
La città
Barletta 1922, le nuove maglie le progetta un designer barlettano
Luigi Cascella: «Barletta bistrattata da chi la abita, ma le si può dare tanto»
Barletta - giovedì 10 agosto 2017
19.32
Testardo, indifferente e intraprendente: queste le caratteristiche che deve possedere un graphic designer nel nostro tempo a detta di Luigi Cascella, giovanissimo grafico barlettano, classe '94. E lui sembra possederle tutte. Il suo rapporto con il graphic design è tutto intimo e particolare e molto dipende dall'ispirazione, capace di tenerlo sveglio sino a tarda notte. Dopo il progetto ArèMake, che lo ha fatto conoscere al pubblico barlettano - e non solo - ritorna alla pubblica attenzione con un nuovo progetto tutto made in Barletta. Lo abbiamo incontrato per discorrere del suo ultimo lavoro, che certamente troverà il favore dei moltissimi tifosi del Barletta 1922.
Che rapporto hai con la tua città e quanto ti influenza nel tuo lavoro come anche nella tua formazione?
«Sono molto affezionato a Barletta, è una città con enormi potenzialità ma che molto spesso viene bistrattata da chi la abita. A volte dà l'idea di una città abbandonata a se stessa. Devo ammettere che è stato molto utile improntare alcuni dei miei progetti su di essa. Ha aiutato me nel farmi conoscere ed ha aiutato la città ad essere rivalutata ed al centro di un progetto, a detta di tutti, interessante. E' una piazza alla quale si può ancora dare tanto, in ogni ambito».
Quanto è complesso dar vita ad una propria carriera nell'ambito della grafica e quali difficoltà hai incontrato personalmente?
«Per un grafico la reputazione è tutto e crearsene una positiva è difficile a causa del sovraffollamento che c'è in questo settore. Bisogna farsi un nome ed esplorare ambiti della grafica non ancora approfonditi. Bisogna diversificare ed essere diversi. Francamente di difficoltà ne incontro ogni giorno sia difficoltà nella realizzazione delle idee, sia difficoltà tecniche che si recuperano solo studiando e migliorandosi. Sul rapporto con i clienti "difficili" non mi pronuncio, è un problema che hanno tutti i miei colleghi».
Hai rivisitato le cover degli album musicali più famosi e recentemente hai vestito i panni dello stilista disegnando le divise delle "Furie rosse" per la nuova stagione del Barletta 1922 in Eccellenza. Parlaci in breve dell'ultimo lavoro che ti ha visto coinvolto, dal restyling del logo alle tre proposte di divisa.
«E' nato tutto per caso. Non mi ero mai cimentato nel rivedere l'identità visiva di una squadra di calcio. Al giorno d'oggi ricopre un ruolo molto importante nel panorama calcistico. Non conta solo come giochi, ma anche come ti presenti. Inizialmente, con il restyling del logo, ho provato a renderlo più essenziale e leggibile del precedente, togliendo gli elementi superflui ed utilizzando delle tinte piatte. Per le divise ho cercato di unire tradizione, modernità e urbanistica. La prima divisa è una ripresa delle classiche prime maglie della squadra, una semplice casacca a strisce rosse. La seconda, a mio avviso, è molto di classe. Il nero con gli inserti dorati è molto essenziale ma risalta subito all'occhio. Molta gente ha dato riscontri positivi su di essa. Per la terza, invece, ho recuperato le nostre Sette Rue mettendole sulla maglia come sette strisce orizzontali biancorosse, accompagnate dal logo storico del Barletta Calcio Sport che trent'anni fa approdò in Serie B. Mi sono sbizzarrito parecchio».
Si legge che il tuo motto sia "Bene o male, l'importante che se ne parli". È vero?
«E' vero al 90% dei casi. Il fatto che se ne parli, male o bene, fa sì che il tuo nome sia ovunque, e ad un artista serve come il pane. La bravura sta nel trarre il meglio sia dalle critiche sia dagli elogi. Ho sempre sostenuto che la reputazione di una persona è fatta da critiche, anche gratuite, ed elogi. Ed è facile distruggere una reputazione, che essa sia buona o cattiva. Basta sapersi rialzare dopo un passo falso».
