La città
Arte e scuola: le parole "rare" di Paolo Vitali
Intervista all'ex docente e pittore. Prima parte
Barletta - sabato 2 novembre 2013
09.00
La storia di un insegnante, di un artista barlettano di adozione, il suo pensiero attraverso 'parole rare', raccontateci alla luce del percorso di vita, dopo tanti anni trascorsi nelle aule con gli studenti di disegno e storia dell'arte. Incontriamo il prof. Paolo Vitali nel suo studio.
Barlettano di adozione: da dove parte la sua storia che la lega all'arte e al mondo della scuola?
«Mi fa piacere ricordare la mia storia. Le mie origini sono di Fano nelle Marche, di famiglia umile di manovali; sono nato nel 1942, durante la Seconda Guerra Mondiale quando il mondo era il peggio che si possa immaginare. Mi sono ritrovato a studiare per una casualità: dopo aver conseguito la licenza della quinta elementare, era nei piani che andassi a lavorare alla bottega di un falegname – avevo già una certa manualità – ma fui estratto a sorte tra coloro che dovevano obbligatoriamente iscriversi alla scuola media, poiché si andava sperimentando la scuola media obbligatoria. Poi si sa che l'appetito vien mangiando, sono andato all'Accademia delle Bella Arti di Urbino. Nel 1965 ho ricevuto la cartolina classica per il servizio militare proprio a Barletta e ci sono rimasto. Dopo il servizio ho insegnato al Magistrale di via Cavour che si andava costituendo, dove già avevo collaborato per un restauro, e di lì poi è iniziata la mia carriera di docente in alcune scuole pubbliche. Insomma si vede che era destino perché non l'avevo neanche mai pensato di fare l'insegnante».
Cosa insegna la storia dell'arte?
«La storia dell'arte accorpa tutte le materie: un'opera d'arte va sempre vista nella tecnica, forma, contenuto e messaggio. Nella tecnica puoi integrare tutte le materie scientifiche: fisica, chimica per i colori e materiali, ecc.; la forma rasenta tutto lo scibile umano; il contenuto-messaggio tutte le filosofie e le religioni. L'arte è nata con l'uomo, dunque la storia dell'arte è storia dell'umanità. Insegna il passato, il presente e il futuro».
Qual è l'artista o la corrente pittorica a cui si sente più vicino?
«Vent'anni fa avrei risposto il Caravaggio e dunque la pittura barocca del Seicento. Ma oggi ho consapevolezza che l'uomo evolve col tempo, si disintegra nelle varie esperienze della vita. Avvengono graduali cambiamenti, a secondo delle stagioni della vita. Il cambiamento lo si legge anche nei miei quadri. Il concetto è fluido: in questo momento mi sento in un espressionismo romantico, non mi basta più un concettualismo fine a se stesso».
Conoscere l'arte è anche fornirsi e fornire degli strumenti per legarsi in maniera appassionata ad un territorio, dunque agevolare il turismo. Che ne pensa?
«È inevitabile: possiamo salvare qualcosa solo formando i cittadini. Stiamo assistendo ad un processo inverso: ci stiamo adoperando per distruggere tutto quello che abbiamo costruito nei millenni di storia, compreso il paesaggio. Ora quasi ce ne vergogniamo, e siamo al paradosso, alla follia. Chiediamoci perché con tanta facilità distruggiamo l'arte: non la conosciamo e dunque non ci interessa. Abbiamo fatto cose meravigliose, ad esempio nel Rinascimento e Barocco, ma oggi ci stiamo adoperando tutti come matti per distruggerle. L'Italia, più di altri paesi, si sta adoperando in maniera particolare a questo».
Lei Ministro dell'Istruzione: quali i primi provvedimenti per migliorare realmente la scuola, utilizzando il suo punto di vista, cioè di chi ha trascorso anni nelle aule con gli studenti.
«Bisogna formare gli insegnanti. Fare il docente è uno dei lavori più belli e sicuramente dei più utili, però bisogna saperlo fare; l'insegnante con una lezione può segnare la vita dello studente, nel bene o nel male. Bisogna garantire che si aggiornino, soprattutto per insegnare la storia dell'arte».
