Politica
A Barletta la politica sembra aver dimenticato il suo fine ultimo. Nota prima del congresso PD
L'imminenza dell'importante appuntamento sottolineata dai tesserati. "Etica e visioni"
Barletta - giovedì 16 febbraio 2012
17.38
"La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico." Sono passati più di trent'anni ma le parole che Berlinguer pronunciò in un'intervista che ha fatto storia riecheggiano attuali. Qualcuno vi scorse il seme dell'antipolitica o della critica antipartitica, assai di moda in questi giorni; altri, a nostro avviso giustamente, vi lessero l'unica via di salvezza, l'unica strada per una politica e per delle istituzioni democratiche sane.A Barletta, come a livello nazionale, la politica sembra aver dimenticato il suo fine ultimo, il bene comune, e si occupa del condominio, del proprio giardino e di interessi particolari.
L'accorato appello di alcuni amici del gruppo dirigente del Partito Democratico, nell'imminenza del Congresso cittadino, ci richiama a riflettere sull'importanza di questo appuntamento e su ciò che la politica nostrana sembra aver smarrito.Le riflessioni contenute nel documento pubblicato colgono nel segno: la politica si è resa protagonista di un soliloquio autoreferenziale lontano dai temi chiave per la nostra città; non ha fatto altro che occuparsi di se stessa e questo, paradossalmente, senza nemmeno riuscire a risolvere i propri problemi. Il Partito Democratico, peraltro, ha delegato all'amministrazione la gestione della cosa pubblica, nella convinzione che un'insana realpolitik di governo imponesse di ingoiare qualsiasi boccone e, al contempo, di astenersi da qualsiasi proposta. Il vuoto ideale è stato colmato da logiche che possiamo chiamare feudali o cooptative e familistiche. Ci si è avvitati in dibattiti dottrinali (per lo più strumentali) nei quali ci si chiedeva chi dovesse dettare la linea: forse i consiglieri eletti? Il sindaco? Il segretario? Il direttivo? O magari le aree. Dimenticando che tutti facevamo parte dello stesso partito.
Non che il resto della politica cittadina goda di salute migliore; alle ultime elezioni abbiamo assistito al consolidarsi del fenomeno dei partiti-traghetto, dai quali salire e scendere alla bisogna. Ma il partito di maggioranza relativa sicuramente non è stato e non è come lo vogliamo: un laboratorio dal quale nascano i progetti di crescita culturale, sociale ed economica del nostro territorio. Il risultato di tale assenza di leadership di contenuti è un impoverimento collettivo che investe il nostro partito e si promana alla città.Il bisogno di una politica diversa si manifesta in modo ogni giorno più urgente, tanto più in questo momento, in cui la parola sulla bocca di tutti è crisi. Una crisi economica che non fa che acuire l'esigenza di una vision, di uno sguardo che vada oltre il tracciato e sappia individuare un percorso per la crescita civile, culturale ed economica della nostra città. D'altra parte, anche a livello nazionale, è in profonda crisi la fiducia nei partiti e nelle istituzioni democratiche, nonostante all'orizzonte non si intraveda un modello alternativo di governo della cosa pubblica. Tale sfiducia non può indurci ad abdicare o a trincerarci dietro uno steccato, ma deve anzi indicarci la strada di una politica che sia effettivamente partecipata e che non confini il confronto tra cittadini e rappresentanti politici al solo frangente pre-elettorale. Una partecipazione, lo sottolineiamo con forza, che non sia solo marketing ed acquisizione di popolarità. Essa, invece, deve essere frutto dell'acquisita consapevolezza della complessità del momento storico nel quale i partiti devono tornare ad elaborare proposte ma soprattutto a collaborare con le forze associative presenti sul territorio, a ripensare gli strumenti partecipativi.
