La città
Antonio Dibenedetto: «La mia vita tra libri e volontariato»
Il ricavato dei suoi libri ha dato vita a 27 collette alimentari per la Caritas di Barletta
Barletta - mercoledì 28 settembre 2022
Ex militare della Guardia di Finanza, oggi scrittore legato a Barletta, Antonio Dibenedetto ci racconta come ha unito la sua passione per la scrittura ad un gesto che gli fa onore, il volontariato.
Ventisette sono ad oggi le collette alimentari organizzate da Dibenedetto, il quale dona il ricavato dei suoi libri alla Caritas di Barletta. Per saperne di più abbiamo intervistato il signor Antonio.
Quando e come nasce la sua voglia di volontariato?
«Tutto nasce nel 2014, quando a Fano il sacerdote della diocesi a cui sono legato mi disse: «Antonio, tu non puoi capire quante persone vengono da me in canonica e non hanno nulla da mangiare, neanche il quotidiano!» Bene, quelle parole hanno fatto breccia nel mio cuore e da allora ogni qualvolta posso, aiuto con un pasto chi non ha nulla. Ad oggi sono orgoglioso di affermare che ne ho fatto ben 27 di collette alimentari, e non mi fermo sicuramente qui».
Possiamo definire il personale della Caritas di Barletta una seconda famiglia per lei, qual è il rapporto che si è creato?
«Il mio rapporto con il personale delle varie Caritas con cui ho contribuito con il tempo si è rafforzato in una sorta di amichevole aiuto ai bisognosi non solo di Barletta, a cui ho rivolto la mia ultima donazione, ma anche a Fano, Pesaro e in alcuni altri paesini più piccoli dell'entroterra fanese e di questo sono estremamente felice».
Cosa la spinge a fare donazioni ad un ente barlettano nonostante lei non risieda più a Barletta?
«Ho ribadito che il mio è oramai divenuto un aiuto sintomatico e se lo faccio anche a Barletta è perché la ritengo sempre la mia città, vi sono nato e ho vissuto sino a 25 anni, ne sono estremamente innamorato e quando posso non lesino di tornarci. Per questo motivo, nei miei quattro romanzi pubblicati sinora, l'anteprima, la prima presentazione è sempre avvenuta a Barletta in posti incantevoli come la sala rossa del Castello, il Palazzo della Marra sempre con il patrocinio del Comune».
Nella presentazione del suo ultimo libro "Il tatuaggio insanguinato" lei ha dichiarato che si rivede nel protagonista Antonio Belluno; rimanendo nel tema del volontariato, cosa Antonio ha in comune con lei?
«Nel mio ultimo romanzo "Il tatuaggio insanguinato", scritto a quattro mani con il giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno dr. Gianpaolo Balsamo, troviamo la nuova figura Antonio Belluno che si trova a dover risolvere un caso di un omicidio compiuto nelle Marche che compiutamente viene collegato ad uno analogo in Puglia. La cosa che mi accomuna con il protagonista di questo romanzo innanzitutto sono le origini, anche lui è proveniente da un paesino pugliese, ma la cosa che realmente ci unisce è il voler aiutare chi è in difficoltà. Il protagonista non lesina mai il suo aiuto; e poi il senso di responsabilità nel dover far rispettare le leggi e credere che del nostro domani ne siamo noi gli artefici principali. Dobbiamo avere la forza d'isolare quelle che sono le persone dedite al malaffare che non rispettano i valori propri della vita».
Ventisette sono ad oggi le collette alimentari organizzate da Dibenedetto, il quale dona il ricavato dei suoi libri alla Caritas di Barletta. Per saperne di più abbiamo intervistato il signor Antonio.
Quando e come nasce la sua voglia di volontariato?
«Tutto nasce nel 2014, quando a Fano il sacerdote della diocesi a cui sono legato mi disse: «Antonio, tu non puoi capire quante persone vengono da me in canonica e non hanno nulla da mangiare, neanche il quotidiano!» Bene, quelle parole hanno fatto breccia nel mio cuore e da allora ogni qualvolta posso, aiuto con un pasto chi non ha nulla. Ad oggi sono orgoglioso di affermare che ne ho fatto ben 27 di collette alimentari, e non mi fermo sicuramente qui».
Possiamo definire il personale della Caritas di Barletta una seconda famiglia per lei, qual è il rapporto che si è creato?
«Il mio rapporto con il personale delle varie Caritas con cui ho contribuito con il tempo si è rafforzato in una sorta di amichevole aiuto ai bisognosi non solo di Barletta, a cui ho rivolto la mia ultima donazione, ma anche a Fano, Pesaro e in alcuni altri paesini più piccoli dell'entroterra fanese e di questo sono estremamente felice».
Cosa la spinge a fare donazioni ad un ente barlettano nonostante lei non risieda più a Barletta?
«Ho ribadito che il mio è oramai divenuto un aiuto sintomatico e se lo faccio anche a Barletta è perché la ritengo sempre la mia città, vi sono nato e ho vissuto sino a 25 anni, ne sono estremamente innamorato e quando posso non lesino di tornarci. Per questo motivo, nei miei quattro romanzi pubblicati sinora, l'anteprima, la prima presentazione è sempre avvenuta a Barletta in posti incantevoli come la sala rossa del Castello, il Palazzo della Marra sempre con il patrocinio del Comune».
Nella presentazione del suo ultimo libro "Il tatuaggio insanguinato" lei ha dichiarato che si rivede nel protagonista Antonio Belluno; rimanendo nel tema del volontariato, cosa Antonio ha in comune con lei?
«Nel mio ultimo romanzo "Il tatuaggio insanguinato", scritto a quattro mani con il giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno dr. Gianpaolo Balsamo, troviamo la nuova figura Antonio Belluno che si trova a dover risolvere un caso di un omicidio compiuto nelle Marche che compiutamente viene collegato ad uno analogo in Puglia. La cosa che mi accomuna con il protagonista di questo romanzo innanzitutto sono le origini, anche lui è proveniente da un paesino pugliese, ma la cosa che realmente ci unisce è il voler aiutare chi è in difficoltà. Il protagonista non lesina mai il suo aiuto; e poi il senso di responsabilità nel dover far rispettare le leggi e credere che del nostro domani ne siamo noi gli artefici principali. Dobbiamo avere la forza d'isolare quelle che sono le persone dedite al malaffare che non rispettano i valori propri della vita».