…valorizzare socialmente ed economicamente la figura degli insegnanti
«Sarei cauto, soprattutto economicamente. Le agevolazioni avvengano nel senso di far trovare a scuola gli strumenti necessari, anche per preparare le lezioni. Bisogna aumentare gli stipendi a chi ci mette la faccia e la vita, come le forze dell'ordine, anche loro però formandoli molto meglio. Il lavoro dell'insegnante non è certo usurante».
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Barlettano di adozione: da dove parte la sua storia che la lega all'arte e al mondo della scuola?
«Mi fa piacere ricordare la mia storia. Le mie origini sono di Fano nelle Marche, di famiglia umile di manovali; sono nato nel 1942, durante la Seconda Guerra Mondiale quando il mondo era il peggio che si possa immaginare. Mi sono ritrovato a studiare per una casualità: dopo aver conseguito la licenza della quinta elementare, era nei piani che andassi a lavorare alla bottega di un falegname – avevo già una certa manualità – ma fui estratto a sorte tra coloro che dovevano obbligatoriamente iscriversi alla scuola media, poiché si andava sperimentando la scuola media obbligatoria. Poi si sa che l'appetito vien mangiando, sono andato all'Accademia delle Bella Arti di Urbino. Nel 1965 ho ricevuto la cartolina classica per il servizio militare proprio a Barletta e ci sono rimasto. Dopo il servizio ho insegnato al Magistrale di via Cavour che si andava costituendo, dove già avevo collaborato per un restauro, e di lì poi è iniziata la mia carriera di docente in alcune scuole pubbliche. Insomma si vede che era destino perché non l'avevo neanche mai pensato di fare l'insegnante».
Cosa insegna la storia dell'arte?
«La storia dell'arte accorpa tutte le materie: un'opera d'arte va sempre vista nella tecnica, forma, contenuto e messaggio. Nella tecnica puoi integrare tutte le materie scientifiche: fisica, chimica per i colori e materiali, ecc.; la forma rasenta tutto lo scibile umano; il contenuto-messaggio tutte le filosofie e le religioni. L'arte è nata con l'uomo, dunque la storia dell'arte è storia dell'umanità. Insegna il passato, il presente e il futuro».
Qual è l'artista o la corrente pittorica a cui si sente più vicino?
«Vent'anni fa avrei risposto il Caravaggio e dunque la pittura barocca del Seicento. Ma oggi ho consapevolezza che l'uomo evolve col tempo, si disintegra nelle varie esperienze della vita. Avvengono graduali cambiamenti, a secondo delle stagioni della vita. Il cambiamento lo si legge anche nei miei quadri. Il concetto è fluido: in questo momento mi sento in un espressionismo romantico, non mi basta più un concettualismo fine a se stesso».
Conoscere l'arte è anche fornirsi e fornire degli strumenti per legarsi in maniera appassionata ad un territorio, dunque agevolare il turismo. Che ne pensa?
«È inevitabile: possiamo salvare qualcosa solo formando i cittadini. Stiamo assistendo ad un processo inverso: ci stiamo adoperando per distruggere tutto quello che abbiamo costruito nei millenni di storia, compreso il paesaggio. Ora quasi ce ne vergogniamo, e siamo al paradosso, alla follia. Chiediamoci perché con tanta facilità distruggiamo l'arte: non la conosciamo e dunque non ci interessa. Abbiamo fatto cose meravigliose, ad esempio nel Rinascimento e Barocco, ma oggi ci stiamo adoperando tutti come matti per distruggerle. L'Italia, più di altri paesi, si sta adoperando in maniera particolare a questo».
Lei Ministro dell'Istruzione: quali i primi provvedimenti per migliorare realmente la scuola, utilizzando il suo punto di vista, cioè di chi ha trascorso anni nelle aule con gli studenti.
«Bisogna formare gli insegnanti. Fare il docente è uno dei lavori più belli e sicuramente dei più utili, però bisogna saperlo fare; l'insegnante con una lezione può segnare la vita dello studente, nel bene o nel male. Bisogna garantire che si aggiornino, soprattutto per insegnare la storia dell'arte».
…valorizzare socialmente ed economicamente la figura degli insegnanti
«Sarei cauto, soprattutto economicamente. Le agevolazioni avvengano nel senso di far trovare a scuola gli strumenti necessari, anche per preparare le lezioni. Bisogna aumentare gli stipendi a chi ci mette la faccia e la vita, come le forze dell'ordine, anche loro però formandoli molto meglio. Il lavoro dell'insegnante non è certo usurante».
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