Non ci salverà un demiurgo che in un rapporto ipnotico o virtuale (magari via internet), dialogando con il "popolo", prenderà le decisioni più giuste per tutti. Questo, al contrario, non farebbe che alimentare fenomeni cooptativi, una rincorsa alle grazie del "capo" ed un deleterio "tutti contro tutti".Un codice etico può essere la soluzione ma questo solo ed esclusivamente se accompagnato dalla volontà politica di applicarlo e dalla pressione civica in questo senso. La politica cambierà perché i cittadini lo vogliono e l'unico modo per selezionare la futura classe dirigente è porre al centro del dibattito i temi per la città e non gli interessi o le ambizioni personali. Solo il dibattito sui contenuti può marcare la differenza tra chi è degno di rivestire cariche istituzionali e chi non lo è; solo così possono tremare le gambe di chi non può portare il peso delle proposte e di un concetto di politica che non gli appartiene, inteso come impegno per il bene della comunità.
Dal Congresso del Partito Democratico dovremo ripartire per dare un ruolo certo agli organi interni, regolamentare i nostri processi decisionali e conferirgli la trasparenza di cui c'è un estremo bisogno. Dovremo cominciare a parlare di ambiente, paesaggio e cultura, le uniche risorse allo stesso tempo inesauribili ma estremamente sottovalutate. Dovremo ripensare, con la cittadinanza e gli operatori, alla vocazione economica del nostro tessuto produttivo ed alla formazione come cardine per competere in una economia globalizzata. Pertanto, invitiamo gli amici del Partito Democratico che hanno sottoscritto il documento pubblicato nei giorni scorsi a confrontarci ed impegnarci insieme. Affinché il Congresso del Partito Democratico possa essere un momento di crescita comune e non di sterile scontro. Il punto di partenza dal quale ridare significato al nostro partito ed il trampolino dal quale rilanciare l'attività politico-amministrativa delle istituzioni. Il momento in cui ricominciare a parlare dei problemi dei cittadini e di futuro.
Baylon Vincenzo, Bizzoca Luigi, Caldarola Lorenzo, Chiariello Stefano, Comastri Antonio, Defazio Nicola, Delvecchio Gaetana, Detoma Sergio, Dipalma Ruggiero, Ferrara Francesco, Filannino Giovanna, Franco Michele, Giannella Margherita, Guerra Rosa, Guerrieri Annamaria, Lacerenza Luca, Lanotte Ruggiero, Lattanzio Michelangelo, Lovreglio Maria, Musti Alessia, Piazzolla Giuseppina, Piccinni Daniele, Piccinni Rossella, Prezioso Vincenza, Russo Francesca, Rutigliano Maurizio, Sguera Daniela, Spinazzola Antonio, Tresca Francesco, Tupputi Rosa.
L'accorato appello di alcuni amici del gruppo dirigente del Partito Democratico, nell'imminenza del Congresso cittadino, ci richiama a riflettere sull'importanza di questo appuntamento e su ciò che la politica nostrana sembra aver smarrito.Le riflessioni contenute nel documento pubblicato colgono nel segno: la politica si è resa protagonista di un soliloquio autoreferenziale lontano dai temi chiave per la nostra città; non ha fatto altro che occuparsi di se stessa e questo, paradossalmente, senza nemmeno riuscire a risolvere i propri problemi. Il Partito Democratico, peraltro, ha delegato all'amministrazione la gestione della cosa pubblica, nella convinzione che un'insana realpolitik di governo imponesse di ingoiare qualsiasi boccone e, al contempo, di astenersi da qualsiasi proposta. Il vuoto ideale è stato colmato da logiche che possiamo chiamare feudali o cooptative e familistiche. Ci si è avvitati in dibattiti dottrinali (per lo più strumentali) nei quali ci si chiedeva chi dovesse dettare la linea: forse i consiglieri eletti? Il sindaco? Il segretario? Il direttivo? O magari le aree. Dimenticando che tutti facevamo parte dello stesso partito.
