Istituzionale
Barletta antifascista, Tarantino: «Siamo liberi perché qualcuno ha Resistito»
Dopo le polemiche per l'approvazione della mozione, ecco l'intervista al presidente dell'ANPI Bat
Barletta - domenica 2 febbraio 2020
Il Consiglio comunale di Barletta, con 24 voti favorevoli, ha approvato la mozione per l'iscrizione della città di Barletta all'anagrafe antifascista promossa dal comune di Stazzema. Una proposta presentata dall'ANPI che ha suscitato un fastidioso mal di pancia al consigliere di opposizione Flavio Basile (Lega) e alla consigliera Stella Mele (Fratelli d'Italia) che hanno votato in senso contrario. Si tratta di una distanza condivisa da molti cittadini che si chiedono quale sia il senso della mozione. A chiarire l'obiettivo è Roberto Tarantino, presidente dell'ANPI Bat.
Spieghiamo ai nostri lettori cosa è l'anagrafe antifascista di Stazzema.
«La città è stata luogo di una delle stragi più sanguinose commesse durante l'occupazione tedesca in Italia. Come si legge nella "Carta di Stazzema" e nel testo della mozione presentata al Consiglio comunale, è una comunità aperta a tutti coloro che credono che "esistano diritti inalienabili che ogni essere umano possiede, senza distinzione per ragioni di pensiero, razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica, origine nazionale o sociale", che difendono ogni minoranza e il "diritto di tutti a esprimere liberamente le proprie opinioni, senza discriminazioni, minacce o persecuzioni", senza dover subire aggressioni, insulti, offese e che sono convinti del "valore del dialogo, del confronto, come modalità di risoluzione dei conflitti fra individui come delle controversie internazionali".
Perché l'A.N.P.I. ha proposto alla città di Barletta la sua iscrizione?
«Che lo si voglia o no, Barletta ha una storia che la lega in maniera indissolubile alla Resistenza, all'antifascismo, alla Lotta di liberazione. Tanti nostri concittadini misero a rischio la propria vita per sconfiggere il mostro nazifascista. Oltre duecento sono gli internati militari nati a Barletta che, deportati nei lager nazisti, furono traditi, dimenticali dal regime e, addirittura, venduti colpevolmente da Mussolini ad Hitler come schiavi. Questi uomini scelsero di restare nei lager piuttosto che aderire alla Repubblica Sociale di Salò o continuare la guerra al fianco, anche sotto il comando tedesco. Altrettanti barlettani entrarono nelle formazioni partigiane e in esse si distinsero per coraggio e per valore. In tanti donarono la vita in nome di un ideale, sognando una nuova Italia, libera, democratica. E, poi, non dimentichiamo le due medaglie d'oro concesse alla nostra città per la Resistenza».
Smettiamo di parlare ancora di fascismo e antifascismo! Sono in molti a pensarla così, si chiedono il senso del conferimento della cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre, nonché la presenza del murale "Barletta antifascista" sulle scalinate della piazza della stazione. Perché secondo lei la luce non deve mai spegnersi?
«Sembra paradossale eppure, a 75 anni dalla Liberazione, a 72 anni dall'entrata in vigore della Costituzione, si stanno riaffacciando simboli, parole, atteggiamenti, gesti ed ideologie che dovrebbero appartenere a un triste passato; si fanno largo sentimenti di insofferenza, di rabbia che si traducono in atteggiamenti e azioni di intolleranza, discriminazione, violenza verbale sui social media, sulle testate giornalistiche, negli stadi, nelle dichiarazioni politiche, nei bar e nelle strade. I principi di libertà, di solidarietà, di democrazia che credevamo forti e stabili, sembra che siano messi in discussione e che siano in pericolo. Parlare di fascismo e di antifascismo ha purtroppo senso perché ci fa orrore e ci preoccupa la comparsa sui muri delle nostre città, sui nostri monumenti, sulle nostre scuole di svastiche o se sulla porta di casa di una partigiana deportata nel lager di Ravensbruck appare la scritta "QUI ABITA UN EBREO" o se l'EURISPES scopre e certifica che, in Italia, il numero dei negazionisti della Shoah è aumentato vertiginosamente, passato dal 2,7% del 2004 al 15,6% di oggi».
La mozione presentata in seduta consiliare è stata approvata con due voti contrari; ne vuole parlare?
