Politica
Caracciolo vs Boccia, ultimo round dello scontro nel PD
Una proposta concreta: nessuno si ricandidi. L’anno zero della politica barlettana
Barletta - domenica 4 novembre 2012
8.45
Come era prevedibile le dimissioni dei consiglieri che hanno fatto cadere l'amministrazione Maffei ha lasciato un'unica vittima sul campo: il PD. Non poteva essere altrimenti. Il PSI e i suoi due consiglieri erano, già dalle primarie, separati in casa rispetto alla coalizione. La lista Emiliano ha sempre lavorato per la linea Caracciolo. La Buona Politica e SEL erano e rimangono ininfluenti, e la loro spaccatura non fa registrare scosse di assestamento, e nemmeno segni di vita. Idv e FdS hanno deciso di rimanere accanto a Maffei fino alla fine.
Per il PD è tutta un'altra storia. Perché Maffei viene da quel partito. Perché quel partito si è distinto per un livello di litigiosità fuori dai limiti della prudenza. Più in generale, come è emerso chiaramente anche dalle elezioni siciliane, perché il PD è l'unico partito della Seconda Repubblica in qualche modo determinante sullo scacchiere.
Otto consiglieri del PD si sono dimessi, tre no. Quei tre consiglieri fanno riferimento alle due aree di minoranza del PD. Caracciolo da una parte dunque, Maffei e Mennea dall'altra. Questa situazione ha almeno due livelli di lettura.
Il primo: il giudizio rispetto alla gestione Maffei. Al di là delle reciproche accuse (Maffei che definisce "questuanti e feccia" i consiglieri di maggioranza, i consiglieri che replicano apostrofandolo come "ipocrita e monarca assoluto"), non c'è alcun dubbio. La fine di Maffei è una buona, una ottima notizia. E dunque potrebbero smetterla un po' tutti. La città ha tirato un sospiro di sollievo. Notaio o sfiducia, poco conta. Stop alle telefonate.
Il secondo livello riguarda invece la classe dirigente. Il suo essere o meno adeguata, il suo essere o meno all'altezza delle sfide di questo momento. Boccia ha chiesto, e con lui diversi esponenti locali del PD, il commissariamento del circolo guidato da Stefano Chiariello e l'espulsione degli otto consiglieri firmatari. Caracciolo ha risposto, pur come sempre dichiarandosi sereno (non è mai turbato, inquieto, ansioso?), invitandolo a candidarsi come Sindaco alle Primarie. Per il famoso adagio: contano le tessere e i voti, non le teste.
A Boccia e a Caracciolo l'uomo della strada potrebbe opporre un argomento semplicissimo. Non esistono uomini per tutte le stagioni. Se quei consiglieri (non solo gli otto del PD) hanno riconosciuto il fallimento di una fase politica, ne prendano davvero atto. Dichiarino da ora che non si ricandideranno in alcuna funzione del governo cittadino: nessuno di loro si candidi a Sindaco, consiglieri, nessuno si faccia nominare assessore. La politica, l'hanno dichiarato eminenti personalità del PD come D'Alema e Veltroni, si può fare anche non sedendo nelle assisi degli eletti. Il governo cittadino sopravvivrà anche senza il contributo di questi illuminati consiglieri. Per quanto riguarda Chiariello, tolga tutti dall'imbarazzo. Si dimetta, come avrebbe dovuto fare un minuto dopo che il suo gruppo consiliare si è spaccato in due: 8 contro Maffei e 3 con Maffei. Per liberare definitivamente il campo dalle accuse, dagli equivoci, da campagne elettorali dopate, servirebbe un gesto di eleganza e stile politico ulteriore. Tutti i nominati, dal Cda della Barsa ai revisori dei conti della stessa, dalla Casa di riposo al Nucleo di valutazione, si dimettano. Azzeriamo tutto. Tabula rasa e un nuovo principio. Se davvero, come dicono, amano questa città, si facciano tutti da parte.
Per il PD è tutta un'altra storia. Perché Maffei viene da quel partito. Perché quel partito si è distinto per un livello di litigiosità fuori dai limiti della prudenza. Più in generale, come è emerso chiaramente anche dalle elezioni siciliane, perché il PD è l'unico partito della Seconda Repubblica in qualche modo determinante sullo scacchiere.
Otto consiglieri del PD si sono dimessi, tre no. Quei tre consiglieri fanno riferimento alle due aree di minoranza del PD. Caracciolo da una parte dunque, Maffei e Mennea dall'altra. Questa situazione ha almeno due livelli di lettura.
Il primo: il giudizio rispetto alla gestione Maffei. Al di là delle reciproche accuse (Maffei che definisce "questuanti e feccia" i consiglieri di maggioranza, i consiglieri che replicano apostrofandolo come "ipocrita e monarca assoluto"), non c'è alcun dubbio. La fine di Maffei è una buona, una ottima notizia. E dunque potrebbero smetterla un po' tutti. La città ha tirato un sospiro di sollievo. Notaio o sfiducia, poco conta. Stop alle telefonate.
Il secondo livello riguarda invece la classe dirigente. Il suo essere o meno adeguata, il suo essere o meno all'altezza delle sfide di questo momento. Boccia ha chiesto, e con lui diversi esponenti locali del PD, il commissariamento del circolo guidato da Stefano Chiariello e l'espulsione degli otto consiglieri firmatari. Caracciolo ha risposto, pur come sempre dichiarandosi sereno (non è mai turbato, inquieto, ansioso?), invitandolo a candidarsi come Sindaco alle Primarie. Per il famoso adagio: contano le tessere e i voti, non le teste.
A Boccia e a Caracciolo l'uomo della strada potrebbe opporre un argomento semplicissimo. Non esistono uomini per tutte le stagioni. Se quei consiglieri (non solo gli otto del PD) hanno riconosciuto il fallimento di una fase politica, ne prendano davvero atto. Dichiarino da ora che non si ricandideranno in alcuna funzione del governo cittadino: nessuno di loro si candidi a Sindaco, consiglieri, nessuno si faccia nominare assessore. La politica, l'hanno dichiarato eminenti personalità del PD come D'Alema e Veltroni, si può fare anche non sedendo nelle assisi degli eletti. Il governo cittadino sopravvivrà anche senza il contributo di questi illuminati consiglieri. Per quanto riguarda Chiariello, tolga tutti dall'imbarazzo. Si dimetta, come avrebbe dovuto fare un minuto dopo che il suo gruppo consiliare si è spaccato in due: 8 contro Maffei e 3 con Maffei. Per liberare definitivamente il campo dalle accuse, dagli equivoci, da campagne elettorali dopate, servirebbe un gesto di eleganza e stile politico ulteriore. Tutti i nominati, dal Cda della Barsa ai revisori dei conti della stessa, dalla Casa di riposo al Nucleo di valutazione, si dimettano. Azzeriamo tutto. Tabula rasa e un nuovo principio. Se davvero, come dicono, amano questa città, si facciano tutti da parte.