Non che il resto della politica cittadina goda di salute migliore; alle ultime elezioni abbiamo assistito al consolidarsi del fenomeno dei partiti-traghetto, dai quali salire e scendere alla bisogna. Ma il partito di maggioranza relativa sicuramente non è stato e non è come lo vogliamo: un laboratorio dal quale nascano i progetti di crescita culturale, sociale ed economica del nostro territorio. Il risultato di tale assenza di leadership di contenuti è un impoverimento collettivo che investe il nostro partito e si promana alla città.Il bisogno di una politica diversa si manifesta in modo ogni giorno più urgente, tanto più in questo momento, in cui la parola sulla bocca di tutti è crisi. Una crisi economica che non fa che acuire l'esigenza di una vision, di uno sguardo che vada oltre il tracciato e sappia individuare un percorso per la crescita civile, culturale ed economica della nostra città. D'altra parte, anche a livello nazionale, è in profonda crisi la fiducia nei partiti e nelle istituzioni democratiche, nonostante all'orizzonte non si intraveda un modello alternativo di governo della cosa pubblica. Tale sfiducia non può indurci ad abdicare o a trincerarci dietro uno steccato, ma deve anzi indicarci la strada di una politica che sia effettivamente partecipata e che non confini il confronto tra cittadini e rappresentanti politici al solo frangente pre-elettorale. Una partecipazione, lo sottolineiamo con forza, che non sia solo marketing ed acquisizione di popolarità. Essa, invece, deve essere frutto dell'acquisita consapevolezza della complessità del momento storico nel quale i partiti devono tornare ad elaborare proposte ma soprattutto a collaborare con le forze associative presenti sul territorio, a ripensare gli strumenti partecipativi.
Non ci salverà un demiurgo che in un rapporto ipnotico o virtuale (magari via internet), dialogando con il "popolo", prenderà le decisioni più giuste per tutti. Questo, al contrario, non farebbe che alimentare fenomeni cooptativi, una rincorsa alle grazie del "capo" ed un deleterio "tutti contro tutti".Un codice etico può essere la soluzione ma questo solo ed esclusivamente se accompagnato dalla volontà politica di applicarlo e dalla pressione civica in questo senso. La politica cambierà perché i cittadini lo vogliono e l'unico modo per selezionare la futura classe dirigente è porre al centro del dibattito i temi per la città e non gli interessi o le ambizioni personali. Solo il dibattito sui contenuti può marcare la differenza tra chi è degno di rivestire cariche istituzionali e chi non lo è; solo così possono tremare le gambe di chi non può portare il peso delle proposte e di un concetto di politica che non gli appartiene, inteso come impegno per il bene della comunità.
Dal Congresso del Partito Democratico dovremo ripartire per dare un ruolo certo agli organi interni, regolamentare i nostri processi decisionali e conferirgli la trasparenza di cui c'è un estremo bisogno. Dovremo cominciare a parlare di ambiente, paesaggio e cultura, le uniche risorse allo stesso tempo inesauribili ma estremamente sottovalutate. Dovremo ripensare, con la cittadinanza e gli operatori, alla vocazione economica del nostro tessuto produttivo ed alla formazione come cardine per competere in una economia globalizzata. Pertanto, invitiamo gli amici del Partito Democratico che hanno sottoscritto il documento pubblicato nei giorni scorsi a confrontarci ed impegnarci insieme. Affinché il Congresso del Partito Democratico possa essere un momento di crescita comune e non di sterile scontro. Il punto di partenza dal quale ridare significato al nostro partito ed il trampolino dal quale rilanciare l'attività politico-amministrativa delle istituzioni. Il momento in cui ricominciare a parlare dei problemi dei cittadini e di futuro.
Baylon Vincenzo, Bizzoca Luigi, Caldarola Lorenzo, Chiariello Stefano, Comastri Antonio, Defazio Nicola, Delvecchio Gaetana, Detoma Sergio, Dipalma Ruggiero, Ferrara Francesco, Filannino Giovanna, Franco Michele, Giannella Margherita, Guerra Rosa, Guerrieri Annamaria, Lacerenza Luca, Lanotte Ruggiero, Lattanzio Michelangelo, Lovreglio Maria, Musti Alessia, Piazzolla Giuseppina, Piccinni Daniele, Piccinni Rossella, Prezioso Vincenza, Russo Francesca, Rutigliano Maurizio, Sguera Daniela, Spinazzola Antonio, Tresca Francesco, Tupputi Rosa.