Non mi interessa la polemica, vorrei considerare la mancata unanimità in senso positivo: i consiglieri comunali che hanno votato contro la proposta di mozione, hanno potuto farlo perché la Costituzione nata dalla Resistenza dà loro questa possibilità. Hanno avuto modo di esprimere liberamente le proprie tesi (che ovviamente non condivido). Come tutti sanno o dovrebbero sapere, durante il ventennio fascista la situazione era ben diversa e ne facevano le spese tutti, anche i semplici cittadini perseguitati, deportati, confinati a causa dell'opprimente repressione della libertà di pensiero e di parola. Vorrei ricordare alcuni nostri concittadini vittime di questa mancanza di libertà: Giuseppe Frisari operaio, ex combattente e socialista, arrestato e condannato al confino "per avere pronunciato, all'uscita di un negozio di generi alimentari, frasi antifasciste a causa del razionamento dei viveri"; Michele Lamacchia arrestato e condannato al confino "per avere inviato al duce una lettera offensiva e una lettera al direttore dell'Avanti! per criticare l'operato di Mussolini; Nicola Dellisanti arrestato e condannato al confino "per essere stato trovato in possesso di un libello con titoli di film e di altro scritto a carattere disfattista". E non furono i soli.
Chiunque voglia assolvere il fascismo, condannato ormai in maniera definitiva dalla Storia, non può non conoscere o, qualora le conosca, ignorare le tante gravissime colpe che non si limitarono alla criminale partecipazione a una guerra sanguinosa. Il fascismo fu responsabile della limitazione delle libertà individuali, della promulgazione delle Leggi razziste del 1938, della caccia all'ebreo, della persecuzione degli oppositori e dei dissidenti; della creazione in Italia di campi di concentramento (anche qui da noi, in Puglia) e della famigerata Risiera di San Sabba. Ritengo che trincerarsi o restare abbarbicati alla fragile, retorica teoria che "Mussolini ha fatto anche cose buone", sia antistorico e azzardato: molto di ciò che viene invocato era poco più che propaganda. Tante delle opere o dei provvedimenti vantati dal fascismo (e da chi oggi lo rimpiange e lo difende) erano già stati avviati o, addirittura portati a compimento prima del 1922. E anche concedendo per un attimo, che ci sia stato "qualcosa di buono" è evidente che essi scompaiono di fronte agli enormi crimini del fascismo e non possono costituire elementi probanti a sostegno di qualsiasi vano tentativo di riabilitazione dello stesso.
Comunque, siamo tutti liberi: alcuni, quelli che provano imbarazzo a definirsi antifascisti, di rimpiangere bivacchi di manipoli, camicie nere, salti nei cerchi di fuoco, a condizione che non debordino nell'apologia del fascismo; io di difendere la memoria delle donne e degli uomini della Resistenza, di rivendicare che la Costituzione è nata dalla negazione del fascismo e dai valori, dagli ideali della Lotta di liberazione e di dichiararmi orgogliosamente antifascista!»
Spieghiamo ai nostri lettori cosa è l'anagrafe antifascista di Stazzema.
«La città è stata luogo di una delle stragi più sanguinose commesse durante l'occupazione tedesca in Italia. Come si legge nella "Carta di Stazzema" e nel testo della mozione presentata al Consiglio comunale, è una comunità aperta a tutti coloro che credono che "esistano diritti inalienabili che ogni essere umano possiede, senza distinzione per ragioni di pensiero, razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica, origine nazionale o sociale", che difendono ogni minoranza e il "diritto di tutti a esprimere liberamente le proprie opinioni, senza discriminazioni, minacce o persecuzioni", senza dover subire aggressioni, insulti, offese e che sono convinti del "valore del dialogo, del confronto, come modalità di risoluzione dei conflitti fra individui come delle controversie internazionali".
Perché l'A.N.P.I. ha proposto alla città di Barletta la sua iscrizione?
«Che lo si voglia o no, Barletta ha una storia che la lega in maniera indissolubile alla Resistenza, all'antifascismo, alla Lotta di liberazione. Tanti nostri concittadini misero a rischio la propria vita per sconfiggere il mostro nazifascista. Oltre duecento sono gli internati militari nati a Barletta che, deportati nei lager nazisti, furono traditi, dimenticali dal regime e, addirittura, venduti colpevolmente da Mussolini ad Hitler come schiavi. Questi uomini scelsero di restare nei lager piuttosto che aderire alla Repubblica Sociale di Salò o continuare la guerra al fianco, anche sotto il comando tedesco. Altrettanti barlettani entrarono nelle formazioni partigiane e in esse si distinsero per coraggio e per valore. In tanti donarono la vita in nome di un ideale, sognando una nuova Italia, libera, democratica. E, poi, non dimentichiamo le due medaglie d'oro concesse alla nostra città per la Resistenza».
