, finanziando i centri.
Com'è noto nel territorio provinciale persistono già da diversi anni delle realtà di centri antiviolenza, differenti tra loro anche per la propria storia. Anche Barletta gode dell'ottimo servizio del centro contro la violenza alle donne e ai minori, gestito, dal 1999, dalle volontarie della ONLUS-Osservatorio Giulia e Rossella, oggi non più comunale. La presidente del coraggioso gruppo di sole donne barlettane, Tina Arbues, ci ricorda che anche il centro di Barletta è entrato da qualche anno nel circuito della Rete Nazionale – del 1522 per intenderci – certamente migliorando la visibilità dei servizi offerti, certo non modificandone l'essenza, vista l'efficienza e i risultati raggiunti in questi anni, come ascolto, accoglienza, assistenza psicologica e legale, gratuito patrocinio dell'avvocato, mediazione familiare.
Le giuste politiche delle moderne Istituzioni locali, su tutto il territorio nazionale, riguardo a tali temi, sono diventate punto di orgoglio e fiore all'occhiello delle singole Amministrazioni. Anche Andria, nel contesto provinciale, presenta un'esperienza di sportello antiviolenza, molto più giovane della realtà barlettana, presso la quale ha formato le sue operatrici. Questa ha, nell'ultimo periodo, sopportato diverse difficoltà economiche che hanno costretto alla riduzione dei servizi, negandosi uno spazio fisico di accoglienza e lavoro. Non molto diverso l'attuale percorso della struttura di Barletta, che ormai non percepisce finanziamenti né dalla Provincia né dal Comune. "E' la triste realtà di molti centri antiviolenza del territorio – rimarca Arbues - questi esistono solo per la buona volontà di alcune donne fortemente motivate, rendendo la situazione davvero logorante e anche un po' umiliante". L'attività di piazza A. Moro, 16 a Barletta, anche grazie all'inserimento nella Rete del 1522, sopperisce a molti casi provenienti dalle altre città della Provincia, compresa Andria, facendosi carico di un lavoro molto utile e impegnativo.
Una rete del territorio, che non era ancora provincia, cercò di essere formata agli esordi dell'esperienza barlettana, ma la cosa non andò in porto e cadde presto nel dimenticatoio, anche per lo scarso impegno delle Istituzioni. Oggi sarebbe interessante sapere dall'Assessore provinciale, che si mostra così solerte nel passare l'informativa sulla Rete Nazionale, quando la Provincia istituirà i centri antiviolenza e quali sono gli ostacoli che non l'hanno permesso a tutt'oggi. La politica non faccia solo enunciazioni di buoni propositi, senza poi che nessuna istituzione se ne assuma realmente le responsabilità, finanziando i centri.