Attualità
Barletta contro la violenza: le parole di Tina Arbues e la violenza di genere
«Il cambiamento più grande sarebbe quello culturale. Lavorare tanto e ripartire da ognuno di noi»
Barletta - martedì 23 novembre 2021
9.08
Ci siamo confrontati con la presidentessa Tina Arbues dell'Osservatorio Giulia e Rosella - Centro antiviolenza presente nella città di Barletta. L'osservatorio ha inaugurato la sua seconda sede il 29 ottobre 2021, dando esempio di come sia fondamentale la prevenzione e il percorso di aiuto per tutte le donne vittime di violenza, dopo aver registrato negli ultimi 3 anni, 370 casi di cui 240 riguardano donne di Barletta.
«È stata la reazione naturale di un gruppo, la spinta nata da un senso di sorellanza e il bisogno di aiutare e far comprendere certe questione anche agli altri. Così ci siamo messe all'opera per realizzare il primo centro antiviolenza completamente gratuito che continua a esistere dall'aiuto che ogni socia fornisce. Ognuna di noi ritaglia delle ore dal proprio lavoro, dalla propria vita, per dedicarle interamente a questa missione».
Arbues racconta che i primi anni non sono stati semplici per la difficoltà che avevano nel parlare di un centro antiviolenza. Significava riconoscere di avere un problema, per questo c'è stato un certo scetticismo nell'ammettere che ci fosse bisogno di una struttura del genere. Il femminicidio è un'espressione ancora più violenta della violenza stessa perchè riguarda il genere, così ancora oggi si dice che «Il femminicidio non esiste, è un'espressione inventata dai giornali». E invece, la semplice constatazione di dare un nome ad una violenza di genere, indica che un fenomeno esiste. Nominare qualcosa significata dargli esistenza.
«Il nostro impegno è proprio quello di sostenere le donne nel percorso di uscita dalla violenza con figure utili, ma l'obiettivo più ambizioso è quello del cambiamento culturale ed è per questo che siamo presenti nelle scuole, organizziamo laboratori, incontri, nel territorio barlettano e in quello limitrofo. Il nostro progetto include anche l'inserimento delle donne nel mondo del lavoro affinché possano raggiungere un'indipendenza economica».
Abbiamo mai pensato a quanto possa aiutare il cambiamento di ognuno di noi?
Arbues rifletteva sul fatto che sicuramente le scuole devono ancora lavorare tanto e tanto ha ancora da fare la politica per esempio, ma non va più bene addossare le colpe sempre a chi è al di sopra di noi. «Il ruolo e il cambiamento di ognuno di noi è fondamentale».
Le origini: tra attivismo e sorellanza
L'associazione è antesignana in questo campo già dal 1999 grazie al sindaco Francesco Salerno che ha creduto nel progetto sin dagli albori. Arbues racconta del suo passato fatto di associazionismo e attivismo, quello degli anni '70, anni in cui il femminismo iniziava a consolidarsi in Italia e nel mondo. Si definisce orgogliosamente femminista per aver introdotto, insieme a un gruppo coeso, le tematiche di genere. Un giorno si sono dette: «Perchè non creiamo un luogo?».«È stata la reazione naturale di un gruppo, la spinta nata da un senso di sorellanza e il bisogno di aiutare e far comprendere certe questione anche agli altri. Così ci siamo messe all'opera per realizzare il primo centro antiviolenza completamente gratuito che continua a esistere dall'aiuto che ogni socia fornisce. Ognuna di noi ritaglia delle ore dal proprio lavoro, dalla propria vita, per dedicarle interamente a questa missione».
Arbues racconta che i primi anni non sono stati semplici per la difficoltà che avevano nel parlare di un centro antiviolenza. Significava riconoscere di avere un problema, per questo c'è stato un certo scetticismo nell'ammettere che ci fosse bisogno di una struttura del genere. Il femminicidio è un'espressione ancora più violenta della violenza stessa perchè riguarda il genere, così ancora oggi si dice che «Il femminicidio non esiste, è un'espressione inventata dai giornali». E invece, la semplice constatazione di dare un nome ad una violenza di genere, indica che un fenomeno esiste. Nominare qualcosa significata dargli esistenza.
«Il nostro impegno è proprio quello di sostenere le donne nel percorso di uscita dalla violenza con figure utili, ma l'obiettivo più ambizioso è quello del cambiamento culturale ed è per questo che siamo presenti nelle scuole, organizziamo laboratori, incontri, nel territorio barlettano e in quello limitrofo. Il nostro progetto include anche l'inserimento delle donne nel mondo del lavoro affinché possano raggiungere un'indipendenza economica».
Cosa potrebbe portare a questo cambiamento culturale?
«Lavorare, lavorare e ancora lavorare, senza fermarsi mai. Perché questo problema è ovunque anche nella violenza di tutti i giorni. Ripartire dai libri di scuola perchè la disparità è anche lì, educare al sentimento perchè il sentimento è la vita. C'è sempre eppure non lo studiamo mai. Non è vita solo la storia o la geografia».Abbiamo mai pensato a quanto possa aiutare il cambiamento di ognuno di noi?
Arbues rifletteva sul fatto che sicuramente le scuole devono ancora lavorare tanto e tanto ha ancora da fare la politica per esempio, ma non va più bene addossare le colpe sempre a chi è al di sopra di noi. «Il ruolo e il cambiamento di ognuno di noi è fondamentale».