Smettiamo di parlare ancora di fascismo e antifascismo! Sono in molti a pensarla così, si chiedono il senso del conferimento della cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre, nonché la presenza del murale "Barletta antifascista" sulle scalinate della piazza della stazione. Perché secondo lei la luce non deve mai spegnersi?
«Sembra paradossale eppure, a 75 anni dalla Liberazione, a 72 anni dall'entrata in vigore della Costituzione, si stanno riaffacciando simboli, parole, atteggiamenti, gesti ed ideologie che dovrebbero appartenere a un triste passato; si fanno largo sentimenti di insofferenza, di rabbia che si traducono in atteggiamenti e azioni di intolleranza, discriminazione, violenza verbale sui social media, sulle testate giornalistiche, negli stadi, nelle dichiarazioni politiche, nei bar e nelle strade. I principi di libertà, di solidarietà, di democrazia che credevamo forti e stabili, sembra che siano messi in discussione e che siano in pericolo. Parlare di fascismo e di antifascismo ha purtroppo senso perché ci fa orrore e ci preoccupa la comparsa sui muri delle nostre città, sui nostri monumenti, sulle nostre scuole di svastiche o se sulla porta di casa di una partigiana deportata nel lager di Ravensbruck appare la scritta "QUI ABITA UN EBREO" o se l'EURISPES scopre e certifica che, in Italia, il numero dei negazionisti della Shoah è aumentato vertiginosamente, passato dal 2,7% del 2004 al 15,6% di oggi».
La mozione presentata in seduta consiliare è stata approvata con due voti contrari; ne vuole parlare?
Non mi interessa la polemica, vorrei considerare la mancata unanimità in senso positivo: i consiglieri comunali che hanno votato contro la proposta di mozione, hanno potuto farlo perché la Costituzione nata dalla Resistenza dà loro questa possibilità. Hanno avuto modo di esprimere liberamente le proprie tesi (che ovviamente non condivido). Come tutti sanno o dovrebbero sapere, durante il ventennio fascista la situazione era ben diversa e ne facevano le spese tutti, anche i semplici cittadini perseguitati, deportati, confinati a causa dell'opprimente repressione della libertà di pensiero e di parola. Vorrei ricordare alcuni nostri concittadini vittime di questa mancanza di libertà: Giuseppe Frisari operaio, ex combattente e socialista, arrestato e condannato al confino "per avere pronunciato, all'uscita di un negozio di generi alimentari, frasi antifasciste a causa del razionamento dei viveri"; Michele Lamacchia arrestato e condannato al confino "per avere inviato al duce una lettera offensiva e una lettera al direttore dell'Avanti! per criticare l'operato di Mussolini; Nicola Dellisanti arrestato e condannato al confino "per essere stato trovato in possesso di un libello con titoli di film e di altro scritto a carattere disfattista". E non furono i soli.
Chiunque voglia assolvere il fascismo, condannato ormai in maniera definitiva dalla Storia, non può non conoscere o, qualora le conosca, ignorare le tante gravissime colpe che non si limitarono alla criminale partecipazione a una guerra sanguinosa. Il fascismo fu responsabile della limitazione delle libertà individuali, della promulgazione delle Leggi razziste del 1938, della caccia all'ebreo, della persecuzione degli oppositori e dei dissidenti; della creazione in Italia di campi di concentramento (anche qui da noi, in Puglia) e della famigerata Risiera di San Sabba. Ritengo che trincerarsi o restare abbarbicati alla fragile, retorica teoria che "Mussolini ha fatto anche cose buone", sia antistorico e azzardato: molto di ciò che viene invocato era poco più che propaganda. Tante delle opere o dei provvedimenti vantati dal fascismo (e da chi oggi lo rimpiange e lo difende) erano già stati avviati o, addirittura portati a compimento prima del 1922. E anche concedendo per un attimo, che ci sia stato "qualcosa di buono" è evidente che essi scompaiono di fronte agli enormi crimini del fascismo e non possono costituire elementi probanti a sostegno di qualsiasi vano tentativo di riabilitazione dello stesso.
Comunque, siamo tutti liberi: alcuni, quelli che provano imbarazzo a definirsi antifascisti, di rimpiangere bivacchi di manipoli, camicie nere, salti nei cerchi di fuoco, a condizione che non debordino nell'apologia del fascismo; io di difendere la memoria delle donne e degli uomini della Resistenza, di rivendicare che la Costituzione è nata dalla negazione del fascismo e dai valori, dagli ideali della Lotta di liberazione e di dichiararmi orgogliosamente antifascista!»