Tra dieci anni si immagina laureato, con qualche master e spera di avere uno studio grafico a Barletta, sua città natale. Appassionato di musica, spera di applicare la propria arte a tale settore e di approfondire la fotografia. Nonostante la giovane età, credo che sentiremo ancora parlare di questo giovane talento. Nella gallery vi proponiamo alcuni dei suoi lavori.
Che rapporto hai con la tua città e quanto ti influenza nel tuo lavoro come anche nella tua formazione?
«Sono molto affezionato a Barletta, è una città con enormi potenzialità ma che molto spesso viene bistrattata da chi la abita. A volte dà l'idea di una città abbandonata a se stessa. Devo ammettere che è stato molto utile improntare alcuni dei miei progetti su di essa. Ha aiutato me nel farmi conoscere ed ha aiutato la città ad essere rivalutata ed al centro di un progetto, a detta di tutti, interessante. E' una piazza alla quale si può ancora dare tanto, in ogni ambito».
Quanto è complesso dar vita ad una propria carriera nell'ambito della grafica e quali difficoltà hai incontrato personalmente?
«Per un grafico la reputazione è tutto e crearsene una positiva è difficile a causa del sovraffollamento che c'è in questo settore. Bisogna farsi un nome ed esplorare ambiti della grafica non ancora approfonditi. Bisogna diversificare ed essere diversi. Francamente di difficoltà ne incontro ogni giorno sia difficoltà nella realizzazione delle idee, sia difficoltà tecniche che si recuperano solo studiando e migliorandosi. Sul rapporto con i clienti "difficili" non mi pronuncio, è un problema che hanno tutti i miei colleghi».
Hai rivisitato le cover degli album musicali più famosi e recentemente hai vestito i panni dello stilista disegnando le divise delle "Furie rosse" per la nuova stagione del Barletta 1922 in Eccellenza. Parlaci in breve dell'ultimo lavoro che ti ha visto coinvolto, dal restyling del logo alle tre proposte di divisa.
«E' nato tutto per caso. Non mi ero mai cimentato nel rivedere l'identità visiva di una squadra di calcio. Al giorno d'oggi ricopre un ruolo molto importante nel panorama calcistico. Non conta solo come giochi, ma anche come ti presenti. Inizialmente, con il restyling del logo, ho provato a renderlo più essenziale e leggibile del precedente, togliendo gli elementi superflui ed utilizzando delle tinte piatte. Per le divise ho cercato di unire tradizione, modernità e urbanistica. La prima divisa è una ripresa delle classiche prime maglie della squadra, una semplice casacca a strisce rosse. La seconda, a mio avviso, è molto di classe. Il nero con gli inserti dorati è molto essenziale ma risalta subito all'occhio. Molta gente ha dato riscontri positivi su di essa. Per la terza, invece, ho recuperato le nostre Sette Rue mettendole sulla maglia come sette strisce orizzontali biancorosse, accompagnate dal logo storico del Barletta Calcio Sport che trent'anni fa approdò in Serie B. Mi sono sbizzarrito parecchio».
Si legge che il tuo motto sia "Bene o male, l'importante che se ne parli". È vero?
«E' vero al 90% dei casi. Il fatto che se ne parli, male o bene, fa sì che il tuo nome sia ovunque, e ad un artista serve come il pane. La bravura sta nel trarre il meglio sia dalle critiche sia dagli elogi. Ho sempre sostenuto che la reputazione di una persona è fatta da critiche, anche gratuite, ed elogi. Ed è facile distruggere una reputazione, che essa sia buona o cattiva. Basta sapersi rialzare dopo un passo falso».
Tra dieci anni si immagina laureato, con qualche master e spera di avere uno studio grafico a Barletta, sua città natale. Appassionato di musica, spera di applicare la propria arte a tale settore e di approfondire la fotografia. Nonostante la giovane età, credo che sentiremo ancora parlare di questo giovane talento. Nella gallery vi proponiamo alcuni dei suoi lavori.





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