Servizi sociali
A Barlettalife giungono le preoccupazioni sul caso Sakineh
Alla imminente esecuzione si ribella la società civile. Dall'avvocato Maria Cristina Capurso
Barletta - domenica 7 novembre 2010
Dopo la nota della consigliera provinciale Pina Marmo sulla vicenda Sakineh ( http://barlettalife.it/magazine/notizie/nessuno-tocchi-sakineh/ ), un altra testimonianza arriva in redazione dall'avvocato Maria Cristina Capurso legale dell'Osservatorio " Giulio e Rossella"
Ringraziamo quanti affidano a Barlettalife, le preoccupazioni o le considerazioni su casi di interesse generale che saremo sempre lieti di pubblicare.
La condanna a morte di Sakineh Mohammadi-Ashtiani potrebbe essere eseguita in qualsiasi momento.
Secondo quanto risulta al Comitato internazionale contro le esecuzioni, le autorità di Teheran hanno dato il via libera all'esecuzione, comunque la sua situazione è molto rischiosa. Impiccata e non lapidata perché la pressione internazionale ha permesso che lo scorso luglio la pena fosse commutata. Sono ormai cinque anni che Sakineh è reclusa nel braccio della morte del carcere di Tabriz in Azerbaigian.
Ciò che mi preme sottolineare, a nome dell'associazione di cui faccio parte, oltre alla ferma opposizione a qualsiasi forma di pena capitale, sono i percorsi giudiziari attraverso i quali si è giunti alla condanna e le modalità attraverso le quali attuarla.
Come abbiamo appreso dai mass media durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una 'confessione' rilasciata sotto minaccia durante l'interrogatorio e ha negato l'accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l'hanno ritenuta colpevole sulla base della "conoscenza del giudice", una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Giudicata colpevole dalla maggioranza dei cinque giudici, Sakineh Ashtiani Mohammadi è stata condannata alla lapidazione. A ciò si aggiunga la sparizione dall'ufficio del procuratore di Oskoo della documentazione relativa all'assassinio del marito di Sakineh. Questi sono tutti elementi che evidenziano come il principio della difesa soccombe di fronte alla forza dello Stato che impone e fa diventare 'legge' l'abuso del diritto . Il diritto fatto dagli uomini non garantisce la giustizia.
Ma questo percorso giudiziario e la pena brutale e crudele della lapidazione non riguarda solo Sakineh. Negli ultimi anni, come affermato da Amnesty International, le sentenze di condanna alla lapidazione sono state riferite solo dall'Iran. Nonostante le autorità avessero annunciato una moratoria nel 2002, quattro anni dopo sono state lapidate almeno sei persone. Almeno otto donne e tre uomini si trovano attualmente nei bracci della morte del paese, in attesa della lapidazione. Sono proprio le donne ad essere più di frequente condannate a morire per lapidazione, spesso a causa del diverso trattamento che subiscono davanti alla legge e nei tribunali, in aperta violazione degli standard internazionali sul giusto processo (come appunto accaduto nel caso di Sakineh). Sono in particolar modo vittime di processi iniqui perché meno istruite rispetto agli uomini e per questo motivo indotte più facilmente a firmare confessioni di crimini mai commessi. Inoltre, la discriminazione cui vanno incontro in altri aspetti della loro vita fa sì che siano più soggette a condanne a morte per adulterio.
Non possiamo che esprimere una indignata protesta avverso un sistema che,facendo appello a presunti principi religiosi, continua a umiliare le donne, considerandole eterne minorenni, al limite come non soggetti, che bisogna dominare in tutti gli atti della vita fino anche alla distruzione totale.
Ringraziamo quanti affidano a Barlettalife, le preoccupazioni o le considerazioni su casi di interesse generale che saremo sempre lieti di pubblicare.
La condanna a morte di Sakineh Mohammadi-Ashtiani potrebbe essere eseguita in qualsiasi momento.
Secondo quanto risulta al Comitato internazionale contro le esecuzioni, le autorità di Teheran hanno dato il via libera all'esecuzione, comunque la sua situazione è molto rischiosa. Impiccata e non lapidata perché la pressione internazionale ha permesso che lo scorso luglio la pena fosse commutata. Sono ormai cinque anni che Sakineh è reclusa nel braccio della morte del carcere di Tabriz in Azerbaigian.
Ciò che mi preme sottolineare, a nome dell'associazione di cui faccio parte, oltre alla ferma opposizione a qualsiasi forma di pena capitale, sono i percorsi giudiziari attraverso i quali si è giunti alla condanna e le modalità attraverso le quali attuarla.
Come abbiamo appreso dai mass media durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una 'confessione' rilasciata sotto minaccia durante l'interrogatorio e ha negato l'accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l'hanno ritenuta colpevole sulla base della "conoscenza del giudice", una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Giudicata colpevole dalla maggioranza dei cinque giudici, Sakineh Ashtiani Mohammadi è stata condannata alla lapidazione. A ciò si aggiunga la sparizione dall'ufficio del procuratore di Oskoo della documentazione relativa all'assassinio del marito di Sakineh. Questi sono tutti elementi che evidenziano come il principio della difesa soccombe di fronte alla forza dello Stato che impone e fa diventare 'legge' l'abuso del diritto . Il diritto fatto dagli uomini non garantisce la giustizia.
Ma questo percorso giudiziario e la pena brutale e crudele della lapidazione non riguarda solo Sakineh. Negli ultimi anni, come affermato da Amnesty International, le sentenze di condanna alla lapidazione sono state riferite solo dall'Iran. Nonostante le autorità avessero annunciato una moratoria nel 2002, quattro anni dopo sono state lapidate almeno sei persone. Almeno otto donne e tre uomini si trovano attualmente nei bracci della morte del paese, in attesa della lapidazione. Sono proprio le donne ad essere più di frequente condannate a morire per lapidazione, spesso a causa del diverso trattamento che subiscono davanti alla legge e nei tribunali, in aperta violazione degli standard internazionali sul giusto processo (come appunto accaduto nel caso di Sakineh). Sono in particolar modo vittime di processi iniqui perché meno istruite rispetto agli uomini e per questo motivo indotte più facilmente a firmare confessioni di crimini mai commessi. Inoltre, la discriminazione cui vanno incontro in altri aspetti della loro vita fa sì che siano più soggette a condanne a morte per adulterio.
Non possiamo che esprimere una indignata protesta avverso un sistema che,facendo appello a presunti principi religiosi, continua a umiliare le donne, considerandole eterne minorenni, al limite come non soggetti, che bisogna dominare in tutti gli atti della vita fino anche alla distruzione totale.